Umberto C. è mio figlio. Rebecca è mia figlia

Tra omofobia e bullismo: Il caso di Umberto C. che minaccia il suicidio. Tra degrado della famiglia e della società: Due facce della stessa medaglia. E arriva la nota del Dirigente scolastico Giordano.

Umberto è mio figlio. Rebecca è mia figlia, e come un padre ama i figli e li difende anche io li amo e amo tutti gli Umberto e tutte le Rebecca. E l’amore è determinante nelle relazioni sociali. L’amore è rispetto, innanzitutto per se stessi e per gli altri. Umberto C. non è solo e insieme a lui e con l’amore bisogna ristrutturare la famiglia, la Scuola, la Società. 

Rebecca De Pasquale-facebook
Rebecca De Pasquale-facebook

da POLITICAdeMENTE il blog di Massimo Del Mese

EBOLI – Mi è stato segnalato dal mio amico Carlo Pastore, e ho visto e ascoltato il massaggio che Rebecca De Pasquale ha postato sulla sua pagina facebook, attraverso il quale condannava senza mezzi termini la violenza verbale e di genere rispetto alla vicenda di Umberto C. discriminato, vessato e offeso da suoi coetanei, fino al punto di indurre lo stesso Umberto a vplersi allontanare dalla famiglia e a “farla finita” con questo mondo offuscando la gioia di vivere che, al contrario dovrebbe appartenere a un ragazzo della sua età.

Mi sono commosso e non ho trattenuto le lacrime ascoltando insieme a Carlo Rebecca, la quale rivolgendosi: a Umberto C.; a quei suoi insensibili coetanei; ai nostri concittadini distratti; alla Scuola spesso impotente, causa un familismo amorale imperante; alle famiglie esageratamente protettive e non più educative e formatrici di valori; al Sindaco di Eboli Cariello perché si generi azioni a tutela delle diversità non come assistenza ma come diritto alla “normalità“; alle Istituzioni perché mettano in atto tutte le condizioni per le quali tutti siano uguali e godano di pari diritti e dignità; alla società che si faccia promotrice, più che farsi travolgere dall’inerzia, di azioni concrete, dando l’esempio in onestà, legalità, moralità, attraverso valori universali condivisibili e da condividere; incoraggiava il primo a volersi bene ignorando le offese e godersi la vita e la sua gioventù, condannava i secondi per la loro insensibilità, cattiveria e crudeltà mentale e la loro disamoralitá, ed esortava i terzi, sperando in un rafforzamento delle libertà e della crescita civile, ma anche di rafforzare i valori garantendo tutti ed eguale dignità attraverso oltre che un quadro normativo di riferimento inclusivo, e soprattutto non discriminante rispetto al riconoscimento delle diversità.

Rebecca De Pasquale
Rebecca De Pasquale

Sono letteralmente schifata da questa vicenda e ho detto che deve denunciare subito tutto ai carabinieri” – ha detto nel suo messaggio diretto, Rebecca, simbolo genuino e forte di una Città ma anche testimone di tante sofferenze che l’hanno accompagnata nella sua crescita e nelle sue lunghe e faticose battaglie civili, ora Rebecca vive a Prato – Umberto Caponigro vuole allontanarsi dalla famiglia. – denuncia Rebecca raccontando il dramma della mamma e del ragazzo che comunque l’hanno autorizzata a parlarne sebbene si tratti di un minorenne – Sono disgustata.

Questo ragazzo deve andare a scuola e non deve essere disturbato. – prosegue Rebecca accusando con disprezzo gli autori di questo linciaggio civile – Questi sciacalli chiedano subito le scuse alla famiglia e ad Umberto. – e racconta come la famiglia sta vivendo questo dramma – La mamma è in lacrime. I tempi sono cambiati? I mi vergogno di essere ebolitana per questo ragazzo si vuole togliere la vita vergognatevi di questa cattiveria. Un bacio Umberto, ama la vita e non ti curar di loro, vale per umberto ma vale per tutti e non è un cado di Eboli è uguale da nord al sud.

Queste persone vanno denunciate.  -Conclude rassicurante e incoraggiante oltre che protettiva, Rebecca De PasqualeUmberto ha il diritto di vivere serenamente e con gioia. Umberto sono con te». Brava Rebecca, brava, per le tue parole e per il tuo amorevole ma deciso, messaggio accusatorio e di denuncia, ma rassicurante, amorevole, coraggioso e protettivo, e io non posso che condividerlo rafforzandone i contenuti fino a lasciarmi affermare quanto sia importante in questa vicenda: l’amore.

Umberto è mio figlio. Rebecca è mia figlia, e come un padre ama i suoi figli e li difende anche io li amo e amo tutti gli Umberto e tutte le Rebecca, ma per affermare questo amore verso il genere umano è necessario comprendere come l’amore stesso sia determinante nelle relazioni sociali. L’amore è rispetto, rispetto innanzitutto per se stessi, ma anche e soprattutto rispetto per gli altri, per le mamme, i padri, i fratelli, i figli, i compagni e compagne, gli amici, le persone care, amori diversi ma amori, e se spesso si registra un cortocircuito è perchè negli ultimi anni la famiglia, “agenzia” straordinaria insieme alla Scuola, le parrocchie e a tutti i sodalizi cattolici o meno che fossero, avevano il compito primario di educare e di accompagnare verso la crescita dei giovani per poi essere certi che occupassero il loro ruolo nella società e insieme a loro che trasmettessero quei valori legati appunto alla morale civile o religiosa che fosse, di rispetto verso tutti e laddove le Istituzioni non arrivassero, questi si sentivano responsabilizzati ad intervenire con il solidarismo.

In questi ultimi anni complici di una modernità mal interpretata si è finiti per farsi travolgere prendendo ad esempio non più quei valori universali che riconducevano all’onore, alla morale, all’onestà, alla legalità, alla giustizia ma all’apparire, al raggiungere a qualsiasi costo ogni cosa e a non rispettare nessuno pur di ottenerlo, ad affermare la propria personalità basandosi non sui valori ma sulla forza e l’esercizio della forza anche e soprattutto esercitando violenze. La violenza tende a generare violenza e rende sempre più difficile il cammino verso una società inclusiva.

La scuola poi, essendo per eccellenza un luogo primario di socializzazione, svolge un ruolo fondamentale nella formazione e nell’inserimento sociale di ciascun individuo. Ha il compito fondamentale, se ben esercitato dagli educatori-formatori, di mediare i rapporti sociali, per modo da evitare pregiudizi, intolleranze, discriminazioni orientano invece i giovani e gli adolescenti al rispetto reciproco. Tra i banchi si sviluppa quel senso di appartenenza a una comunità e si gettano le basi per giungere poi alla formazione di una società solidale.

Talvolta però, come nel caso di Umberto C. di Eboli che Rebecca De Pasquale ha denunciato e che POLITICAdeMENTE fa sua, i rapporti che vi si stabiliscono sono improntati non sul rispetto ma sulla prevaricazione, e la diversità, anziché essere vista come un’opportunità di arricchimento, diventa motivo di esclusione e si manifestano azioni violente soprattutto ai danni di chi viene individuato come più debole.

No al bullismo
No al bullismo

Solo il 7 febbraio scorso si è celebrata la prima giornata contro il Bullismo e solo qualche giorno fa i riflettori mediatici si sono interessati al nuovo fenomeno del Ciberbullismo, che attraversa i giovani e che purtroppo miete moltissime vittime e queste ricorrenze ci riportano a sottolineare come la società deve affrontare e lavorare per ristrutturare i suoi valori, per debellare questo ed altri fenomeni legati a qualsiasi violenza. Fenomeni che secondo i dati Invalsi nel 2016 il 48% degli adolescenti ha subito il fenomeno del bullismo e il 12% ha dichiarato di aver subito per anni violenze dai pari. Dati allarmanti che condannano la famiglia, la Scuola, la Società e che però evidenziano come quel confine tra vittime e carnefici sia sottile individuando per assurdo anche i carnefici come vittime di una società malata.

Dati che ci fanno rabbrividire e rafforzano la convinzione di stringerci intorno a Umberto C., innanzitutto incoraggiandolo a fortificarsi standogli vicino e stando vicino alla sua famiglia, ricordandogli che solo con l’amore si può combattere qualsiasi pregiudizio e ricordandogli come gli stiamo vicino e come gli vogliamo bene fino appunto a dire anche: Umberto C. è figlio mio.

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Intanto ci è pervenuta la nota stampa che segue a firma del Dirigente Scolastico del Liceo Artistico “Levi” di Eboli Prof. Giovanni Giordano:

Giovanni Giordano (2)
Giovanni Giordano (2)

«Alla luce dei fatti che hanno visto come protagonista il dramma e le difficoltà di un nostro giovanissimo alunno del Liceo Artistico “Perito – Levi” di Eboli, si intende sottolineare come questa scuola, intesa principalmente come “comunità educante”, è da molti anni impegnata in un difficile ma proficuo lavoro per l’integrazione, l’accoglienza, la prevenzione e l’educazione a 360 gradi dei giovani e, di riflesso, dell’intera comunità, collaborando anche con istituzioni, privato sociale e mondo del volontariato.

La prova di questo lavoro sta nei tanti casi affrontati e risolti senza clamore negli ultimi 10 anni. Gli sportelli, con la presenza di esperti, attivati per le necessità degli studenti e le analisi approfondite sui bisogni di ognuno di loro e nel loro rapporto con i compagni e con il territorio ne sono gli esempi più tangibili.

Anche nel caso dell’alunno in questione, l’attenzione è stata massima e tale lavoro del corpo docente e dei suoi stessi compagni di classe, ha permesso alla classe e all’alunno di vivere l’esperienza scolastica in piena serenità.

Se poi un singolo alunno, di un’altra classe, al di fuori dell’ambito scolastico, lo abbia gravemente offeso utilizzando un social media, questo rimane un fatto grave, ma circoscritto ad una sola persona, sulla quale dobbiamo avere la stessa attenzione, logicamente con modalità diverse, che abbiamo avuto con l’offeso. E’ questo il compito della scuola: educare. Fare in modo che episodi del genere non si ripetano.

Per quanto riguarda infine l’appunto su un possibile, ma non ancora appurato, rimprovero al ragazzo sull’abbigliamento, si precisa che la scuola ha raccomandato a tutti i suoi alunni, senza mai entrare nel merito di abbigliamento di “genere”, di venire in classe con un abbigliamento sobrio. Crediamo solo che non sia educativo frequentare la scuola con abbigliamenti non consoni ad una istituzione scolastica.

L’Istituto d’Istruzione Superiore “Perito-Levi” di Eboli, proseguirà con tutte le sue forze questo cammino educativo non solo per evitare che ragazzi si sentano vittime di fenomeni odiosi di emarginazione, ma anche per essere un nodo di un percorso “comunitario” di crescita che coinvolga tutte le agenzie educative del territorio».

Eboli, 13 maggio 2017

4 commenti su “Umberto C. è mio figlio. Rebecca è mia figlia”

  1. Articolo bellissimo che mette in evidenza un dramma, ne analizza i contesti, non fomenta l’odio e tende ad incoraggiare e a crescere.
    Il problema è società e i falsi miti che che rincorre.
    Bravo Del Mese e coraggio Umberto

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  2. Società malata. Uomini e donne malati. Gioventù alla deriva.
    Il frutto di un progressivo degrado morale.
    E intanto Umberto e tutti gli.umberti soffrono.
    Ti sto vicino e siccome sono giovane non posso dire come fa Admin che sei mio figlio, ma sicuro sei mio fratello.
    Coraggio Umberto
    Coraggio

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  3. Una brutta storia. E quella dei diritti civili sembra non finire mai. Se c’è stato qualche avanzamento è stato dettato non da convinzione e per questo la Società rifiuta tutto quello che è diverso.
    Umberto ti sono vicino. Sei anche mio figlio. Non abbatterti, reagisci e vivi la tua gioventù.

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  4. A UMberto: spero che ti arrivino queste parole. La vita è sacra, ognuno di noi ne custodisce il mistero e nessuno altro compresi noi stessi possiamo di struggere questo tesoro prezioso. Umberto ascolta chi non ha subito ingiustizie e a volte vittima di bullismo, ,a questo non deve frenarti tu devi essere più forte di npo tutti devi farcela superare l’ostacolo che non esiste gli altri hanno dei problemi ,tu no ,tu sei quel che sei ma sei te stesso spirito libero e intelligente . forza Umberto puoi farcela anzi è gia superato. vai avanti.

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