PaP sugli esami di Avvocato: Una farsa

Esame di Avvocato 2019: L’ennesima farsa per impedire e rallentare l’accesso all’Avvocatura.

Granato: “Troppi non ammessi. Un sistema subdolo genera solo vittime: si uccide una generazione”. I Praticanti: “Chi ha fallito: il sistema universitario o il sistema di accesso alla professione forense?

Praticanti avvocati

da POLITICAdeMENTE il blog di Massimo Del Mese

SALERNO – Smettiamola di mentirci, l’esame di abilitazione alla professione forense è un mezzo per impedire l’accesso all’avvocatura di tanti aspiranti avvocati. All’indomani della comunicazione dei risultati delle prove scritte relative all’esame di abilitazione alla professione forense, la Camera del Lavoro di Potere al Popolo accoglie la richiesta di aiuto dei praticanti avvocati delle Corti d’Appello di Salerno e di Napoli, pronti a contestare il risultato del concorso e le modalità di valutazione degli elaborati. Ed è ormai chiara la necessità di aprire una riflessione concreta sulla crisi della professione.

Potere al popolo

Una percentuale di promossi così bassa (29% CdA di Salerno) mette in evidenza o il fallimento del sistema universitario oppure il fallimento del sistema di accesso alla professione forense – scrivono – Nel primo caso si dovrebbe immediatamente correre ai ripari e riformare il corso di studio in Giurisprudenza, dal momento che dopo 5 anni di studio, la redazione di una tesi di laurea e 18 mesi di praticantato, stando ai risultati della CdA di Salerno, il 71 % degli studenti non è in grado di redigere un parere e/o un atto giudiziario. Dall’altro lato, una riforma dell’esame, andrebbe a compromettere l’enorme giro d’affari che ruota intorno ad essi. Corsi di preparazione, acquisto di libri, codici commentati ecc.”.

Intanto sul mercato si consuma una vera e propria carneficina: i praticanti sono infatti lavoratori a tutti gli effetti seppur non retribuiti: “Lo sfruttamento dei praticanti avvocati è un problema strutturale che coinvolge migliaia di giovani soprattutto al sud e in Campania, dove si lavora addirittura gratis o al massimo con un rimborso spese – commenta Marzia Pirone avvocato della Camera del Lavoro di Potere al Popolo e candidata al Consiglio regionale della Campania  –  Riformare il sistema di accesso alla professione forense significa anche dare dignità e tutele a tanti giovani praticanti”.

Lo scoglio dell’esame di abilitazione – commenta Giuliano Granato candidato Presidente alle regionali in Campania per Potere al Popolo – compromette la possibilità di programmare l’idea di avere una famiglia ed una vita da adulti, considerato che mediamente si arriva a sostenere per la prima volta l’esame di stato a 27/28 anni.  I tanti non ammessi, restano relegati ad una vita da figli di famiglia, vittime di un sistema subdolo e frustrante. È così che si distrugge il futuro di intere generazioni”.

Ad aggravare la situazione, l’ultima geniale riforma del 2016 che ha previsto un nuovo inquadramento della figura del praticante avvocato, privato di quel minimo di autonomia che gli permetteva di patrocinare personalmente nei giudizi di valore moderato. Un provvedimento che ha ripercussioni anche su quei pochi studi legali seri, che garantiscono uno stipendio e le dovute tutele ai praticanti avvocati, che ogni anno si vedono privati del lavoro di validi collaboratori, costretti a sottoporsi per l’ennesima volta alla pagliacciata dell’esame di abilitazione forense.

I praticanti avvocati contestano in primo luogo l’assoluta discrezionalità nella correzione degli elaborati

 “In tutti o quasi gli esami di abilitazione post laurea relativa alle altre categorie di professionisti, ci si trova dinanzi a dei test che permettono una valutazione obiettiva delle prove, senza lasciare dubbio alcuno sul valore degli elaborati. La congruità di un test basato su una griglia di valutazione certa e per nulla discrezionale, si ripercuote inevitabilmente anche sulla percentuale di chi supera l’esame di abilitazione che molto spesso rasenta il 100% degli ammessi (si vedano i risultati di abilitazione per la categoria dei medici). È evidente – scrivono i praticanti della Corte d’Appello di Salerno – che una tale metodologia di esame, non fa che rendere privo di meritocrazia l’accesso alla professione forense svilendo l’intera categoria. D’altra parte non c’è da meravigliarsi se i risultati sono questi, dal momento che la commissione giudicante è composta in buona parte da avvocati. Ecco, un po’ come se si delegasse alla discrezionalità dei fornai di una città, la concessione delle licenze per aprire un nuovo forno. Ci chiediamo inoltre se i compiti siano davvero corretti nelle modalità predisposte dal Ministero. Osservando infatti i verbali di inizio e fine correzione, il tempo di verifica degli elaborati corrisponde in media all’incirca a 4 minuti.  Spesso non è riportato uno straccio di motivazione delle insufficienze, seppur gravi. Conseguenza di ciò è l’assurda situazione per cui, un aspirante avvocato, per ottenere la correzione del proprio elaborato è costretto a sostenere, se ne ha la possibilità, i costi di un ricorso al TAR”.

Salerno, 3 settembre 2020

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