Il Premier prima di andarsene ci spieghi gli affari con Putin

Siamo passati da un Eni, che dettava l’agenda internazionale al governo, ad una cornice di equivoci rapporti personali tra Putin e Berlusconi, tra barzellette e personaggi oscuri, in un affare di miliardi di euro.

Tangenti miliardarie in una Russia diventata paradiso affaristico per una ristretta cerchia di avventurieri senza scrupoli.

Silvio Berlusconi Vladimir Putin

ROMA – È dai tempi di Enrico Mattei che i rapporti fra l’Eni e il potere politico sono ambigui e sovente poco decifrabili. Per il fondatore di quello che è poi diventato un colosso petrolifero il governo nazionale doveva seguire o comunque assecondare la particolare politica estera che egli stesso tracciava in nome delle esigenze energetiche del paese.

Fa sorridere oggi leggere in uno dei tanti «report» di WikiLeaks lo stupore dell’inviato di Bush a Roma per il fatto che la rappresentanza dell’Eni a Mosca «è superiore all’ambasciata italiana». E’ sempre dai tempi di Mattei che in numerose capitali, soprattutto del Medio Oriente e del Nord Africa, le delegazioni del cane a sei zampe hanno contato e contano molto più degli uffici che espongono il tricolore.

L’Italia ha una dipendenza energetica dall’estero che condiziona il suo intero sistema produttivo. Storicamente l’Eni ha agito in materia come monopolista assoluto per decenni e questa posizione privilegiata gli ha conferito un potere tale da meritarsi l’inquietante definizione di Stato nello Stato.

La fine del regime delle Partecipazioni Statali, la pur parziale privatizzazione dell’Eni e le prime mosse di liberalizzazione del mercato energetico avrebbero dovuto ridisegnare da cima a fondo la struttura del tutto squilibrata dei rapporti fra l’ente petrolifero e il potere politico.  Così non è accaduto ed ora – ecco la maggiore novità dei documenti segreti americani – siamo costretti ad apprendere che nuove e più gravi distorsioni hanno preso il posto dei vecchi vizi d’origine.

Da un Eni, che dettava l’agenda internazionale al governo, siamo passati a una società per azioni con il settanta per cento del capitale collocato sul mercato che firma contratti molto impegnativi in tempo e denaro dovendosi inchinare nemmeno alle indicazioni del governo suo maggiore azionista ma alle scelte imposte in solitario dal presidente del Consiglio. Scelte, per giunta, maturate dentro la cornice degli equivoci rapporti personali che Silvio Berlusconi coltiva con Vladimir Putin, autocratico leader di un paese come la Russia attuale diventata paradiso affaristico per una ristretta cerchia di avventurieri senza scrupoli. Delle cui fortune il minimo che si possa pensare – come giustamente sospettano i messaggi della diplomazia americana – è che siano state costruite a suon di tangenti miliardarie.

Sostiene Silvio Berlusconi di aver utilizzato la sua amicizia con il nuovo zar del Cremlino per meglio difendere l’interesse del nostro paese alla continuità e alla sicurezza dei rifornimenti energetici. Ma si tratta di affermazioni troppo generiche per suonare convincenti e soprattutto appaganti dinanzi ad alcuni dati di fatto che aprono interrogativi incresciosi.

Paolo Scaroni Amministratore delegato ENI
  • Perché la precedente gestione dell’Eni ha tenacemente frenato di fronte ai nuovi contratti di fornitura proposti da Mosca?
    • Come mai la situazione si è sbloccata solo dopo che al vertice dell’ente è arrivato un personaggio voluto se non addirittura imposto da Berlusconi?
    • Agli attuali livelli di prezzo del gas i contratti di lunga durata sottoscritti con la Russia sono ancora convenienti o sono diventati una trappola?
    • Chi ci guadagna di più dal costruendo gasdotto del Mar Nero, la Russia o l’Italia?
    • O forse sarebbe meglio chiedere: quali russi e quali italiani?
    • Infine: che cosa possono e debbono pensare i tanti azionisti privati dell’Eni, numerosi anche aldilà delle Alpi, di un’azienda le cui scelte strategiche sono piegate alle intese raggiunte a quattr’occhi fra due personaggi che si atteggiano dinanzi al mondo intero come compagni di merende?

Prima di esibirsi nell’ennesima barzelletta («Mi faranno fare la fine di Mattei») è opportuno e urgente che Silvio Berlusconi risponda con chiarezza a questi interrogativi.

di Massimo Riva
da “La Città” di Salerno

6 commenti su “Il Premier prima di andarsene ci spieghi gli affari con Putin”

  1. Chi aspetta chiarimenti si illude. Gli affari Berlusconi ce li ha nel sangue, peccato che non riesce a disfarsene almeno quando fa lo statista. Ci sta coprendo di ridicolo in tutto il mondo e i suoi fans italiani sono disposti, schiavi come sono, a giustificarlo in tutto.

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  2. berlusconi è 1 vergogna mondiale,il bene pp non esiste, ma solo gli affari privati in tutte le salse,colpa di un popolo dormiente e di una politica rapace pagheremo anni ed anni di arretratezza noi e chi ci seguirà….copriamoci il capo di cenere,siamo tutti responsabili,bravi az2o e cicirinella,sintetici e realisti,berlusconismo o meno è il sotto -prodotto culturale della società italica!

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  3. Ti sbagli di grosso caro Peps, la guerra non è per niente finita, anzi siamo sotto i bombardamenti e non ci sono nemmeno i bunker, per colpa di un Governo di affaristi e compagni di merenda, tra l’altro contro il Sud.
    Non sono un sinistroide, semmai sono un illuso, uno di quelli che arranca per arrivare a fine mese, che ha i figli che vanno all’università senza vedere nessun spiraglio e nessuna prospettiva per loro e per tutti gli altri giovani, anche i tuoi, se ce li hai, e che vorrebbe un’Italia migliore. Sono soprattutto un illuso perché è inutile qualsiasi cosa se ci sono quelli che giustificano l’amoralità di Berlusconi e di tutta la sua cricca, Verdini,Scaiola, Brancher, Dell’Utri, Cosentino, Previti …… devo continuare? Ogni giustificazione è amorale.

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  4. Pare non sia poi così certo che se ne andrà. Certo è che andare non vuole (perderebbe immediatamente il ‘legittimo impedimento’ e l’indomani Milano concluderebbe il c.d. ‘processo Mills’, in dirittura d’arrivo per B. e temporaneamente sospeso per quanto sopra fino al novembre 2011), e, inopinatamente e con non rara mancanza di intelligenza politica, ha avuto il grazioso regalo di una tregua di 20 e passa giorni, tanti quanti bastavano al Nostro per resuscitare. ‘Sic transit gloria mundi’

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