Ricercatrice italiana scopre il bruco mangiaplastica

La Berocchini, la ricercatrice italiana originaria di Piombino, ha scoperto il bruco mangia-plastica, ma ora è senza lavoro.

La ricercatrice, 49enne, Federica Berocchini ora è senza lavoro, aveva notato che la tarma della cera era ghiotta di polietilene e approfondendo la ricerca ha poi pubblicato con due suoi colleghi sulla rivista  Current Biology, lo studio che evidenzia come la struttura molecolare della cera sia uguale a quella del polietilene.

Federica Bertocchini
Federica Bertocchini

dal Corriere della Sera  POLITICAdeMENTE il blog di Massimo Del Mese

ROMA – È cosa nota la teoria secondo cui i migliori cervelli italiani all’estero trovino spazio per crescere e affermarsi a livello internazionale. Perché in Italia la ricerca non viene supportata dai fondi che meriterebbe mentre all’estero si punta sulle menti dei giovani. In realtà non è così, o quantomeno non è sempre così. E lo dimostra la storia della biologa Federica Bertocchini. La ricercatrice, 49 anni, nei mesi scorsi aveva notato che la tarma della cera in realtà era ghiotta anche di polietilene, il materiale utilizzato per buste, pellicole alimentari o tappi di bottiglia. Insomma è la principale artefice della scoperta di quello che poi è stato nominato il bruco mangia-plastica.

Bruco mangiaplastica
Bruco mangiaplastica

La biologa però, dopo una vita passata a lavorare all’estero, 20 anni tra Inghilterra, Stati Uniti e Spagna, ora è disoccupata. Senza lavoro. Il contratto all’Istituto di biomedicina di Cantabria, a Santander, come spiega il Resto del Carlino, è scaduto e ora la 49enne originaria di Piombino è alla ricerca di una nuova occupazione. Nell’intervista al quotidiano racconta come è arrivata la scoperta del bruco mangia-plastica, un lavoro «di squadra» con suo amico biochimico (Paolo Bombelli) che insieme a un collega (Chris Howe) lavora all’Università di Cambridge. I tre hanno studiato i meccanismi di degradazione della plastica (che ha una struttura molecolare simile alla cera) e hanno pubblicato il 24 aprile il loro lavoro sulla prestigiosa rivista Current Biology.

Isola di plastica nel pacifico
Isola di plastica nel pacifico

Federica Bertocchini è in attesa di un nuovo incarico, spiega anche però che, come in tutta Europa, i tagli ai fondi per le università hanno messo in difficoltà anche gli atenei iberici e quindi anche il suo contratto non è stato per il momento rinnovato. Resterà comunque in Spagna per godere del «dignitoso assegno di disoccupazione» previsto nell’attesa dell’arrivo di un nuovo incarico e intanto proseguirà i suoi studi sulla digestione del polietilene della tarma della cera.

Isola di plastica nel pacifico-1
Isola di plastica nel pacifico-1

C’è qualche speranza per la cosiddetta “Great Pacific Garbage Patch” l’isola di plastica, quella immensa massa di spazzatura che vaga nell’Oceano Pacifico: oltre 21 mila tonnellate di microplastica, in un’area di qualche milione di kmq con una concentrazione massima di oltre un milione di oggetti per kmq?

posizione_geografica_isola_di-plastica-1
posizione_geografica_isola_di-plastica-1

Quell’accumulo è noto da parecchio tempo, almeno dalla fine degli anni ’80, il monumento alla modernità e all’ipocrisia mondiale, quella che porta i vari governi dei paesi così detti più industrializzati ad ignorarla, ma diligentemente a nascondere, come si fa con l’immondizia, sotto lo zerbino, creando danni inincalcolabili. Quel bruco e lo studio della ricercatrice Federica Bertocchini, ora anche disoccupata, potrà risolvere il problema, ma speriamo che qualche Governo dopo che si sia schiarito il rossore della vergogna destini più soldi alla ricerca, contatti la Bertocchini e incoraggi tutti i nostri giovani a fare meglio, di più e non da soli.

Roma, 22 maggio 2017

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