Salute e ambiente primo binomio, come non capirlo: senza vita non c’è lavoro!

Salute e ambiente sono il primo binomio. In Italia, le tutele ambientali sono affidate sempre più a declamazioni tranne poi a svuotarle di significato nei fatti.

Il nostro Paese si annovera tra i Paesi più ipocriti e come il meno sensibile alle ragioni di un ecologismo non ideologico, si impedisce il “diritto alla Salute” si garantisce il diritto delle attività economiche.

Erasmo Venosi
Erasmo Venosi

di Erasmo Venosi (Per POLITICAdeMENTE)
Astrofisico

ROMA – Alcuni giorni fa  ho appreso della morte  di un mio giovane amico, affetto da un tumore e credo che ognuno abbia fatto esperienze simili con familiari, parenti, amici restando attoniti e impotenti, rispetto alla crescita massiccia di tali patologie, che ormai prescindono dall’età. Spesso ci interroghiamo sulle cause che determinano queste malattie: alcune sono note, su altre si congetturano fattori ereditari, azioni virali, sostanze chimiche, ambiente inteso nel suo più generico significato.

Certamente sulla questione ambientale esistono sensibilità diverse all’interno dei vari Stati. Ritengo che il nostro Paese sia da annoverare tra i più ipocriti, come il meno sensibile alle ragioni di un ecologismo non ideologico, ma che ragionevolmente impedisca qualsiasi affievolimento del diritto alla salute rispetto all’esercizio di altri diritti come quello dell’attività economica.

Sul versante delle tutele ambientali mi sembra di udire solo roboanti declamazioni, con doveroso uso delle locuzioni “sviluppo sostenibile” e “green economy”, tranne poi nella realtà effettuale svuotarle di significato, di senso, di finalità e inibire le azioni politiche implicite in queste affermazioni. Vorrei attardarmi su due questioni che richiamo a supporto delle affermazioni che ho fatto: l’applicazione del Principio di Precauzione e la valutazione del rischio sanitario e ambientale negli strumenti normativi comunitari e interni.

Il Trattato di Maastricht ha consacrato la protezione dell’ambiente tra le finalità esplicite dell’Unione Europea e il Trattato di Amsterdam ha ulteriormente arricchito gli obiettivi di politica ambientale. Dodici anni fa la Commissione Europea nella Comunicazione dichiarò: “il trattato riconosce nell’articolo 174, paragrafo 2 che il Principio di Precauzione fa parte dei principi da prendere in considerazione nella politica della UE in materia ambientale ; che tale Principio è altresì applicabile alla salute umana”.

Andrea-Orlando-Ministro-Ambiente
Andrea-Orlando-Ministro-Ambiente

Nelle applicazioni normative dell’aia, nei controlli ambientali, nella scarsa conoscenza dell’applicazione e applicabilità della direttiva REACH (registrazione, valutazione, autorizzazione delle sostanze chimiche) nella difficoltà ad applicare la class action alle questioni ambientali, misuriamo la deliberata scelta di un classe politica culturalmente ancorata alla concezione di un ambiente dalle risorse illimitate o peggio che nella gerarchia delle tutele l’ attività economica debba venire prima della salute. Basta pensare che le direttive emanate dall’UE dopo il disastro di Seveso fu emanato il DPR 175, dodici anni dopo il disastro.

La valutazione del rischio sanitario e ambientale è definita come la “caratterizzazione sistematica e scientifica dei potenziali effetti dannosi dell’esposizione umana o di componenti ambientali ad agenti o attività pericolose”. Solo nella procedura di valutazione d’impatto ambientale è considerata la salute pubblica ma come componente e fattore ambientale. Insomma una sorta di accettazione condivisa dai gruppi dirigenti sembra presidiare il grande silenzio sulla falcidia di vite umane determinata dall’insufficiente valutazione del rischio e da mancati approfondimenti sui rischi legati alle sostanze chimiche. Le proprietà delle sostanze chimiche le troviamo nell’Inventario Nazionale delle Sostanze Chimiche curato dall’Istituto Superiore di Sanità. Nella valutazione del rischio sanitario la distinzione è tra “processi con soglia “ dove si può assumere l’esistenza di un limite al di sotto del quale non si verificano effetti negativi (sempre sulla base di una verifica sperimentale fatta su animali) da un “processo senza soglia” che è valido per le sostanze cancerogene dove non esiste una soglia di sicurezza e dove quello che varia è la risposta in relazione alla dose e nel senso di un aumento della probabilità di contrarre la malattia.

Sulla stima del rischio poi le valutazioni sono molto differenziate: per esempio per una concentrazione di benzene di 10 millesimi di grammo per un metro cubo di atmosfera l’OMS stima in 4 casi in più di leucemia mentre l’agenzia statunitense di protezione ambientale ne stima 7 e lo Stato della California 29. Deve essere evidente che il limite di una sostanza chimica pericolosa è il risultato del bilancio costi-benefici tra salvaguardia della salute e attività economica. In Europa ci sono centomila sostanze chimiche e una scarsa valutazione del rischio di tossicità di queste sostanze. In Italia le analisi sulle cause di morte fanno riferimento ai casi Istat, il quale a sua volta fa riferimento alle certificazioni dei medici.

Riguardo alle patologie neoplastiche in alcune province italiane è stato istituito il “Registro tumori” in cui si raccolgono le segnalazioni dettagliate dei medici. Il caso dell’Ilva è paradigmatico e prendo a riferimento solo un grave inquinante ambientale come il benzene. Nel solo 2010 sono state emesse 1300 Kg da emissioni convogliate e stimate 400 Kg da emissioni non convogliate. Pur alla presenza di tali valori ci siamo dovuti sentire le dichiarazioni incredibili di due sindacalisti, un ex sottosegretario e un ministro che “ misurano” la cultura ecologica e la gerarchia dei valori delle nostre classi dirigenti; un segretario generale di un sindacato : “è indispensabile una specifica legislazione che limiti la discrezionalità del GIP”. Un altro segretario generale “Non bisogna cadere nel fondamentalismo ecologico Tutt’al più si “possono” prevedere investimenti dell’ILVA e l’ex sottosegretario “l’attuale assetto dello stabilimento non arreca danni alla salute. Non spetta ad un giudice stabilire se si può fare acciaio”.

Finisco con la dichiarazione orrenda del Ministro dell’ambiente Andrea Orlando: “in fondo gli eccessi di mortalità (!!!) riguardano gli anni passati”. Dichiarazioni sostanzialmente non diverse da quelle fatte a Venezia nel 2001 da un altissimo dirigente Enichem il quale affermò che in Africa la vita media era di 30 anni mentre in Italia era di 75 anni e quindi non agitatevi per qualche centinaia di morti dovuti al cloruro di vinile, alle diossine o al benzene perché la maggiore speranza di vita degli italiani era dovuto alla chimica.

Ecco questa è la cultura delle classi dirigente e queste dovrebbero essere le motivazioni per l’aggregazione intorno ad un progetto ecologista, non settario, non integralista, non ideologico e che metta al primo posto la battaglia per la vita e il rispetto della legalità

Roma, 26 giugno 2013

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