In ventimila sfidano la paura e riempiono Piazza San Pietro per Papa Francesco

Solo in ventimila, tra fedeli e turisti, all’udienza di Papa Francesco, nel primo mercoledì dopo gli attentati di Parigi.

Discorso semplice e profondo di Francesco, rivolto: alla Chiesa perché rafforzi il suo ruolo; alla famiglia che riconquisti la sua funzione; all’accoglienza; alla società perchè assicuri ai bambini il diritto alla scuola e all’educazione.

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da (POLITICAdeMENTE) il blog di Massimo Del Mese

ROMA – Era da aspettarselo che non vi fosse stata una grande partecipazione all’udienza generale del primo mercoledì, dopo l’attentato di Parigi di Papa Francesco. Daltra parte lo si era già notato nella mattinata, con la metropolitana quasi vuota e i treni semivuoti. La paura evidentemente ha preso il sopravvento, eppure non ha impedito alle circa ventimila persone, tra fedeli e turisti di in una Piazza San Pietro, blindata, sorveglia e presidiata da militari, Polizia, Carabinieri e servizio d’ordine del Vatiano, di partecipare al consueto appuntamento del mercoledì con “Francesco”, come ormei confidenzialmente tutti lo chiamano.

Quando Francesco è arrivato a bordo della papamobile, la piazza festosa lo ha salutato, e i tanti gruppi agitavano le varie bandierine colorate e come per il tifo da stadio ripetevano: “Francesco, Francesco“, e Francesco subito ha conquistato quella platea festante e sorridente.

Papa Francesco
Papa Francesco

Discorso semplice ma profondo, imperniato sulla Chiesa, sulla famiglia, sui giovani, e rispondendo indirettamente alle paure ma anche alle conseguenze negative che si potrebbero riversare sui migranti, specie quelli provenienti dal continente africano e di religione islamica.

«Niente porte blindate nella Chiesa – ha detto Francesco e sebbene si sia smarrimento per i tempi difficili che il mondo sta attraversando la strada della soolidarietà e dell’accoglienza, esorta a percorrere la strada opposta a quella dell’odio, della vendetta, e della chiusura, ricorrdando che la chiesa è un luogo sicuro nella quale vi è accoglienza e ci si sente, appunto, al sicuro, e ricordando soprattutto ai sacerdoti e al clero tutto di aprire quelle porte e andare incontro per accoglierli a chi è fuori specie ora che il Giubileo è vicino – davanti a noi sta la grande “porta della misericordia”: si chiama Gesù. Coraggio, apriamo le nostre porte e usciamo per andare incontro agli altri».

“La gestione dei passaggi alle frontiere è diventata cruciale. – per Bergoglio che ammonisce ancora gli operatori della chiesa e nel contempo esorta i fedeli – La “porta” deve custodire, ma non respingere, allo stesso tempo, però, la “porta” non deve essere forzata ma si deve chiedere permesso, perché l’ospitalità risplende nella libertà dell’accoglienza e si oscura nella prepotenza dell’invasione“.

La Chiesa è la portinaia della Casa di Dio, non è la padrona. – dice con tutta la sua umiltà Papa Francesco – E la Casa di Dio è un riparo, non è una prigione: accogliamo tutti quelli che bussano alla nostra porta.– ricordando la missione e il ruolo che la chiesa e gli uomini di chiesa devono svolgere, ritornando ad essere gli ultimi proprio per stare accanto agli ultimi e condividerne le loro ansie, i loro bisogni, le loro aspettative.

Papa-Francesco-211
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Un messaggio semplice rivolto appunto alla Chiesa, alla società, alle famiglie, e non poteva mancare come sempre, un pensiero per i giovani e i bambini, anche in previsione della “Giornata mondiale dei diritti dell’infanzia“, ricordando come bisogna assicurare loro i fondamentali diritti allo studio e all’educazione. Un messaggio semplice ma come al solito profondo, e sebbene non vi sia stato nessun riferimento sia alla strage di Parigi e sia al fondamentalismo islamico, proprio in quella semplicità risiede la “forza” del messaggio che arriva al Mondo specie a chi invece spera che lo scontro sia non tra civiltà e modi diversi di interpetrarla, ma scontro di religioni, mostrando appunto la forza del messaggio stesso che sta nel rafforzare il ruolo della Chiesa; riscoprire il ruolo centrale della famiglia; Puntare sull’educazione e la crescita dei giovani; aprire le porte all’accoglienza; ma usare fermezza per chi invece risponde all’accoglienza e all’amore come quel “ladro” che egli ha citato che entrando dalla finestra viola quel principio sano dell’accoglienza ed impone rubando la sua legge.

Perchè Bergoglio aggiunge – noi stessi ne siamo i custodi e i servi e quella “porta” è Cristo, che ci illumina su tutte le porte della vita, comprese quelle della nostra nascita e della nostra morte: è Lui la porta che ci fa entrare e ci fa uscire. Le famiglie cristiane facciano della loro porta un piccolo segno della presenza e della misericordia di Dio”.

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PAPA FRANCESCO
Discorso integrale all’

UDIENZA GENERALE

di Mercoledì, 18 novembre 2015

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Con questa riflessione siamo arrivati alle soglie del Giubileo, è vicino. Davanti a noi sta la  porta, ma non solo la porta santa, l’altra: la grande porta della Misericordia di Dio – e quella è una porta bella! -, che accoglie il nostro pentimento offrendo la grazia del suo perdono. La porta è generosamente aperta, ci vuole un po’ di coraggio da parte nostra per varcare la soglia. Ognuno di noi ha dentro di sé cose che pesano. Tutti siamo peccatori! Approfittiamo di questo momento che viene e varchiamo la soglia di questa misericordia di Dio che mai si stanca di perdonare, mai si stanca di aspettarci! Ci guarda, è sempre accanto a noi. Coraggio! Entriamo per questa porta!

Papa Francesco accarezza un bimbo
Papa Francesco accarezza un bimbo

Dal Sinodo dei Vescovi, che abbiamo celebrato nello scorso mese di ottobre, tutte le famiglie, e la Chiesa intera, hanno ricevuto un grande incoraggiamento a incontrarsi sulla soglia di questa porta aperta. La Chiesa è stata incoraggiata ad aprire le sue porte, per uscire con il Signore incontro ai figli e alle figlie in cammino, a volte incerti, a volte smarriti, in questi tempi difficili. Le famiglie cristiane, in particolare, sono state incoraggiate ad aprire la porta al Signore che attende di entrare, portando la sua benedizione e la sua amicizia. E se la porta della misericordia di Dio è sempre aperta, anche le porte delle nostre chiese, delle nostre comunità, delle nostre parrocchie, delle nostre istituzioni, delle nostre diocesi, devono essere aperte, perché così tutti possiamo uscire a portare questa misericordia di Dio. Il Giubileo significa la grande porta della misericordia di Dio ma anche le piccole porte delle nostre chiese aperte per lasciare entrare il Signore – o tante volte uscire il Signore – prigioniero delle nostre strutture, del nostro egoismo e di tante cose.

Il Signore non forza mai la porta: anche Lui chiede il permesso di entrare. Il Libro dell’Apocalisse dice: «Io sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me» (3,20). Ma immaginiamoci il Signore che bussa alla porta del nostro cuore! E nell’ultima grande visione di questo Libro dell’Apocalisse, così si profetizza della Città di Dio: «Le sue porte non si chiuderanno mai durante il giorno», il che significa per sempre, perché «non vi sarà più notte» (21,25). Ci sono posti nel mondo in cui non si chiudono le porte a chiave, ancora ci sono. Ma ce ne sono tanti dove le porte blindate sono diventate normali. Non dobbiamo arrenderci all’idea di dover applicare questo sistema a tutta la nostra vita, alla vita della famiglia, della città, della società. E tanto meno alla vita della Chiesa. Sarebbe terribile! Una Chiesa inospitale, così come una famiglia rinchiusa su sé stessa, mortifica il Vangelo e inaridisce il mondo. Niente porte blindate nella Chiesa, niente! Tutto aperto!

ncesco-Udienza Mercoledì
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La gestione simbolica delle “porte” – delle soglie, dei passaggi, delle frontiere – è diventata cruciale. La porta deve custodire, certo, ma non respingere. La porta non dev’essere forzata, al contrario, si chiede permesso, perché l’ospitalità risplende nella libertà dell’accoglienza, e si oscura nella prepotenza dell’invasione. La porta si apre frequentemente, per vedere se fuori c’è qualcuno che aspetta, e magari non ha il coraggio, forse neppure la forza di bussare. Quanta gente ha perso la fiducia, non ha il coraggio di bussare alla porta del nostro cuore cristiano, alle porte delle nostre chiese… E sono lì, non hanno il coraggio, gli abbiamo tolto la fiducia: per favore, che questo non accada mai. La porta dice molte cose della casa, e anche della Chiesa. La gestione della porta richiede attento discernimento e, al tempo stesso, deve ispirare grande fiducia. Vorrei spendere una parola di gratitudine per tutti i custodi delle porte: dei nostri condomini, delle istituzioni civiche, delle stesse chiese. Spesso l’accortezza e la gentilezza della portineria sono capaci di offrire un’immagine di umanità e di accoglienza all’intera casa, già dall’ingresso. C’è da imparare da questi uomini e donne, che sono custodi dei luoghi di incontro e di accoglienza della città dell’uomo! A tutti voi custodi di tante porte, siano porte di abitazioni, siano porte delle chiese, grazie tante! Ma sempre con un sorriso, sempre mostrando l’accoglienza di quella casa, di quella chiesa, così la gente si sente felice e accolta in quel posto.

In verità, sappiamo bene che noi stessi siamo i custodi e i servi della Porta di Dio, e la porta di Dio come si chiama? Gesù! Egli ci illumina su tutte le porte della vita, comprese quelle della nostra nascita e della nostra morte. Egli stesso l’ha affermato: «Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo» (Gv 10,9). Gesù è la porta che ci fa entrare e uscire. Perché l’ovile di Dio è un riparo, non è una prigione! La casa di Dio è un riparo, non è una prigione, e la porta si chiama Gesù! E se la porta è chiusa, diciamo: “Signore, apri la porta!”. Gesù è la porta e ci fa entrare e uscire. Sono i ladri, quelli che cercano di evitare la porta: è curioso, i ladri cercano sempre di entrare da un’altra parte, dalla finestra, dal tetto ma evitano la porta, perché hanno intenzioni cattive, e si intrufolano nell’ovile per ingannare le pecore e approfittare di loro. Noi dobbiamo passare per la porta e ascoltare la voce di Gesù: se sentiamo il suo tono di voce, siamo sicuri, siamo salvi. Possiamo entrare senza timore e uscire senza pericolo. In questo bellissimo discorso di Gesù, si parla anche del guardiano, che ha il compito di aprire al buon Pastore (cfr Gv 10,2). Se il guardiano ascolta la voce del Pastore, allora apre, e fa entrare tutte le pecore che il Pastore porta, tutte, comprese quelle sperdute nei boschi, che il buon Pastore si è andato a riprendere. Le pecore non le sceglie il guardiano, non le sceglie il segretario parrocchiale o la segretaria della parrocchia; le pecore sono tutte invitate, sono scelte dal buon Pastore. Il guardiano – anche lui – obbedisce alla voce del Pastore. Ecco, potremmo ben dire che noi dobbiamo essere come quel guardiano. La Chiesa è la portinaia della casa del Signore, non è la padrona della casa del Signore.

La Santa Famiglia di Nazareth sa bene che cosa significa una porta aperta o chiusa, per chi aspetta un figlio, per chi non ha riparo, per chi deve scampare al pericolo. Le famiglie cristiane facciano della loro soglia di casa un piccolo grande segno della Porta della misericordia e dell’accoglienza di Dio. E’ proprio così che la Chiesa dovrà essere riconosciuta, in ogni angolo della terra: come la custode di un Dio che bussa, come l’accoglienza di un Dio che non ti chiude la porta in faccia, con la scusa che non sei di casa. Con questo spirito ci avviciniamo al Giubileo: ci sarà la porta santa, ma c’è la porta della grande misericordia di Dio! Ci sia anche la porta del nostro cuore per ricevere tutti il perdono di Dio e dare a nostra volta il nostro perdono, accogliendo tutti quelli che bussano alla nostra porta.

Dopodomani ricorrerà la Giornata mondiale dei diritti dell’infanzia. È un dovere di tutti proteggere i bambini e anteporre ad ogni altro criterio il loro bene, affinché non siano mai sottoposti a forme di servitù e maltrattamenti e anche a forme di sfruttamento. Auspico che la Comunità internazionale possa vigilare attentamente sulle condizioni di vita dei fanciulli, specialmente là dove sono esposti al reclutamento da parte di gruppi armati; come pure possa aiutare le famiglie a garantire ad ogni bambino e bambina il diritto alla scuola e all’educazione.

Roma, 19 novembre 2015

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