Morsello presenta a Roma il suo libro "La mia vita dentro"

Morsello: “La mia vita dentro è diventata un preciso progetto editoriale che era lontanissimo dalle mie intenzioni”.

Sabato 27 febbraio 2010 a Roma  ore 17,00 Teatro Le Salette, vicolo del Campanile, 14 (Borgo Pio).

“C’è chi conta le pecore per addormentarsi. Un direttore di carcere vede sfilare nei suoi ricordi facce, storie, divise, sbarre, manette, agenti e detenuti. Soprattutto detenuti. Come fosse una galleria di ritratti. Una mostra del passato”.

La mia vita dentro

ROMA – Sabato 27 febbraio 2010, alle ore 17,00 presso il Teatro Le Salette in Vicolo del Campanile 14 del Borgo Pio di Roma, Luigi Morsello farà la presentazione ufficiale del suo libro “La mia vita dentro“, edito dalla casa editrice “Infinito edizioni“. La mia vita dentro, sono le memorie di un direttore di carcere, raccolte in 36 anni di lavoro, tra i muri di alcuni dei massimi carceri. Episodi quotidiani vissuti nel corso di una vita, che sono poi risultati appartenere alla storia, elaborati e rivisti dalla letteratura e dalla cinematografia. Anni che si sono caratterizzati come quelli bui che hanno messo a dura prova lo Stato, la democrazia, le istituzioni repubblicane, ancora oggi per certi versi del tutto sconosciuti.

Rapine, sequestri, attentati, assassini e sullo sfondo apparivano prima le proteste studentesche, poi quelle nelle fabbriche, le insoddisfazioni di una classe operaia ancora del tutto insoddisfatta e la nascita delle Brigate Rosse. Un crescendo di recrudescenza e di smacchi allo Stato, alle istituzioni, ai suoi uomini, culminato con la sfida prepotente allo stato e con il sequestro, il processo e la successiva uccisione di Aldo Moro. Lo Stato in ginocchio, sembrava sconfitto fino a reagire prendendo il sopravvento sul terrorismo e ripristinando il normale corso della democrazia e delle regole.

Ebbene Luigi Morsello, come uomo delle istituzioni e servitore dello stato, nel corso del suo lavoro quotidiano si è incontrato continuamente con quegli episodi a partire: dalle rivolte di San Giminiano e i suoi retroscena; dall’evasione di Gianni Guido, Marco Donat Catten, Epaminonda, Sindona; o la sezione speciale a Gorgona voluta dal generale Carlo Alberto Dalla Chiesa; la paura delle Brigate Rosse; le conseguenze.

Continue emozioni vissute con l’impreparazione della vita quotidiana. Morsello inconsapevolmente, si è incontrato più volte con la storia e Dio solo sa quanto sia rimasto scosso e segnato da quell’incontro. Sofferenze, emozioni, che hanno segnato l’uomo e lo hanno spinto a raccoglierle ed offrirle agli altri in questo bel libro. Morsello con “la mia vita dentro” forse si vuole liberare offrendo quelle emozioni ai lettori in una sorta di condivisione.

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Le memorie di un direttore di carcere
Presentazione del libro di
LUIGI MORSELLO
La mia vita dentro
ROMA
Sabato 27 febbraio 2010, ore 17,00
Teatro Le Salette
vicolo del Campanile, 14 (Borgo Pio)
Intervengono l’Autore
i curatori Francesco De Filippo e Roberto Ormanni
i disegnatori della Scuola Romana Fumetti
Legge testi tratti dal libro l’attrice e regista
Maria Luisa Bigai
Per informazioni: Tel. 06.93162414 – www.infinitoedizioni.it

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Nota dei Curatori
Francesco De Filippo e Roberto Ormanni

Roberto Ormanni
Roberto Ormanni

Luigi Morsello, ispettore generale dell’amministrazione penitenziaria ora in pensione, dal 1969 al 2005 è stato direttore di sette case di reclusione, un istituto minorile ed è stato “in missione” – come funzionario dirigente – in altre ventidue carceri italiane.

I retroscena delle rivolte del 1974 e del 1977 a San Gimignano, l’evasione di Gianni Guido, la sezione speciale a Gorgona voluta dal generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. La paura delle Brigate Rosse, le difficoltà di tutti i giorni e le sue sfide per gestire il primo carcere dotato di computer.

Sullo sfondo, il terrorismo, il sequestro Moro, i processi alle Br, gli attentati e l’assassinio di agenti di custodia e funzionari dello Stato. Da Genova a Napoli.

La storia della letteratura, e anche del cinema e del teatro, è costellata di racconti dal carcere. Romanzi, denunce, saggi: la prigione, la cella, le sbarre sono fonte inesauribile d’ispirazione.

È la prima volta però che a raccontare il carcere è un direttore che di penitenziari ne ha visti di tutti i tipi. Da quelli di massima sicurezza sulle isole di Gorgona e di Pianosa, a quelli “a custodia attenuata”, vero e proprio inno al reinserimento del detenuto.

Un direttore di carcere che ha vissuto uno dei periodi più difficili della nostra Repubblica. Perché la storia passa anche, e forse in alcuni casi soprattutto, attraverso le prigioni.

Non è una denuncia, anche se non c’è dubbio che l’Italia vista dal carcere ha da farsi perdonare molto più di quanto si pensi. È un diario di viaggio che coglie, allo stesso tempo, l’umanità dolente, a volte rassegnata, del carcere e le contraddizioni, i guasti, gli abusi.

Un diario che racconta le storie degli uomini che vivono “con” il carcere. Consapevole che la storia non è fatta dai “sistemi”, dalle “istituzioni”

impersonali e astratte. Perché soprattutto in Italia i sistemi spesso non funzionano o funzionano male, orientati a soddisfare bisogni – spesso illegittimi – di singoli invece delle necessità collettive.

La storia d’Italia, passata ma anche presente, è fatta da uomini. L’ospedale funziona se c’è un bravo primario (perché il “sistema” non possiede gli anticorpi necessari a funzionare anche con un incapace); la giustizia funziona se ci sono bravi magistrati (e anche bravi avvocati), il carcere funziona se ci sono bravi dirigenti. Ecco perché, come diceva qualcuno e ripeteva Giovanni Falcone: povero il Paese che ha bisogno di eroi.

E l’Italia ha sempre bisogno di eroi, tutti i giorni: il commerciante che non ruba sul prezzo (ché altrimenti il “sistema” è fatto in modo che rubare sarebbe semplicissimo); il medico eroe che fa il suo dovere anche se la direzione amministrativa non fornisce le garze per mancanza di fondi; il direttore del carcere eroe perché non approfitta, per esempio, del potere di affidare lavori di manutenzione a chi gli pare (per motivi di sicurezza è ammessa la licitazione privata) facendo il proprio interesse invece che quello del carcere; il capo del dipartimento penitenziario eroe perché non si limita a gestire il presente evitando di disturbare i piccoli manovratori che si annidano nelle pieghe dell’amministrazione per garantirsi quanto più a lungo possibile la lucrosa indennità di capo della polizia e, invece, si dà da fare per tentare di cambiare il futuro; l’impiegato comunale eroe perché sebbene il meccanismo gli consentirebbe mille scuse, si impegna per rispondere alle necessità del cittadino; il giornalista eroe perché rinuncia alla comodità di scrivere ciò che è “bene” per molti preferendo sostenere ciò che è giusto.

Un diario di ciò che è accaduto per quasi quarant’anni e che continuerà ad accadere. Nonostante le denunce e le indignazioni. Di ciò che tiene in piedi un Paese che, all’epoca degli antichi greci, sarebbe stato abbandonato per fondarne un altro e, con esso, fondare una nuova etica pubblica e una nuova morale privata.

Francesco De Filippo e Roberto Ormanni

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Pier Luigi Vigna

Prefazione

Pier Luigi Vigna
Pier Luigi Vigna

Gli istituti penitenziari sono qualificati da numerosi studiosi, sulle orme di Foucault, e analogamente a quanto avviene, o avveniva,per altri “luoghi chiusi” (ospizi, manicomi), come istituzioni totali. Questa definizione trascura, però, di coglier il flusso di vita che lì si svolge, l’interscambio tra custodi e custoditi e trascura anche la considerazione del vissuto di ogni detenuto prima del suo ingresso nell’istituto e che egli porta, irrimediabilmente  e spesso faticosamente, con sé.

Questa realtà è fatta rivivere da Luigi Morsello, che per trentasei anni è stato direttore di ben sette case di reclusione, conoscendone poi, quale funzionario in missione, anche altre ventidue.

Gli anni di lavoro di Morsello, a renderlo ancora più difficile, sono poi coincisi con uno dei periodi più bui della storia del nostro Paese: lì si collocano, infatti, con i loro ripetuti delitti, alcuni di portata storica, le azioni più devastanti del terrorismo e della mafia e il direttore di un carcere è tuttavia tenuto, con 9 suoi collaboratori, a contemperare, anche per i loro autori, due finalità che sembrano in contrasto tra loro e che solo il rigore e l’umanità possono comporre in una difficile sintesi: custodire e rieducare, così come vuole la nostra Carta Costituzionale e come si legge nel simbolo del Corpo di Polizia Penitenziaria.

L’appassionante panorama di personaggi che “La mia vita dentro” ci propone può finalmente rivelare al lettore, al di là delle aride statistiche con le quali viene spesso rappresentata la realtà carceraria, l’umanità che vive dietro le sbarre e che costituisce, insieme al direttore, agli agenti, agli assistenti sociali, agli educatori, ai medici e infermieri, non tanto un’istituzione totale, quanto una vera e propria comunità. Anche io, ovviamente – ho sempre svolto le funzioni di pubblico ministero – ho frequentato gli istituti penitenziari, e ho conosciuto varie tipologie di detenuti. Con costoro non ho mai instaurato rapporti autoritari ma, anzi, comprensivi, perché ho sempre pensato che un filo comune mi legava a ciascuno di loro: l’essere entrambi uomini.

E ora un paio di ricordi.

Su richiesta dei reclusi nella casa penale di Santa Teresa di Firenze pensammo, con il giudice Alessandro Margara, di dar vita a un giornalino. Passarono mesi prima che si potesse definirne il titolo perché alcuni volevano che fosse Noi, gli altri mentre un gruppo insisteva per togliere la virgola. Prevalse la prima opinione dopo defatiganti discussioni. Il giornale cominciò a uscire ma, dato il suo contenuto “avanzato”, non veniva introdotto negli altri carceri. Mi ricordai, allora, di un Cardinale amico che operava presso la Santa Sede: egli promosse un telegramma di plauso del Pontefice e allora giunse il “via libero”.

Il 4 novembre 1966 l’alluvione devastò Firenze e anche la mia abitazione. La mattina dopo, al calore delle acque, raggiunsi con qualche sforzo le murate. Diversi detenuti erano evasi e i carabinieri avevano formato una cintura di sicurezza per impedire, in qualche modo, che altri reclusi fuggissero. Pretesi, nonostante la loro opposizione, di entrare nell’istituto che era in mano ai detenuti, impauriti ed esasperati anche perché non avevano ricevuto ne cibo ne acqua. Il primo che mi venne incontro era un tale che il due novembre, in un processo per rapina nel quale ero pubblico ministero, era stato condannato a una pesante pena. Rimasi interdetto, ma lui mi venne incontro e mi abbracciò dicendo: non pensavo che lei sarebbe venuto tra noi.

Da ultimo una riflessione sull’attuale situazione dell’edilizia carceraria: il sovraffollamento e l’indistinzione tra “definitivi” e soggetti in attesa di giudizio mortificano la persona e rendono assai improbabile ogni tentativo di rieducazione.

Pier Luigi Vigna

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Nota dell’Autore

Luigi Morsello
Luigi Morsello

La mia vita dentro è diventata un preciso progetto editoriale che era lontanissimo dalle mie intenzioni.

Come afferma Pier Luigi Morini nella sua postfazione (“il tanto temuto direttore invitava la collega Romanini e me nel suo studio e con tutti gli onori di un eccellente ospite, iniziando con il rito del caffè che da buon napoletano era maestro nel preparare, tra una suite di Bach e un aneddoto tratto dalla sua esperienza personale…”), ripetutamente negli ultimi anni della mia attività alla guida di un carcere mi accadeva di raccontare di mie esperienze.

Queste sollecitazioni mi facevano sorridere. Pensavo: “Io non sono uno scrittore, a malapena riesco a dirigere un carcere, figuriamoci” e le liquidavo con una risata.

In previsione della pensione, il 1° febbraio 2005, pensavo a cosa avrei fatto dopo e mi rispondevo: buone letture, musica, tenermi in contatto col mondo tramite Internet (avevo iniziato a imparare a usare un computer in tarda età). Mi doveva bastare. E mi bastava!

Da direttore del carcere di Lodi (carcere piccolo, mi assorbiva per sì e no tre ore al giorno), avevo stipulato un abbonamento con la Gazzetta Giuridica della Giuffrè, che si trasformò nel 2000 in Diritto & Giustizi@, la cui direzione fu affidata a Roberto Ormanni.

Due circostanze mi stimolarono a scrivere le mie emozioni. Una infausta: il suicidio della collega Armida Miserere che conoscevo e che aveva diretto anche il carcere di Lodi in tempi per lei ancora felici; e un’e-mail del direttore di Diritto & Giustizi@, al quale fra gli altri avevo inviato ciò che avevo scritto sul suicidio della collega, e che, con mia autentica sorpresa, mi rispose personalmente con una e-mail del 2 maggio 2005 che ancora conservo: “Gentile Ispettore, l’articolo è davvero utile e interessante. Limitatamente a quanto è per noi possibile contribuire, sono felice di pubblicarlo sull’edizione on line di domani e penso di ripubblicarlo anche sull’edizione cartacea settimanale la prossima settimana. Sono consapevole di quanto siano inascoltate riflessioni che non indulgano alla spettacolarizzazione e all’esasperazione dei toni. E tuttavia credo che sia nostro dovere essere in pace con i valori etici della società, sebbene mistificati, e provarci.

Così da poter guardare almeno a noi stessi con serenità.

Grazie, davvero.

Roberto Ormanni”.

Sobbalzai dalla sedia davanti al pc, rischiando di cadere a terra.

Una simile sensibilità mi era del tutto sconosciuta, se si eccettua il grande Girolamo Minervini, del quale è raccontato in questo libro.

Puntualmente, la mia lettera Ormanni la pubblicò e ciò diede inizio a un rapporto professionale, basato sulla sua stima (immeritata) nei miei confronti e la mia grande ammirazione per un grande giornalista, che pubblicò anche una mia recensione a un saggio di Pierluigi Morini: La cura dell’Orco.

Ci presi gusto; avevo trovato qualcosa che mi assorbiva e mi impegnava. Molto. Roberto pubblicò quasi tutto ciò che gli inviavo; qualcosa non ne valeva proprio la pena, evidentemente.

Quando Roberto Ormanni lasciò la guida della sua creatura (un testata on line quotidiana, un supplemento cartaceo settimanale), io non rinnovai gli abbonamenti, ma continuai a collaborare con una sua nuova testata giornalistica on line (www.ilparlamentare.it). Nel frattempo collaboravo con una testata locale Il giornale di Eboli (www.ilgiornaledieboli.it), curandone l’edizione on line.

Finita quella collaborazione, decisi di aprire un blog Il Giornalieri (la sgrammaticatura è intenzionale). Di lì a scrivere delle mie esperienze “carcerarie” il passo fu breve.

Luigi Morsello

10 commenti su “Morsello presenta a Roma il suo libro "La mia vita dentro"”

  1. Caro Gigetto quante traversie, quanti patimenti subiti in silenzio senza chiedere aiuto a nessuno, solo tu, la tua cara compagna di vita e i tuoi piccoli figli, adolescenti inconsapevoli dei tormenti quotidiani di un lavoro diverso e in certi versi crudele, hanno temprato una corteccia già dura che ti ha portato indenne alla quotidianità. Ora stai al di qua delle sbarre e di sera a letto ringrazia le pecorelle che ti faranno addormentare oppure pensa a un quaderno a quadretti oppure per dirlo alla Carlo Levi “un quaderno a cancelli”. Auguri per il 27 febbraio te li meriti di vero cuore, il tuo amico Mariano

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  2. AUGURI DOTTOR MORSELLO X LA SUA IMPRESA EDITORIALE, SICURAMENTE LA SUA VITA DEVE ESSERE STATA SIMILE AD UN ROMANZO E LA SUA ESPERIENZA DI ESEMPIO AI GIOVANI E MENO GIOVANI.

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  3. Auguri dottor Morsello per la sua fatica di scrittore. Lei è proprio un’altra persona rispetto a quella che in un primo momento ci è sembrata di vedere. Auguri di cuore e come al solito complimenti anche a Massimo, che come al solito, non trascura mai le intelligenze, la cultura e la storia.

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  4. IL RISULTATO DELLA PRESENTAZIONE DEL LIBRO A ROMA E’ CONSULTABILE sul mio blog, ho provato a mettere i relativi link, ma il blog li considera spam
    CIAO MASSIMO, AVRESTI DOVUTO ESSERCI!

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