Nuovo PUC: Per Etica ascoltare e collaborare si …ma per davvero

Etica per il Buongoverno, il Movimento di Cecilia Francese interviene a proposito di urbanistica: Ascoltare e collaborare si … ma per davvero.

Si continua a discutere di urbanistica e del futuro assetto territoriale di Battipaglia. Etica non ha partecipato: “motivi di merito, ci hanno indotto a non portare il nostro contributo agli incontri avviati”.

PUC Battipaglia
PUC Battipaglia

da (POLITICAdeMENTE) il blog di Massimo Del Mese

BATTIPAGLIA – A tenere banco in Città dopo mesi di stanca è nuovamente l’Urbanistica. Il tema ha conquistato nuovamente la centralità, specie dopo che la Terna Commissariale che regge le sorti di Battipaglia, composta da Gerlando Iorio, Franco Picone e Ada Ferrara, ha conferito l’Incarico di redigere le linee guida del nuovo Piano Urbanistico Comunale al Gruppo Alvisi-Kirimoti, di cui al Progetto LabGov.

E così dopo i vari interventi di Associazioni e Movimenti cittadini e di alcuni loro autorevoli componenti come Nicola Vitolo, Pietro Ciotti, Giuseppe Falanga, Brunello Di Cunzolo, Etica per il Buongoverno, il movimento politico fondato e guidato da Cecilia Francese, attraverso una nota a firma del segretario cittadino Gianluca Di Giovanni, fa sapere che non ha partecipato al percorso di ascolto, voluto dai commissari amministratori della città, in tema di urbanistica.

Cecilia Francese
Cecilia Francese

«Il movimento – si legge in una nota pervenutaci – ha gradito ed onorato l’invito al primo incontro, tenutosi presso il comune nell’ormai lontana e simbolica data del 9 aprile scorso, incentrato sulla manovra urbanistica, nel quale ha avuto l’opportunità di presentare anche ai nuovi, e pertanto privi di precedenti informazioni, amministratori, la sua visione sullo sviluppo urbanistico ritenuto più adatto per Battipaglia.

In quella occasione “Etica” rappresentò anche l’esigenza di fare chiarezza in una Città in cui, proprio intorno all’urbanistica, si erano stabilite anomalie e forzature da cui poi era scaturito il commissariamento. Ripristinare la verità, ristabilire la legalità (le cui violazioni, da anni denunciate dal movimento, sono confermate dal decreto di scioglimento del consiglio comunale firmato dal ministro dell’Interno) costituisce il passaggio fondamentale per sanare la città dalle piaghe socio-culturali da cui è afflitta e che ne frenano lo sviluppo. E questo passaggio, questo lavoro di chiarezza, che da sempre spetta alle istituzioni, ora ancor di più deve essere una tappa obbligata per l’amministrazione commissariale.

Battipaglia – tiene a precisare e ricorrda – (Etica lo ha sempre denunciato, il ministero lo ha sancito) è una città in cui la burocrazia e la politica hanno piegato la legalità e mortificato il diritto. Una città con un esagerato tasso di conflitto amministrativo che paralizza di fatto le attività economiche, spesso anche in maniera selettiva e mirata. Sono state individuate le criticità, gli snodi dell’illegalità, i terminali della conflittualità?

Non si direbbe, atteso che non si è assistito alla bonifica delle storture definite dal decreto ministeriale. E per questo motivo perdono di significato i tentativi di percorso di ascolto proposti e organizzati dai commissari. Che hanno avuto una risposta assolutamente lontana dalle aspettative e che quindi non riescono né a coinvolgere concretamente la città, né a dare la sensazione ai cittadini che qualcosa stia concretamente cambiando. Operazioni di immagine tante, sostanziali cambiamenti pochi. Col rischio, poi, di vedere tra gli attori anche chi ha contribuito e contribuisce a mortificare la città innescando, alimentando e sostenendo illegalità e menzogne. Per tutti questi motivi Etica ha ritenuto di non dover condividere un percorso che nasceva male e non poteva portare da nessuna (buona) parte.

Battipaglia collabora- 21-22 giugno
Battipaglia collabora- 21-22 giugno

Questa iniziativa, questo “percorso virtuoso” denominato “Battipaglia Collabora”, definito “ripresa e rigenerazione collettiva della città” assumeva, nelle intenzioni dei commissari, grande carica simbolica per l’avvio di una nuova stagione che facesse emergere le forze sane della Città, al fine di definire un “patto di collaborazione” per organizzare le “forze della legalità”.

Non si capiva e non ci era molto chiaro come si individuassero, in città, legalità, diritto, verità. Chiari segnali di un percorso che non partiva bene. Ci appariva più come un ascolto di facciata, figlio di una procedura, piuttosto che un reale processo volto a far partecipare attivamente comunità e a esprimere le esigenze del territorio. E così è stato.

Oltre a questi motivi di metodo, anche e soprattutto motivi di merito, ci hanno indotto a non portare il nostro contributo agli incontri avviati.

Credevamo e crediamo, – prosegue ancora la nota di etica per il Buongoverno – infatti, che il PUC (e la redazione delle sue linee guida) rientri nelle scelte che deve fare una comunità, per sacrosanto diritto di autodeterminazione, e che in buona sostanza spetta a Sindaco, Giunta e Consiglio Comunale, determinare la visione e le principali linee guida per il futuro e lo sviluppo della città. Non è giusto né ragionevole che una gestione commissariale decida, oltretutto in pochi mesi, partendo assolutamente da zero. Senza entrare nel merito delle competenze, non è pensabile che Alvisi e collaboratori abbiamo compreso l’identità culturale, sociale, urbanistica ed economica e abbiano sviluppato una visione della città, autonoma e congrua, attraverso una – due visite della città dalle auto dei vigili e su quella si fondi il futuro assetto urbanistico e tutto quanto ne deriva.

Nuovo PUC_ Battipaglia-Alvisi- Iorio-Picone 1
Nuovo PUC_ Battipaglia-Alvisi- Iorio-Picone 1

Sarebbe un grande risultato per Battipaglia, invece che rincorrere obiettivi non congrui con tempi a disposizione, mandato e vocazione, vedere sanata la sua macchina amministrativa, che con le sue anomalie e illegalità, ha purtroppo sottoposto la città al (dis)onore delle cronache e continua a frenare lo sviluppo economico-sociale del territorio.

Sarebbe un ottimo risultato per la gestione commissariale portare a termine questa quota fondamentale del mandato ministeriale. Sarebbe auspicabile e logico che prima di pensare ad un incerto e malposto futuro si pensi a sistemare un dissestato presente. Alle amministrazioni che la città vorrà scegliersi dopo la “lezione” spetterà poi il compito di decidere il proprio futuro.

E su queste posizioni Etica per il Buongoverno chiede ai partiti, ai sindacati, alle associazioni presenti in città, alle parrocchie, così come ai singoli cittadini di esprimere il proprio parere: da chiunque ritenga di rivestire un ruolo pubblico in questa città e di avere idee da proporre, vorremmo un parere, una presa di posizione su quanto sta succedendo e su quanto non si sta invece verificando in città, in questi mesi di amministrazione commissariale.

A tale proposito Etica per il Buongoverno ha allegato una breve esposizione riguardo la visione del movimento in tema di urbanistica, resa pubblica fin dal 2009 ben prima della venuta dell’arch. Alvisi e del suo staff. Anche qui con l’intento di stimolare un dibattito tra chi ha a cuore le sorti della città e anche per non lasciare a denigratori di turno la possibilità di chiudere strumentalmente la discussione bollandoci come movimento capace solo di protestare ma non di proporre».

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LA VISIONE DI ETICA PER IL BUONGOVERNO
SULL’URBANISTICA

Etica per il Buon Governo aveva già delineato ed annunciato le proprie visioni urbanistiche, mettendo in risalto tre principi fondamentali:

  • conservazione e protezione delle vocazioni agricole della Piana del Sele, con un consumo del suolo non antropizzato per usi residenziali pari a zero;
  • sostenibilità del piano operativo;
  • definizione delle identità dei luoghi mediante un pragmatico “piano – progetto”.

Deve aprirsi una stagione della partecipazione attiva, per ridare slancio ad una politica che si ponga quale pungolo alla capacità degli stakeholder (associazioni, sindacati, professionisti, imprenditori, forze politiche, etc) di integrare le necessità e le aspirazioni.

Oggi più che mai i “temi urbani” devono affrontarsi volgendo lo sguardo al valore primario della “sostenibilità”.

Il concetto di sostenibilità deve estendersi anche ai cosiddetti valori immateriali (assistenza, cultura, benessere, sicurezza, occupazione, etc) e deve trovare coerenza tra questi e quelli materiali, (utile, crescita, sviluppo, etc).

Da un lato abbiamo un complesso e contraddittorio “mondo normativo”, (norme tecniche, leggi di settore, decreti, giurisprudenza, etc), che determina l’incertezza del diritto e dell’investimento; dall’altro l’esigenza di incidere profondamente sul cliché urbano, sul modello di sviluppo, invertendo gli ordini dei fattori in gioco.

Abbiamo cioè l’esigenza di porre al centro dello sviluppo l’uomo e le sue necessità, in equilibrio con la necessaria tutela dell’ambiente.

Analizzare la città e i suoi problemi da un punto di vista “disciplinare”, (regole e vincoli), sarebbe un grave errore che continuerebbe a profilare “scelte” sull’onda di un concetto di “pianificazione” che dovrebbe essere abbandonato definitivamente per porre rimedio ai guasti dell’avvento della “città specializzata”.

La città negli anni ’60 è stata stravolta da una divisione urbana per classi sociali.

Da un lato la 167 (case popolari, cooperative edilizie etc) con le proprie marginalità, (assenza di servizi commerciali, di pedonalità, di identità) e con ampi vuoti urbani privi di funzioni specifiche; dall’altro lato il Centro urbano denso di attività ma privo di spazi per la socializzazione urbana e di dotazioni specifiche.

L’arch. Alvisi, sull’onda di una visione disciplinare autorevole, individua nella insostenibilità delle periferie l’emergenza primaria da affrontare con metodi e formule innovative, che dovranno fare i conti con la “praticabilità” delle scelte.

Praticabilità prima di ogni cosa normativa, atteso che stiamo trattando la disciplina “urbanistica”, poi circa la condivisione sociale e imprenditoriale del complesso tessuto consolidato, la sostenibilità economica finanziaria della prospettazione.

Di fatto è proprio l’arch. Alvisi promotore di una profonda critica alla “pianificazione” e alla urbanistica, propendendo anch’egli per modelli d’intervento per “progetti puntuali” per reinterpretare i luoghi secondo analisi non più costruite in un segmento esclusivamente disciplinare ma secondo criteri alternativi di analisi e di praticabilità in una visione olistica.

Il progetto, che si materializza mediante una visione della trasformazione fisica del luogo, riesce ad incidere in modo puntuale sulla identità dei luoghi, quando risponde a criteri oggettivi, circa la qualità dell’architettura, i bisogni e le necessità percepite come carenze. Mentre l’urbanistica propone scelte ed opzioni che seguono esclusivamente modelli generici di trasformazione, ovvero linee di indirizzo.

Il progetto, poi, a differenza della prospettazione urbanistica è frutto di una complessa ed articolata gestazione che tiene conto anche dei valori immateriali, delle aspirazioni sociali, simbolicamente rappresentate dalle forme e dai volumi, oltre che dalle funzioni attribuite agli oggetti urbani.

La scelta di un progetto matura in un ambito che non è solo di stretta competenza del professionista, ma è frutto di una esigenza sociale, di mercato, politica, ovvero di un complesso di soggetti che concorrono a formare l’idea di progetto e la necessità pragmatica dell’investimento.

Se torniamo ai temi cari della sociologia urbana rintracciamo ragioni elementari da cui partire per individuare l’insieme degli accorgimenti necessari a costruire nuovi modelli urbani e nello stesso tempo ci rendiamo conto che la cosiddetta “modernità” è stata interpretata fuori dai modelli storici della aggregazione sociale e culturale identitaria della realtà urbana.

La città come luogo sicuro della comunità ha fatto posto alla città come luogo dell’aggressione all’individuo e nel corso della storia da una dimensione “umana” si è pervenuti a dimensioni “inumane” in cui la inciviltà dei processi classisti ha disintegrato modelli storici in equilibrio, abbandonandoli senza ragione apparente.

È cambiato il ruolo tra città e campagna, tra centro e periferia, tra produzione e lavoratori, tra cultura e città, tra sicurezza e controllo sociale.

Talvolta ogni “sistema” specifico, atto a soddisfare esigenze dell’abitare, dell’insediamento urbano, si è sviluppato dimenticando la ragione per cui era sorto come necessità.

Il “sistema” non ha più alimentato la razionalizzazione del “servizio” inteso globalmente quale elemento di valutazione, ma si è inviluppato avvitandosi sulla sola esclusiva esigenza di risolvere elementari problemi di settore finalizzati non più alle esigenze dell’individuo ma alle sole esigenze del sistema.

Qualcuno negli anni 80 in questa città fece emergere l’esigenza di aprire al territorio le attrezzature scolastiche.

Il sistema scolastico oppose mille ostacoli al fine di mantenere il patrimonio ai soli scopi didattici.
Aprire il sistema delle attrezzature significa sfruttare l’investimento pubblico a tempo pieno per la comunità e il quartiere.

Di questo patrimonio possono beneficiare coloro che vogliono e devono fare attività sportive, coloro che vogliono fare attività culturali, Teatro, Pittura, mostre di ogni genere, riunioni, ma anche doposcuola, corsi di aggiornamento, conferenze, ballo, feste di ogni genere attinenti il quartiere e la comunità, rendendo così le strutture pubbliche produttive, con il supporto di proventi anche esterni a sostegno della manutenzione ordinaria. Ma, anche un sistema che aperto al quartiere sia il centro della comunità di riferimento.

Ecco un processo sostenibile che offrirebbe anche un’altra immediata risultanza: la percepibilità urbana delle attrezzature a supporto della qualità della vita.

Si monti un accordo tra amministrazione comunale e circoli didattici per determinare un’alleanza tra associazioni teatrali e circoli didattici: ogni circolo “adotti” ed ospiti una associazione.

La scuola aperta anche nelle ore pomeridiane e serali offrirebbe alla comunità intera spazi notevoli per costruire in house corsi di formazione, doposcuola tenuti da liberi docenti, etc.

Iniziamo a stimolare una capacità endogena della città, della socialità urbana, per ricostruire le ragioni dell’appartenenza, della necessità di fare squadra, casomai stimolando per ogni quartiere ogni opportunità associativa e di solidarietà.

Etica per il Buon Governo auspica una stagione della ripresa economica e culturale della comunità battipagliese e lavorerà senza se e senza ma per stimolare il riscatto della città, partendo dai temi urbani e dai temi sociali.

A nostro giudizio serve poco per una diversa percepibilità della infrastrutturazione urbana, rendendo in tal modo anche sostenibile l’equilibrio urbano, migliorando i servizi, i luoghi, partendo dalla capacità di risolvere anche piccoli problemi pratici nelle periferie che talvolta, in questa nostra città, sono dietro l’angolo anche del nostro centro urbano.

Riteniamo che una alternativa visione possa anche risolvere gli atavici problemi di bilancio: obiettivo prioritario per evitare la incapacità dell’Ente di promuovere il rinnovamento urbano e la corretta razionalizzazione infrastrutturale.

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Battipaglia, 30 giugno 2015

2 commenti su “Nuovo PUC: Per Etica ascoltare e collaborare si …ma per davvero”

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