Il “NO” e la Tragedia Greca: Tra l’Europa e la persistenza dei privilegi

Nuovi spiragli per l’UE e i paesi condannati all’Austerity come Italia, Spagna e Portogallo: un novello cavallo di Troia nelle mura di Bruxelles.

Ad Atene vince il no e a Bruxelles perde l’Europa. Alexis Tsipras: “la Democrazia non può essere ricattata“. Varufakis si è dimesso, e la lotta contro le odiose deroghe alle caste di beneficiati?

tsipras
tsipras

di Marco Naponiello
per (POLITICAdeMENTE) il blog di Massimo Del Mese

Ελευθερία ή Θάνατος
Libertà o morte

Roma – Ebbene si, sembrava impossibile, come affermato anche dal nostra incredulo Premier Renzi, fino a qualche anno addietro che qualcuno si ribellasse all’Europa formato“Leviatano”, ma è davvero accaduto con il referendum greco, domenica sera in Piazza Syntagma, davanti al parlamento di Atene, vi è stata la manifestazione plastica del no (oki) rabbioso dell’elettorato, con una maggioranza quasi dei due terzi, sulla proposta dei creditori che prospettavano un abisso senza fondo, fatto di perenne stagflazione senza una via di uscita.

bandiera greca
bandiera greca

Il primo ministro ellenico  spalleggiato dal ministro delle finanze,si è subito affrettato subito a dire che non vuol significare tale pronunciamento popolare un no definitivo alla Ue, ma solo una volontà di rimodulare le regole imposte dal duo Merkel-Scheuble ovvero dai vertici dello stato capofila la Germania e dalla famigerata Troika, ovvero la Commissione Europea (Junker) la BCE (Draghi) ed il Fondo monetario internazionale (Lagarde), e alle loro condizioni considerate “capestro” dal governo di Atene. Tsipras aveva pure chiesto ad aprile scorso il risarcimento di significato simbolico dei danni di guerra alla cancelliera Merkel, calcolandoli in 279 miliardi di euro e ricevendone a stretto giro di posta, una laconica e gelida riposta dall’esecutivo teutonico:”non ci sono al momento le condizioni per addivenire ad una compensazione”, del resto molti storici ponevano in evidenza come per una “guerra-guerreggiata” nella piena accezione del termine, i tedeschi ebbero abbuonati nel dopo guerra buona parte dei “danni” arrecati alle altre nazioni, come ricorda a sostegno della tesi, il “verde” Fischer , ex ministro degli esteri,esecutivo di Schröder, nel suo libro appena pubblicato, che è atto di accusa contro le «politiche di euro-egoismo» dalla Cancelliera CDU Angela Merkel e del ministro delle Finanze, Wolfgang Schaeuble, una politica miope ed egoica che uccide a poco a poco gli ideali fondati dell’Unione, appiattendoli solo su risvolti di carattere finanziario.

Renzi-Merkel-vertice
Renzi-Merkel-vertice

Fischer scrive che è «sorprendente» che la Germania abbia dimenticato la Conferenza di Londra del 1953, quando l’Europa intera le cancellò buona parte dei debiti di guerra. «Senza quel,non avremmo riconquistato la credibilità e l’accesso ai mercati. La Germania non si sarebbe ripresa e non avremmo avuto il miracolo economico». L’ammontare del debito di guerra tedesco dopo il 1945 era di  oltre 23 miliardi di dollari dell’epoca si intende, complessivamente pari al 100% del Pil tedesco. La Germania, prima della classe oggi, ma ultima sessanta anni fa, non avrebbe mai potuto onorare le passività di due conflitti mondiali, guerre vere e non di danari dunque, con complessivi 60 milioni di morti. Allora solo i I sovietici pretesero e il pagamento dei danni di guerra fino all’ultimo centesimo. Mentre le altre nazioni del globo che pure avevano patito sofferenze enormi per la volontà di potenza della Germania stessa, concordarono il dimezzamento delle pretese creditorie. Fischer continua severo: «Né Schmidt e néKohl avrebbero reagito in modo così indeciso, voltandosi dall’altra parte come ha fatto la cancelliera. Avrebbero anzi approfittato della impasse causata dalla crisi per fare un altro passo avanti verso l’integrazione europea. La Merkel così distrugge l’Europa».

Adesso la vittoria del NO apre nuovi scenari, come maggiore legittimazione politica al governo di Syriza ma allo stesso tempo “Non crediamo che questo esito implichi una Grexit definitiva“, dicono gli analisti. finanziari ma  i creditori internazionali non farebbero partire come conseguenza una nuova tranche d’aiuti (secondo il Fmi ne servono 50 miliardi da qui al 2018,). Varoufakis parla di un “accordo pronto ” ma per gli esperti dei mercati la conseguenza diretta sarebbe l’impossibilità della Bce di confermare la liquidità d’emergenza del programma banche greche, con ripercussioni per gli istituti di credito del continente intero, oltre che per i bilanci pubblici di ogni paese membro, con un connesso pericoloso rischio di tentazione emulativa da parte dei paesi a rischio del mediterraneo, creata dal “precedente “ greco, come il nostro e le nazioni iberiche, Spagna e il Portogallo.

Fischer
Fischer

La Grecia però è una nazione ricca sin troppo di contraddizioni, ovvero un Stato “moderno” con una burocrazia levantina, mancanza di una seria programmazione delle vicende che riguardano la vita pubblica (stato sociale su tutto), corruzione , caste e clientelismo ( chi vi ricorda?) ci consegna una società dilaniata dall’interno dai propri errori. Se la crisi economica e l’austerity di questi anni sono addebitabili all’euro, allora la crescita registratasi nei primi anni della divisa unica dovrebbe esserne un suo merito? un paradosso dicotomico poco credibile, dunque appare improbabile che “la crisi settennale della Grecia,dell’Europa inflazionata e di tutto il resto sia esclusivamente colpa dell’Euro” è puerile, non ha basi logiche, lo stesso dicasi per le altre nazioni che soffrono delle stesse dinamiche finanziarie elleniche, infatti la vituperata moneta unica ha evidenziato come alcune popolazioni vivevano allegramente da lustri, al di sopra delle proprie possibilità, degli stati centrali spendaccioni, i quali ricorrevano ciclicamente alla svalutazione della divisa nazionale ed all’indebitamento collettivo compiacente, per mettere “toppa”, fino allo “strappo”, che poi non vi sia dubbio che l’attuale nostra moneta unica vada rimodellata, è pacifico, ma il tutto deve essere visto in una ottica di  una grossa occasione perduta, non per nulla Germania ed in misura minore Austria ed Olanda ne hanno beneficiato, come mai loro si e noi no? Solo economie asimmetriche, sistemi tributari sperequati? o forse sicuramente c’è dell’altro?

In verità Tsipras ha imposto recentemente una dieta drastica ai conti pubblici, una spendig review forse in salsa ellenica, ma operativa in soli tre giorni: tagli alle auto blu, alle segreterie, passando per i telefonini,le scorte, voli di Stato, ricevimenti ed illuminazione, ma tutto questo non è bastato e naturalmente non si può chiedere ai partner europei di mantenere i baby pensionati altrui o i vari benefit di casta, mai realmente, volutamente cancellati.

Alexis Tsipras- presidente Prolopis Pavlopoulos-neo ministro Economia Euclid Tsakalotos
Alexis Tsipras- presidente Prolopis Pavlopoulos-neo ministro Economia Euclid Tsakalotos

Sulle pensioni per esempio, in linea teorica si poteva andare a 60 anni per le donne e 65 per gli uomini, con 35 anni di contribuiti, teoricamente appunto, con un elenco aggiuntivo di 580 «professioni usuranti» in cui l’età pensionabile scendeva  addirittura a 50 anni per le donne e a 55 per gli uomini. Non penserete ai soli minatori e scaricatori di porto, ma finanche parrucchieri, suonatori di strumenti a fiato, fornai, speaker radiotelevisivi, contadini e consorti, funzionari della Banca Centrale Ellenica, quelli della compagnia Olympic Airlines, (estesa ai parenti degli stessi che usufruivano di poter fare i globe trotter senza sganciare una dracma e/o un euro), e la spesa  pubblica sociale era giunta sino al 24%,, insomma la più alta del continente che se ne va quasi esclusivamente in pensioni. Per non paralare che nella terra di Socrate era un affare anche non sposarsi, le figlie dei dipendenti pubblici ottenevano una riversibilità di 1000 €, la quale veniva meno solo in caso di connubio, per non disputare poi di altre di furberie in stile italiota, dove 60.000 pensioni erano pagate a persone passate a miglior vita, di cui i beneficiari si erano guardati bene dal denunciarne il decesso, e che dire delle 320.000 pensioni di invalidità, che per il ministero del lavoro greco, erano quasi la metà del tutto indebite? I tre governi che si sono succeduti dal 2009, o ovverosia Papandreou, Papademos e Samaras, hanno coraggiosamente ristretto tre volte la pesante “borsa” previdenziale, aumentandone anche l’età pensionabile e modificandone dolorosamente il sistema dal contributivo a quello retributivo, ove le prestazioni sono a malapena il 50% di quelle sull’ultima retribuzione. Ancora bonus assurdi, su principi che definirsi amorali non sarebbe errato, per esempio, invece di punire il ritardatario si premiava il dipendente statale che andava in orario in ufficio, come se il rispettare le regole fosse una nobile eccezione, o i guardaboschi che erano premiati per lavorare all’aperto, come dovrebbe essere di regola,e non in ufficio, di seguito  incentivi per chi conosceva le lingue o sapeva usare il PC, tredicesime e quattordicesime spalmate su tutto l’anno, non si poteva essere licenziati neanche nel settore statale, e a sottolineare la “pulcinellata” generale,anche nel privato vi erano storture marchiane, come la possibilità regalata ai tassisti, ristoratori ed estetisti, di poter alzare le tariffe nei periodi festivi come fosse una sorta di mancia, una strenna natalizia autorizzata.

Assurdità che negli ha anni son finite per causare l’ingravescenza debitoria dell’Erario, “poco male”, se molti greci questo inverno per risparmiare hanno deciso di non accendere il riscaldamento, o se vi è un aumento esponenziale di ospiti alle mense dei poveri, se molti bambini ed anziani nella “civile” Europa soffrono di malnutrizione o di cure mediche inadeguate, ove uno Stato al collasso non ha la capacità per erogarle, ed allora ci si rivolge alle Onlus nazionali e straniere, alla beneficenza, alla pietà del prossimo per potersi ancora curare e non morire in una nazione morente a sua volta. Nei prossimi giorni vedremo cosa succede ora che ha vinto il NO in Grecia, una innegabile vittoria politica di Tsipras e del popolo greco ed una sconfitta cocente dei creditori oltre che dei burocrati senza cognizione del reale che stazionano a Bruxelles, il territorio che si apre adesso è inesplorato, constateremo se riusciranno i fratelli ellenici ad evitare il default e se ci saranno altre nazioni che ne vorranno seguire l’esempio referendario, l’unico dato certo  ad oggi e che c’è da trovare immediatamente un nuovo accordo e non sarà facile, al momento  però il piccolo “Ulisse” ha accecato il “Ciclope” e con tutta la ciurma è fuggito via.

Roma, 7 luglio 2015

3 commenti su “Il “NO” e la Tragedia Greca: Tra l’Europa e la persistenza dei privilegi”

  1. in breve,Bruxelles ha perso.Ora gli affamatori e banche pescecane devono levarsi dai coglioni.La UE deve essere rifondata democraticamente ed onestamente.La NAZIKIAPPONEN DAMEN,quando ha finito di piangere, deve mostrare il massimo rispetto per i popoli mediterranei che ha sfruttato ed oppresso.I barbari suoi accoliti o si adeguano o vanno fuori dalle sferee ad metalla

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