Campania laboratorio “instabile”. Il campo largo traballa: La giunta non c’è, De Luca aspetta

Fico prende tempo, tra tecnici, consiglieri scontenti e un PD che ha ancora un regista potente, l’equilibrio è più fragile di quanto dica la matematica elettorale. Il campo largo campano vince, ma non convince e non governa. O almeno non ancora. E non è solo una questione di giorni che passano senza una giunta regionale formalmente varata: è una questione di rapporti di forza, di leadership reali e di ombre lunghe che continuano a proiettarsi su Palazzo Santa Lucia.

De Luca-Fico-campo largo

di Marco Naponiello per POLITICAdeMENTE

NAPOLIRoberto Fico ha davanti a sé una maggioranza ampia, persino bulimica: dal PD ai 5 Stelle, da AVS ai Mastelliani, passando per cespugli centristi che in Campania non sono mai solo decorativi. Eppure la giunta non nasce. Perché quando una coalizione è così larga, il problema non è chi includere, ma chi scontentare per primo.

La scelta – o anche solo l’ipotesi – di puntare su assessori tecnici anziché su consiglieri eletti ha aperto una faglia profonda. I numeri garantiscono la sopravvivenza, ma la politica vive di riconoscimento. E qui il riconoscimento manca. I partiti che hanno portato voti vogliono contare, non assistere.

Ma il punto vero non è Fico. O meglio: non è solo Fico.

C’è Vincenzo De Luca, che ufficialmente è uscito di scena, ma politicamente non ha mai lasciato il campo. Governatore uscente, dominus del consenso salernitano, uomo che conosce ogni snodo amministrativo e ogni debolezza della macchina regionale. Se Fico dovesse “fare il furbo”, cioè costruire una giunta che marginalizza il PD campano o lo riduce a comparsa, la reazione non sarebbe immediata ma sarebbe chirurgica.

De Luca non ha bisogno di alzare la voce. Gli basta aspettare.

Nel frattempo, lo scenario salernitano parla chiaro: una ricandidatura di Vincenzo De Luca a sindaco di Salerno è tutt’altro che fantapolitica, anzi viene data da molti come sicura. Un ritorno che avrebbe un significato preciso: rimettere il sigillo sul fortino storico, mentre a Napoli e in Regione si consumano equilibri incerti. E poi c’è Piero De Luca, che non è solo “il figlio di”, ma il segretario regionale del PD, cioè il custode formale del partito più votato della coalizione.

Qui la metafora della golden power non è fuori luogo: il PD campano, anche quando sembra silente, ha il bastone del comando. Può non usarlo, ma sa di averlo. E questo rende l’operazione di Fico delicatissima: governare senza irritare chi, formalmente o informalmente, può rallentare ogni ingranaggio.

Il problema si allarga se si guarda oltre la Campania. Perché un eventuale fallimento del campo largo qui – e forse anche in Puglia – non sarebbe un incidente locale, ma un colpo diretto all’esperimento nazionale. Se le coalizioni larghe si dimostrano incapaci di governare in modo strutturale, se passano le giornate a litigare su deleghe e bandierine, il progetto del 2027 rischia di implodere prima ancora di presentarsi agli elettori.

E poi c’è il tema che nessuno vuole affrontare fino in fondo, ma che incombe come un macigno: il reddito regionale. Una versione territoriale del reddito di cittadinanza, evocata più volte come risposta sociale alle fragilità campane. Ma la domanda è brutale e semplice: con quali soldi?

La Regione Campania non ha margini illimitati, i fondi europei sono vincolati, la spesa corrente è sotto osservazione. Senza una giunta politicamente forte e tecnicamente coesa, il rischio è trasformare una promessa sociale in un boomerang finanziario.

Il campo largo, insomma, non è solo una somma di sigle. È un esercizio quotidiano di equilibrio. E in Campania questo equilibrio è più instabile che altrove, perché qui il passato non passa mai davvero, e chi pensa di governare ignorandolo finisce spesso per esserne travolto.

Napoli, 28 dicembre 2025

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