Wikileaks, l’Onu dà ragione ad Assange: Niente arresto

Wikileaks, l’Onu dà ragione ad Assange. Aveva promesso, nel caso l’ONU si fosse espresso contro, di accettare l’arresto.

Julian Assange, l fondatore di Wikileaks, era pronto a lasciare l’ambasciata dell’Ecuador a consegnarsi alla polizia londinese. Ora si aspetta la restituzione del Passaporto e la fine dei tentativi di arrestarlo.

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Julian-Assange-Ambasciata-Ecuador-Londra.jpg(ANSA)

da (POLITICAdeMENTE) il Blog di Massimo Del Mese

ROMA – Il gruppo di lavoro ONU incaricato di dare un parere sulla condizione di Julian Assange, denunciata come ‘ingiusta detenzione’ dalla difesa, ha deciso di riconoscere le ragioni del fondatore di Wikileaks. Lo riferisce la BBC. Se confermata, questa decisione allontana la prospettiva che Assange lasci l’ambasciata dell’Ecuador a Londra, dove è rifugiato da tre anni, e si consegni alla polizia britannica. Assange l’aveva promesso attraverso il suo accounto Twitter: «Accetterò di essere arrestato domani (il 5 febbraio, ndr) dalle autorità britanniche se l’Onu si esprimerà contro di me».

Ma il gruppo di lavoro Onu incaricato di dare un parere sulla sua condizione ha fatto il contrario, riconoscendo le ragioni del fondatore di Wikileaks, che ritiene una «ingiusta detenzione» la sua permanenza dentro l’ambiasciata ecuadoregna.

«Se l’Onu dovesse annunciare che ho perso il mio caso contro Gran Bretagna e Svezia», aveva scritto Assange in una nota, «uscirò dall’ambasciata a mezzogiorno di venerdì per accettare l’arresto da parte della polizia britannica in quanto non ci sarebbe più una prospettiva di appello. Se tuttavia dovessi avere la meglio, mi aspetto l’immediata restituzione del mio passaporto e la fine di ulteriori tentativi di arrestarmi».

Ma da Londra è arrivata la doccia fredda. Un portavoce di Downing Street ha detto che “Non è legalmente vincolante” la decisione del gruppo di lavoro Onu che avrebbe riconosciuto “l’ingiusta detenzione” di Julian Assange. La Gran Bretagnacontinua ad avere l’obbligo legale di estradarlo in Svezia“, come previsto da un mandato di arresto europeo, ha aggiunto

Roma, 4 febbraio 2016

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