Buona scuola: L’Italia che investe in conoscenza ma abbandona i giovani

Buona scuola: Per Rosato (AreaDem) “l’Italia che investe in conoscenza“. E dopo? Finiti i cicli scolastici abbandona i giovani.

Prima di pensare alla “Riforma”, la Scuola che vorremmo, non è quella che ti forma e ti abbandona, quella Scuola non serve. Si conosce di quanti Ingegneri ha bisogno l’Italia nei prossimi 10 anni? E si sa di quanti medici e infermieri ha bisogno? Quanti tecnici nei vari settori necessitano?

buona-scuola-renzi-giannini
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da (POLITICAdeMENTE) il blog di Massimo Del Mese

ROMA – Riceviamo e volentieri pubblichiamo l’intervento del Direttore di AreaDem, On. Ettore Rosato del gruppo parlamentare del Partito Democratico, il quale sebbene non entri nel merito specifico della Scuola e delle problematiche ad essa collegate, esalta gli ultimi risultati del Governo ed evidentemente del PD e del Gruppo a cui appartiene, e individua la Scuola, tra  i punti più importanti del programma.

Ebbene la Scuola oggettivamente è tra le istituzioni quella più importante che c’è in un sistema democratico, e proprio perché è così vero che tutti i Governi degli ultimi 50 anni hanno provato ad interessarsene e non per la sua importanza, bensì per il ruolo e per la sua penetrazione che ha nella società, pensando di volta in volta di poterla assoggettare e ovviamente manipolarla.

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Gli attacchi più aggressivi che ha subito, a prescindere dal ventennio di influenza dell’era berlusconiana nel corso del quale con il finto obiettivo della parità tra la Scuola Pubblica e quella privata, è stata mortificata e barattata con altre politiche rimpiazziste, sono venuti proprio dai Governi di sinistra, ma mai nessuno di questi si è rivolto al mondo della Scuola, a quella famosa “utenza” a cui spesso si cerca di indirizzare le proposte per cercare di coinvolgerla, e così di colpo in colpo si è cercato di demolire quel che resta dell’Istituzione scolastica e del sistema della Scuola, sistema che per decenni ha assicurato in maniera assoluta la garanzia di offrire una formazione “plurale” portata avanti da una classe docente “plurale” per formazione culturale e politica, e soprattutto autonoma, benché svolgesse la sua professione seguendo i programmi ministeriali, anche questi di volta in volta attaccati con il pretesto di adeguarli alla modernità, ma con lo scopo subdolo di volerli adeguare a chi comanda.

Rosato come i suoi colleghi parlamentari e il Governo Renzi che li ha ispirati, se pensavano veramente di voler mettere mano alla Scuola, alla sua organizzazione, ai suoi programmi, al suo funzionamento e al suo ruolo importante che svolge nella Società, perché anziché di discuterne direttamente nel Parlamento e giungere ad un provvedimento definitivo non ha cercato di discuterne, appunto con gli operatori della Scuola, i docenti, le famiglie, gli studenti, e quel mondo del lavoro a cui poi la stessa Scuola cerca di collocare i propri giovani? Perché ha voluto con provvedimenti subdoli violare quel mondo escludendolo dai processi decisori? Perché si commette lo stesso errore che da anni si ripete pensando che la risoluzione dei problemi della Scuola sia solo nella organizzazione e non nell’orientamento e nella individuazione dei flussi del sapere rispetto ai bisogni della società? Attribuire alle dirigenze compiti di individuare le nuove discipline e indicarne, semmai individuando anche i docenti ed incaricarli, è la più grande delle distorsioni, e vuole ignorare il vero problema di cui sono colpevoli intere classi dirigenti politiche italiane, dal momento in cui lo Stato ha abdigato le sue funzioni rispetto alla formazione professionale, demandando alle Regioni questo compito, e constatando il totale fallimento di 50 anni di politiche scolastiche e di formazione, per modo che ora ci troviamo centinaia di migliaia di avvocati, commercialisti, medici e ecc. e migliaia di altre discipline aggiunte nel corso degli anni che vanno dal giornalismo, alla scenografia, alla pittura e alla Regia, ma non abbiamo un solo elettricista, un meccanico, un impiantista, un muratore e via di seguito, formati in maniera da poterli immettere sul mercato e poter sopperire a quella domanda che appunto la Società civile, sebbene moderna ancora richiede, richiedendo ovviamente che questi abbiano anche una formazione scolastica adeguata.

Renzi-Giannini
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E si pensa al Dirigente e si pensa al merito, un dirigente che non dirige nulla e ad un merito che oggettivamente è veramente difficile individuarlo se non come si fa con le aziende, guardando agli obiettivi e ai risultati. Anche in quanto a questi, gli obiettivi e i risultati sono altissimi: il numero di alunni che supera i cicli scolastici è altissimo, arriva vicino al 100%, poi si infrange fragorosamente alle Università. Così come la professionalità nella Scuola è altissima, in nessun altro settore dello Stato o del Privato si può registrare un così alto numero di specialisti laureati nelle varie discipline essendo il 100% dei docenti laureati. E già questo non è un “merito”?. Cosa si cerca il merito del merito o attraverso pseudo valutazioni creare assoggettamenti se non voler differenziare i docenti di Serie A e di serie B? Nell’Agenzia delle Entrate, solo i massimi dirigenti sono laureati, non parliamo nei Comuni nelle Regioni, Ministeri e  in altri Enti pubblici e privati. E c’é un abbisso stipendiale da vergognarsi se lo si paragona ai laureati tutti della Scuola.

La scuola ha bisogni di Fondi e Rosato come Renzi fanno finta di non saperlo. Fondi che servono per mettere in sicurezza gli edifici, per assicurare il normale svolgimento delle attività curricolari, per comprare Computer, per avere spazi tecnologicamente avanzati, laboratori didattici moderni, per pagare bene gli insegnati TUTTI LAUREATI e per assicurare una formazione umana e culturale che guardi alla crescita autonoma degli studenti e che li accompagni nella vita reale indirizzandoli nei percorsi e assistendoli per strada.

Questa è la Scuola che vorremmo, quella che ti forma e ti abbandona non serve. Ettore Rosato conosce di quanti Ingegneri ha bisogno l’Italia nei prossimi 10 anni? E sa di quanti medici e infermieri ha bisogno? Conosce quanti tecnici nei vari settori necessitano? Di quanti giornalisti o scenografi? E potremmo continuare. Non c’é riforma che tenga se non si sa quali siano gli orientamenti. Tranne che non si voglia trasformare la Scuola in un carrozzone.

Come cittadini viviamo il terrore che chiunque giunga al Governo vive nell’ossessione di voler per forza, in nome del “nuovismo” cambiare qualcosa. A chi si cimenta in questo esercizio possiamo solo raccomandare loro: Per favore non vi impegnate troppo a voler cambiare per forza qualcosa pensando di poter passare alla storia, dedicate i vostri sforzi ad altro e se proprio non ci riuscite impegnatevi a far funzionare al meglio quello che già c’é. E’ vero si può passare alla storia, ma si può essere anche ignorati o ricordati in maniera negativa, risparmiate ai posteri di leggere quelle brutte pagine e risparmiate a noi di leggere questa brutta cronaca.

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Buona scuola: L’Italia che investe in conoscenza

di Ettore Rosato
Direttore AreaDem

Ettore Rosato
Ettore Rosato

L’Italia ha una nuova legge elettorale. Dopo dieci lunghi anni in cui sembrava impossibile mandare in soffitta il Porcellum, ce l’abbiamo fatta. La legge elettorale rientrava nel percorso di riforme istituzionali (quello anche del DDL costituzionale) che da troppo tempo l’Italia si trascina dietro. Voler chiudere questa pagina non è affatto «fretta», ma serietà. Troppe volte, infatti, rimandare ha significato non fare, e questa legislatura non può permettersi il lusso di venire meno a questo impegno.

Sembrava impossibile, ma ce l’abbiamo fatta, anche ad abolire, ieri, i vitalizi agli ex parlamentari condannati. Anche questa volta – come sul 416-ter e sulla corruzione – c’è chi ha contribuito con il proprio voto a cambiare l’Italia e chi è rimasto a guardare. O meglio, urlare.

Tutte le volte che abbiamo provato a fare quello che il Movimento 5 Stelle dice di voler fare, siamo stati lasciati soli. Hanno paura delle riforme, ma noi no.

Affrontiamo critiche, piazze, ma la nostra missione rimane la stessa.

Quelle istituzionali, non sono, però, le uniche riforme che vogliamo affrontare in Parlamento. Governabilità e stabilità sono sì alcune delle necessità del Paese, ma non le uniche.

Siamo partiti da lì ma l’ambizione è quella di entrare nel vivo dei problemi quotidiani dei cittadini, per risolverli. La prossima tappa che vogliamo raggiungere riguarda la scuola.

Investire sulla conoscenza e la cultura rappresenta una necessità per qualsiasi nazione che vuole guardare al futuro, ma per l’Italia è un dovere, per la storia e la tradizione che porta con sé. Questo è il Governo che torna ad investire sulla scuola: in termini politici e in termini di risorse.

Investire vuol dire anche guardare alla realtà che abbiamo di fronte: la scuola italiana va cambiata. Per farlo serve un patto generazionale tra Stato, genitori, insegnanti e figli. Per questo la Buona scuola non è una riforma calata dall’alto. Siamo partiti da un documento partecipato, abbiamo incontrato le associazioni nelle sedi istituzionali e in quelle di partito: perché vogliamo ascoltare tutti e non ci tiriamo indietro.

Questo non può significare fermare tutto. Riconosciamo nel merito la protesta di martedì e affermiamo ancora una volta l’utilità del confronto sulle nostre e le loro proposte. E le modifiche che nelle prossime ore il gruppo elaborerà in Commissione saranno frutto di questo dibattito che abbiamo ricercato. Possiamo ritornare ad avere una scuola di qualità, ma servirà anche sfatare qualche tabù.

Roma, 9 maggio 2015

3 commenti su “Buona scuola: L’Italia che investe in conoscenza ma abbandona i giovani”

  1. Presupporre che i cittadini hanno l’anello al naso non rende le menzogne più vere di quanto false siano. Quello che scrive questo signore è un mare di palesi bugie, e non sono io a dirlo. Purtroppo queste sono le persone che dovrebbero rappresentare i cittadini italiani. Purtroppo.

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    • Per Giuseppe,
      spero che il signore non sia io? Scherzo. Caro Giuseppe, purtroppo questo accade quando le decisioni si restringono e non toccano tutti gli angoli delle strade, intendendo per “angoli” la totalità del coinvolgimento, del confronto e semmai alla vecchia maniera, come si faceva nei Partiti, anche con lo scontro verbale.
      Non ci sto. Non ci sto. Quel contatto è necessario e purtroppo non può essere sostituito dalla tastiera, semmai può essere affiancato. La verità è che le opinioni sono state sostituite dai sondaggi, e per abbreviare lo sportello con i call center e i nostri guai aumentano e siamo sempre più lontani da tutto pur avendo a portata di mano tutto.
      Buon fine settimana.
      Massimo

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