Scempio Ambientale all'Embrice di Eboli

Dopo le colonne di Sant’Andrea con il Belvedere dell’Embrice, un altro sfregio alla nostra cultura e alla nostra storia

Per volontà dell’On. Abdon Alinovi, diamo ampia diffusione a questa appassionata lettera indirizzata agli ebolitani, inviata e già pubblicata dal “Saggio, senza aggiungere nessun commentoLe scritte sulla colata di cemento incriminata Sono sbalordito ed indignato. Quella fontana (non fontanella) era un gioiello rappresentativo della civiltà montana-pastorale dell’antica Eboli. Non da decine di anni, ma da secoli gli ebolitani sono andati lì a bere, a
fare merenda o, come si è detto dopo, il pic-nic. Le costruzioni, il cemento su quel pianoro, che è stato accogliente per gli ebolitani e per i fuggiaschi d’ogni parte durante la guerra guerreggiata sui nostri territori,
costituiscono una violenza barbarica contro la civiltà e la storia, privano le giovani generazioni di un patrimonio inalienabile di benessere e di un rapporto stupendo tra uomo e natura. Sopra quel pianoro, insieme alla fontana c’erano querce secolari: Ci sono? La lotta per cancellare lo scempio non deve essere rinviata. Ora, subito occorre mettere su un Comitato cittadino, preparare una memoria sulmisfatto, denunciare gl’interessi meschini che hanno generato lo scempio, investire tutte le istituzioni regionali, statali, provinciali e comunali, non escludere azioni legali, convocare giovani e anziani per un corteo di
protesta da reiterare ad ogni risposta negativa o elusiva. La difesa della collina e della montagna, la loro valorizzazione paesistica e civile avrebbe dovuto, deve essere una priorità di tutti gli ebolitani dotati di amore per la propria terra e per la propria cultura. Bisogna correggere una sciagurata tendenza a costruire miserabili “villette”per qualche mezza giornata all’anno, nei siti dolci e delicati del territorio. C’è ancora la fontanella di Monte Suevo che ricorda la dominazione normanna-sveva di 800-900 anni or sono? Vicino vi era una piccola cappella dei Sivolella. C’è ancora? Distruggere fontane, chiesette, casolari è segno
di barbarie. Che cosa sarebbe Roma senza le fontane, senza le memorie di civiltà naturale e materiale dei secoli passati? In Inghilterra le querce sono proprietà della Corona, anche se situate in proprietà private ed i
proprietari hanno l’obbligo di curarle, solo i fulmini possono abbatterle. Da noi chi ha il potere dei fulmini?
Uno stupido bombardamento distrusse la basilichetta romanica di San Giovanni, che sarebbe stata restaurata, una testimonianza d’arte di prima del 1000.Che cosa aspettate, ebolitani del XXI secolo? Muovetevi, muovetevi. La democrazia è forte se i cittadini si appropriano dei pubblici beni e li difendono, li custodiscono, li curano, ne godono, li trasmettono. Ero bambino quando fu abbattuto il campanile di San Rocco, con una bella cupola maiolicata. Era sopravvissuto ai terremoti, non resistè sotto i picconi dell’ignoranza e del fascismo. Ma allora nessuno poteva opporsi. Ora c’è la democrazia. Siete in tempo. Consideratemi un ebolitano a disposizione della giusta causa della civiltà comune.
Abdon Alinovi

6 commenti su “Scempio Ambientale all'Embrice di Eboli”

  1. Spero vivamente che l’Amministrazione possa ripensarci ed evitare quella bruttura. Certo che il Sindaco se la poteva pure evitare la battutaccia sull’embrice che al momento è un “non luogo”. Allora diciamo al Sindaco: fallo diventare un luogo, intervieni, ma in maniera coerente, naturalisticamente parlando.

    Rispondi
  2. siamo governati da furbi ignoranti che purtroppo tra mille distrazioni della popolazione si trovano il potere e fanno danno emale a piu non posso.Stiamo attenti a tutto questo

    Rispondi
  3. Gentile avv. Melchionda,

    sono un cittadino che ha assistito alla riunione del Consiglio comunale del 12 u.s.. E’ stata la terza volta che l’ho fatto nell’ultimo mese per l’interesse agli argomenti trattati (modifiche allo statuto della società di servizi; regole per la nomina del difensore civico; fabbricato in zona “Ermice”).

    Ho ascoltato gli interventi dei vari consiglieri (quelli dell’opposizione,quelli dell’opposizione aggiunta e quelli di maggioranza) ed è aumentato il mio apprezzamento per il Suo spirito di servizio.
    Circa la questione “Ermice”, pare che la riunione del Consiglio comunale, così come si è svolta, non sia stata molto utile, al punto che il carattere monotematico della stessa (riveniente da apposito rinvio) è risultato un po’ canzonatorio. Infatti, dopo l’intervento dei consiglieri “obiettori”, si è permesso “al pubblico” di leggere un foglietto (scritto forse con eccessivo fervore da chi l’ha letto e non limato e/o integrato dal contributo dei tanti altri presenti cointeressati). Ha appena replicato il capo gruppo del PD semplicemente per dichiararsi offeso (avrei preferito, “preoccupato”) dal contenuto della lettera. Poi, associandosi “un poco” all’offeso, ha chiuso Lei con un sintetico invito al “pubblico” a condividere un Suo spirito di rinnovamento dei luoghi, come se il problema di tutto il “pubblico” fosse quello di gente contraria ad ogni prospettiva di miglioramenti estetici del territorio, piena di nostalgia per le cose vecchie.

    Non vi è stata possibilità di replica del “pubblico”.

    Perciò la mia gliela dico adesso,solo per l’amore che nutro per Eboli, molto sinteticamente, con spirito civico e collaborativo, conscio delle difficoltà oggettive, all’attualità, di un atto di autotutela amministrativa.

    Quel manufatto, in quel posto, è una cosa oggettivamente brutta: non ha pregio artistico, né idoneità di belvedere funzionale “al percorso dei mulini”, per cui il “ NO” all’opera non è motivato da nostalgia di vecchi luoghi o da pregiudizi per opere innovative. Quello è un luogo bello, sotto il profilo estetico e paesaggistico, solo se resta come era prima dell’intervento; bastava pulirlo per essere – come è sempre stata – “ la porta naturale dei Picentini” che dischiude, in uno scenario ameno, la vista sulle pendici del Montedoro a chi, salendo dalla strada fiancheggiata dagli antichi muri del complesso medioevale dei Cappuccini, continua o a sinistra, verso siti, più in quota, di masserie e di insediamenti abitativi, o a destra, per la via dei vecchi mulini, o si ferma nella piazzetta che gli viene incontro, aperta sotto i grandi platani, antistante la “casamatta” del serbatoio.

    Quello spazio è da secoli lo sbocco ( a nord)della città sui Picentini, attraverso la stradina medioevale, proveniente da S.Berardino, cinta lateralmente da muri di sicurezza (fin giù, ancora negli anni ’50).

    Il manufatto non può che essere abbattuto perché messo là com’è, rappresenta un vero “ sipario ” sulla quella porta.

    Il belvedere, per rispetto della funzionalità degli interventi progettati e finanziati,potrebbe essere realizzato dalla parte opposta, nello spazio a destra della stradina che porta “da Matteo ”, da cui si potrebbe godere il panorama dell’intera valle in cui si snoda il percorso dei mulini, compreso nel cosiddetto “distretto industriale” dell’insediamento urbano preromano ( mulini, estrazione di creta e fornaci).

    Se, poi,un procedimento di autotutela per il ripristino dei luoghi presentasse -come temo – insidie di ordine giuridico e finanziario e/o responsabilità patrimoniali, credo che Lei dovrebbe,comunque, fare ogni possibile sforzo affinché il Suo nome non resti legato negativamente per sempre a quell’opera, per quanto voluta solo con nobile spirito innovativo

    Azzardo una proposta (come tante altre possibili ,sicuramente da approfondire, sotto il profilo tecnico-giuridico, in sede competente) che potrebbe consentire – attraverso un motivato provvedimento di autotutela amministrativa – di utilizzare parzialmente quanto già costruito,riducendolo ad un solo muro paraterra della strada a sinistra della piazza con nuova pavimentazione di quest’ultima e di realizzare un “ terrazzo sull’antico distretto industriale” dalla parte opposta, più appropriata come sopra detto.
    Occorrerebbe una rivisitazione del progetto originario per realizzare non più il solo “belvedere sul percorso dei mulini” ma,come opera più ampia – la “Porta sui Picentini con terrazzo sull’antico distretto industriale”- per giustificare impegno di nuove risorse finanziarie,prevedendo una riduzione motivata in autotutela dei risultati dei lavori già appaltati ed il completamento del restante intervento, in tempi successivi, compatibili con la disponibilità dei finanziamenti necessari o a cura della stessa ditta appaltatrice sulla base di apposita transazione sul pregresso rapporto o previa nuova gara di appalto.

    L’opera sarebbe completata con qualche ritardo del tutto giustificato, ma , a lavori ultimati, sicuramente si potrebbe apprezzare, intatta, la “porta naturale dei Picentini” delimitata, a sinistra,dall’erta della strada con il nuovo muro paraterra sulla piazza messa a nuovo e, a destra, la torre – belvedere, affacciata sulla valle, con il vano di accoglienza sormontato dal terrazzo panoramico

    Nuccio Maiorano

    Eboli,13 febbraio 2009

    maioranocarmine@hotm ail.it

    Rispondi

Lascia un commento