Una situazione infrastrutturale grave evidenziata e aggravata dalle criticità del PNRR, impone una riflessione e interventi urgenti. Lombardi Presidente Federcepicostruzioni: “Necessaria una strategia nazionale a lungo termine per la riqualificazione, la messa in sicurezza e l’innovazione delle strutture ospedaliere”.

POLITICAdeMENTE
ROMA / SALERNO – Il tema dell’edilizia sanitaria rappresenta oggi uno dei maggiori snodi strutturali e strategici dell’intero sistema Italia. La grave situazione infrastrutturale, evidenziata e aggravata dalle attuali criticità del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), impone una riflessione profonda e interventi urgenti.
Federcepicostruzioni, attraverso il presidente nazionale Antonio Lombardi, ribadisce la necessità di una strategia nazionale a lungo termine per la riqualificazione, la messa in sicurezza e l’innovazione delle strutture ospedaliere.
L’età media degli ospedali italiani superiore ai 40 anni e standard superati
Secondo gli ultimi dati, il 70% degli ospedali italiani è stato costruito prima del 1980: nel Mezzogiorno si superano facilmente i 60 anni di età per molte strutture, con evidenti carenze in termini di sicurezza antisismica, efficienza energetica, percorsi interni razionalizzati e dotazioni tecnologiche.
Il confronto con i principali paesi europei è impietoso: in Germania l’età media degli ospedali è inferiore ai 30 anni, mentre la Francia ha attuato piani di ristrutturazione decennali e organici. In Italia, invece, manca un piano strutturale da oltre 25 anni.
Rischio sismico e urgenza strutturale: oltre il 60% delle strutture da adeguare nel Sud

Il Centro Studi Federcepicostruzioni evidenzia come nelle regioni più esposte (Campania, Calabria, Sicilia) oltre il 60% degli edifici sanitari sia tuttora privo di adeguata sicurezza antisismica, secondo studi regionali e rapporti tecnici degli ultimi due anni. «Non si tratta solo di risorse economiche – dichiara il presidente nazionale di Federcepicostruzioni Antonio Lombardi – ma di snellire procedure, accelerare autorizzazioni e concentrare la progettazione sulle reali priorità di sicurezza».
Missione 6 del PNRR Sanità: ritardi, rischio scadenze e mancato impatto
La Missione Salute del PNRR avrebbe dovuto trasformare la rete ospedaliera italiana, con obiettivi di modernizzazione e potenziamento territoriale. Tuttavia, il Centro Studi Federcepicostruzioni denuncia che ritardi nella progettazione, bandi posticipati e cantieri non avviati stanno minacciando il rispetto dei termini imposti dall’Unione Europea.
Al 30 giugno di quest’anno solo il 34% delle risorse è stato effettivamente speso. Ritardi critici si registrano proprio su edilizia ospedaliera, adeguamenti sismici e strutture territoriali. Situazione non differente si registra anche per il Piano Nazionale Complementare (PNC): un gap sempre più ampio tra disponibilità finanziarie, programmazione dichiarata e spesa effettiva.
I numeri sono eloquenti e richiedono un’azione correttiva immediata da parte dello Stato e delle Regioni.
«Complessivamente – commenta il presidente Antonio Lombardi – le risorse ammontano a 20,9 miliardi disponibili, ma distribuiti male nel tempo: la Missione 6 dispone di 15,63 miliardi di euro dal PNRR, cui si aggiungono risorse per circa 4 miliardi dal Piano Nazionale Complementare e un programma pluriennale di edilizia sanitaria di 1,27 miliardi distribuiti nel periodo 2027–2036, per un totale quindi di circa 20,9 miliardi. Tuttavia, il cronoprogramma finanziario concentra la gran parte della spesa negli ultimi due anni del Piano (2025–2026), con un picco di circa 7 miliardi nel solo 2025. Ciò significa che le opere più complesse (edilizia pesante, adeguamenti sismici, ospedali di comunità) sono state rinviate, creando un rischio reale di “congestione amministrativa e operativa” negli ultimi mesi di attuazione».
Tenendo conto non solo del PNRR ma anche delle altre disponibilità, il 66% delle risorse a giugno 2025 è ancora fermo nei cassetti.
A fronte delle disponibilità dichiarate, i dati di monitoraggio ReGiS (MEF), aggiornati appunto al 30 giugno scorso, rivelano infatti che:
- Solo 6,6 miliardi di euro (pari al 34,4% delle risorse) sono stati effettivamente spesi
- Circa un terzo dei progetti finanziati è ad oggi concluso o prossimo alla conclusione, mentre la stragrande maggioranza resta in fase di esecuzione con andamenti molto differenziati tra le varie Regioni.
- Nel triennio 2022–2024, la spesa aveva registrato tassi di avanzamento particolarmente lenti, il che ha obbligato a più che raddoppiare i ritmi di realizzazione nel 2025 per non perdere i fondi europei entro giugno 2026.
«Questo scostamento tra obiettivi dichiarati e spesa reale non è casuale», afferma ancora il presidente Antonio Lombardi. «È il riflesso diretto di tre problemi strutturali: procedure troppo lunghe, capacità amministrativa regionalizzata e disomogenea, e una governance centrale insufficiente a governare la complessità di progetti così articolati».
L’analisi disaggregata per linea di intervento mostra chiaramente dove si concentra il ritardo:
- Ospedali di Comunità (OdC)
- Previsti: 428 strutture
- Completati al 30 giugno 2025: solo 14 (pari al 3,3%)
- Spesa effettiva: appena il 15,1% dei fondi disponibili
- Per gli OdC si registra il ritardo più marcato, con ricadute dirette sulla deospedalizzazione e presa in carico territoriale promessa dal DM 77/2022.
- Case della Comunità (CdC)
- Target rivisto al ribasso: da 1.350 a 1.038 strutture, per tenere conto di rincari e difficoltà realizzative.
- Dotazione: circa 2,8 miliardi.
- Cantieri conclusi ancora molto inferiori agli obiettivi, con forte eterogeneità regionale.
- Ospedali Sicuri e Sostenibili (adeguamenti sismici, efficientamento energetico, ristrutturazioni)
- Colpiti da inflazione dei materiali, manodopera e complessità autorizzativa.
- Sono opere strategiche ma “back–loaded”, cioè concentrate sugli ultimi mesi del Piano, con rischio di non completamento entro i termini UE.
«Qui è dove l’industria delle costruzioni può fare la differenza, ma solo se le amministrazioni snelliscono procedure e garantiscono tempistiche certe», commenta il presidente Lombardi.
La situazione regionale: le Regioni “veloci” e quelle “lente”
I dati mostrano una forte eterogeneità geografica, con Regioni più efficienti e sollecite, e altre che restano indietro. Questa disomogeneità non è casuale: dipende dalla qualità della governance regionale, dalla capacità amministrativa e dalla velocità di approvazione dei progetti a livello locale. Il messaggio è chiaro: non basta avere i soldi; occorre la capacità di spenderli bene e in fretta.
L’”eccezione virtuosa” è la Valle d’Aosta, che ha raggiunto una spesa effettiva dell’80,9% dei finanziamenti complessivi grazie a una forte capacità amministrativa concentrata, a un numero ridotto di progetti, e quindi ad governance semplificata. Hanno inciso positivamente anche progetti a dimensione contenuta, più veloci da realizzare.
Segue l’Emilia-Romagna con una spesa effettiva stimata tra il 25 e il 28% dei finanziamenti grazie ad una elevata capacità amministrativa consolidata nel tempo, ad una esperienza decennale nella gestione di fondi europei e nazionali, ad un forte coordinamento tra Enti locali e Regione e a sistemi informativi avanzati per il monitoraggio della spesa.
Una forte, positiva incidenza hanno avuto anche la progettazione anticipata (molti progetti in fase progettuale erano già avanzati nel 2021–2022); le stazioni appaltanti strutturate e il personale qualificato; il coordinamento stretto con i servizi sanitari regionali.
Dati positivi anche in Piemonte che ha raggiunto una spesa effettiva stimata tra il 20 e il 25% dei finanziamenti in virtù di una importante capacità gestionale nell’ambito degli investimenti infrastrutturali; di un avanzamento significativo su progetti di ammodernamento tecnologico ospedaliero (M6C2I1.1 del PNRR), dove la spesa è più rapida; di un forte avanzamento anche sull’acquisto di macchinari e apparecchiature.
Fattori che hanno inciso sui dati positivi sono indubbiamente anche la preesistenza di stazioni appaltanti per le opere pubbliche e l’sperienza sul tema dell’efficientamento energetico e dell’adeguamento sismico da precedenti programmazioni.
Tutte al sud le regioni con le peggiori performance: innanzitutto il Molise deve la spesa effettiva è ferma all’1,6–1,7% dei finanziamenti complessivi (500-600 milioni secondo i dati in ReGiS). La spesa è ferma a 8–10 milioni a causa di una capacità amministrativa molto limitata (numero esiguo di dipendenti della Regione specializzati), di una forte frammentazione in piccoli comuni, difficili da coordinare con ritardi su tutte e tre le componenti principali: edilizia, territoriale, digitalizzazione.
Incidono pesantemente sui ritardi anche la mancanza di personale dedicato al PNRR, la scarsa esperienza con appalti complessi di questa scala, la difficoltà nel reperire imprese locali capaci di gestire progetti sofisticati e i numerosi progetti ancora fermi nella fase pre-realizzativa.
A seguire la Calabria con una spesa effettiva del 9,4% dei finanziamenti e ritardi ancora più gravi (1,2%) sulla voce “Ospedali sicuri e sostenibili”.
A fronte di finanziamenti complessivi di circa 1,8–2 miliardi, l’importo speso è di 170–190 milioni. I ritardi più gravi si registrano sulla voce “Edilizia ospedaliera e adeguamenti sismici” (M6C2I2), dove la spesa è ferma all’1,2% dei fondi.
Ritardi significativi si registrano anche sulle Case della Comunità (10–15% circa di spesa); sulla telemedicina (con 8 milioni non ancora spesi a febbraio 2025).
I fattori del ritardo sono da individuarsi nella insufficiente capacità amministrativa (storicamente bassa negli enti locali calabresi); nella difficoltà sistemica nel reperire progettisti qualificati per interventi complessi; nella perdita di personale tecnico verso altre Regioni o verso il settore privato; nell’inflazione dei costi edili nel biennio 2022–23 che ha costretto a riprogrammazioni cicliche; nei ritardi sulle autorizzazioni (ambientali, urbanistiche, sismiche).
Il 25,1% degli interventi in Calabria è in ritardo rispetto alle risorse assegnate: è il tasso più alto a livello nazionale. Su 428 Ospedali di Comunità previsti nel Piano, la Calabria ha completato pochissimi cantieri; sulla edilizia ospedaliera, i tempi di realizzazione si stanno moltiplicando per 2–3 volte rispetto alle stime iniziali.
Anche in Sardegna i dati non sono confortanti: la spesa effettiva è ferma al 6,2–7,2% dei finanziamenti (75-100 milioni sulle disponibilità complessive di 1,2–1,4 miliardi).
I ritardi sono marcati su quasi tutte le voci, con eccezione (molto parziale) di alcuni acquisti tecnologici. Si registra una difficoltà acuta sull’edilizia ospedaliera (dove la spesa è al 6,3%), a causa dell’isolamento geografico che complica la reperibilità di imprese specializzate; dell’eterogeneità amministrativa fra enti locali (comuni, province, ASL) che rende difficile il coordinamento; della carenza di stazioni appaltanti tecnicamente preparate; della difficoltà a reperire ditte costruttive di adeguato livello, costrette a fare trasferta dalla Penisola ma anche di ritardi sulle approvazioni da parte delle soprintendenze.
Grave la situazione anche in Basilicata dove la spesa effettiva media è ferma al 6,4% dei finanziamenti (1,5–1,9% però sulla voce “Ospedali sicuri”)
I finanziamenti complessivi ammontano a circa 600–700 milioni, ma la spesa è ferma a 40–45 milioni. Si registrano ritardi gravi su edilizia ospedaliera (1,9% su “Ospedali sicuri”); sulle Case della Comunità (stima 12–18%); sugli Ospedali di Comunità (pochi cantieri conclusi).
Le cause dei ritardi sono pressoché assimilabili a quelle delle altre regioni:
– Regione piccolissima (poco più di 500.000 abitanti), con conseguente carenza di economie di scala
– Capacità amministrativa concentrata e fragile
– Difficoltà nel gestire progetti di rilievo data la limitatezza del tessuto economico locale
– Carenza cronica di personale tecnico qualificato
Infine, la Campania dove la spesa effettiva è ferma al 7,8% dei finanziamenti, ma con grande disomogeneità tra le diverse voci. Se infatti sulla telemedicina la regione è al di sopra della media nazionale (48,55%) per quella Ospedali sicuri e sostenibili, è abbondantemente al di sotto (8–12%, con un ritardo marcato). Ritardi considerevoli si registrano anche per le Case della Comunità: (10–15%), Ospedali di Comunità (non quantificabile: pochissimi cantieri conclusi). Dei 2,25 miliardi complessivi a disposizione (l’11,7% del totale nazionale) la Campania ha speso 175-180 milioni.
Le cause – storiche e ataviche – sono facilmente individuabili: capacità amministrativa disomogenea; efficienza solo su progetti tecnologici e digitali (telemedicina), dove la progettazione è più snella; debolezza marcata sulle’ edilizia complessa (ospedali sicuri) e su nuovo modello territoriale (Case/Ospedali di comunità); storica conflittualità tra governo regionale e nazionale su fondi, personale, governance; carenza acuta di personale dedicato PNRR a livello di ASL.
Una pesante incidenza ha avuto anche la complessità politica e amministrativa della Regione; la difficoltà di coordinamento tra ASL (15 ASL territoriali + aziende ospedaliere) che ha reso il progetto molto frammentato; i ritardi prolungati su approvazioni di progetti ospedalieri (adeguamenti sismici, ristrutturazioni) ma anche le dispute sindacali e contrattuali su personale aggiuntivo per le strutture territoriali.
Per tutte queste ragioni la Campania rappresenta il caso dove la complessità amministrativa regionale penalizza massimamente la velocità di realizzazione delle opere.
Mancanza di integrazione Stato–Regioni: così salta ogni piano nazionale
L’assenza di una cabina di regia centrale si traduce in interventi disomogenei, tempistiche diverse e criteri spesso incompatibili tra le diverse regioni. «Per superare le differenze e le disparità territoriali serve una programmazione unificata, con regole e obiettivi condivisi», dichiara Lombardi.
Ospedali energivori e costi di gestione esorbitanti
Gli ospedali italiani assorbono oltre 1,3 miliardi di euro l’anno solo per il funzionamento energetico, secondo le più recenti stime. Interventi di ristrutturazione profonda potrebbero ridurre i consumi fino al 40%, liberando risorse che oggi vengono drenate dalle inefficienze strutturali.
Tecnologia e digitalizzazione: serve una svolta decisa
Le criticità tecnologiche e digitali pesano direttamente su qualità delle cure e sicurezza. Reparti non attrezzati per la diagnostica moderna, sale operatorie obsolete e manutenzioni rimandate pongono ostacoli rilevanti. «Sanità moderna vuol dire investire in infrastrutture intelligenti e integrate», afferma ancora il presidente Lombardi.
Il nodo degli appalti: troppi livelli e norme, tempistiche incerte
Il settore sanitario sconta una eccessiva presenza di norme, varianti e frammentazione dei bandi, con autorizzazioni lente e costi non prevedibili. «Serve una semplificazione normativa e una filiera di procedure chiare e veloci», sottolinea il presidente.
«Oggi, infatti, scontiamo progetti di fattibilità e autorizzazioni che richiedono 18–24 mesi anziché i 6–9 necessari; varianti frequenti dovute a carenza di progettazione iniziale o a cambi di coordinamento; gare pubbliche frammentate e non sempre adeguate alla complessità realizzativa; scarsità di stazioni appaltanti strutturate, specialmente nel Mezzogiorno; difficoltà a reperire personale specializzato e imprese in grado di rispettare cronoprogrammi serrati»
Conclusioni
La differenza tra Regioni veloci e lente non è casuale: rispecchia il divario storico di capacità amministrativa, esperienze di gestione di fondi europei, e qualità dell’azione coordinata tra livelli di governo.
Le Regioni del Nord, e in particolare le aree metropolitane (Lombardia, Emilia-Romagna, Piemonte) e i territori con autonomia speciale, hanno strutture amministrative già solide, personale tecnico disponibile e qualificato, esperienza pluriennale di appalti complessi, coordinamento stabile tra enti.
Le Regioni del Sud (Molise, Calabria, Basilicata, Sardegna) e la Campania (nonostante la dimensione) scontano carenze storiche di capacità amministrativa, perdita di personale tecnico verso il nord, assenza di stazioni appaltanti strutturate, difficoltà di coordinamento (frammentazione di ASL, enti locali, conflitti politici).
Il rischio finale è che il PNRR, pur avendo risorse copiose e vincoli territoriali che favoriscono il Sud, non riesca a colmare il divario se non si interviene con urgenza su governance, semplificazione procedurale, e rafforzamento della capacità amministrativa regionale.
La proposta Federcepicostruzioni: un decennio di rilancio e una regia nazionale
Il presidente Antonio Lombardi rilancia la necessità di una strategia fondata su cinque pilastri:
- A) Piano Decennale di Edilizia Sanitaria: roadmap pluriennale per superare la logica emergenziale e puntare su priorità come sicurezza antisismica, efficienza energetica e nuove costruzioni;
- B) Procedure accelerate e semplificate: tempistiche dimezzate sul modello delle infrastrutture strategiche nazionali;
- C) Finanziamenti certi e continui: il PNRR da solo non basta, servono risorse statali e pianificazione regionale costante;
- D) Digitalizzazione e standard nazionali: un insieme minimo di requisiti tecnici per tutte le Regioni, per evitare disparità;
- E) Patto stabile Stato–Regioni–Imprese: una cabina di regia centrale per monitorare avanzamento, tempi e costi in modo trasparente.
«La sanità è l’anello più fragile del PNRR», aggiunge Lombardi, «il rischio di perdere risorse e opportunità è molto concreto. Questo è il tempo delle scelte coraggiose. Investire in edilizia sanitaria non significa solo costruire edifici, ma dare futuro alla sanità italiana e alla sicurezza dei cittadini. Federcepicostruzioni chiede che questa sfida diventi la vera priorità dell’agenda pubblica nazionale».
Roma / Salerno, 29 novembre 2025






