Civica Mente: La Castelluccia il simbolo storico di Battipaglia è in rovina

#RipartiAmo da #Battipaglia per valorizzare il territorio. Per l’Associazione Civica Mente “La Castelluccia” di Battipaglia, simbolo culturale e storico cittadino è in rovina.

Il progetto, finalizzato al recupero e la tutela dei simboli del territorio, parte dalla “Castelluccia”, monumento caratterizzante della comunità battipagliese.

#ripartiamo da Battipaglia
#ripartiamo da Battipaglia

da (POLITICAdeMENTE) il blog di Massimo Del Mese

BATTIPAGLIA – La storia recente della Città di Battipaglia ha purtroppo offuscato l’identità della comunità cittadina. Per questo motivo Civica Mente si è posta l’obiettivo di sviluppare un dialogo costruttivo, funzionale a riabilitare l’immagine della città, mediante il progetto “#RipartiAmo #Battipaglia”, incentrato sul recupero, la tutela e la valorizzazione dei simboli culturali presenti sul territorio.

Simbolo per eccellenza della città è la “Castelluccia”, edificata intorno all’anno Mille. Oggi il monumento, riconosciuto Bene Culturale nel 1994, versa in uno stato di abbandono e degrado frutto della negligenza di soggetti pubblici e privati. Gli innumerevoli atti di vandalismo non hanno risparmiato neppure un affresco ottocentesco raffigurante la Vergine Maria che brandisce una scimitarra. Sorte meno decorosa è stata riservata agli altri affreschi presenti nella chiesetta interna che sono stati inconsciamente ricoperti.

Il nostro impegno ha prodotto un lavoro di ricerca, dal quale sono emerse criticità nell’ambito della tutela e della conservazione del sito, informando con una relazione dettagliata le istituzioni competenti con l’obbiettivo di restituire dignità ad un simbolo identificativo della nostra comunità, che potrebbe divenire il cardine di concreti progetti dove coniugare la cultura e le relative opportunità economiche.

PREMESSA:
L’associazione no profit Civica Mente, attiva sul territorio cittadino e promotrice di numerose attività mirate alla riscoperta e alla valorizzazione dell’identità culturale del comune di Battipaglia (SA), tra cui l’adesione all’ottava “settimana mondiale UNESCO”, intende portare all’attenzione della “Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici della provincia di Salerno” e della Regione Campania la gravosa condizione di degrado in cui versa il castello di Battipaglia, dichiarato Bene Culturale dal D.M. 25/08/1994.

Il castello si erge su uno dei colli che delimitano il confine est della città, sovrastandola. Elemento caratterizzante del paesaggio cittadino, la “Castelluccia” rappresenta il vincolo storico che lega e identifica la giovane comunità battipagliese. Ma, nonostante tale legame, è sconcertante costatare come il castello attualmente appaia in totale stato di abbandono. Infatti, nel corso degli anni il complesso ha subìto diversi cedimenti strutturali interni ed è stato oggetto di numerosi atti vandalici (come si evince dagli allegati fotografici). Il sito stesso in cui sorge il maniero versa in una condizione di forte degrado ambientale accentuato dal versamento abusivo di rifiuti che deturpa il paesaggio circostante.

A destare preoccupazione è, dunque, la totale mancanza di qualsiasi forma di tutela per quello che non è solo il simbolo dell’identità culturale della comunità battipagliese, ma un sito architettonico di valenza storica e culturale a livello nazionale.

Cenni storici:
Il castello, comunemente chiamato dai cittadini “Castelluccia”, è situato nel territorio comunale di Battipaglia, città ubicata nella piana del Sele in provincia di Salerno, su una delle colline che ne sovrastano l’area urbana. ad oggi non sono state rinvenute fonti che attestano con certezza l’anno della costruzione dell’edificio e della relativa struttura originaria, probabilmente edificata tra VIII e IX secolo d.C. Tuttavia, fonti storiche ci attestano che esso fu costruito da Guaimario IV di Salerno “Longobardorum et Salerni Princeps dunque Amalphiae et Surrenti”.

In un documento datato 4 ottobre 1080, il re normanno Roberto il Guiscardo, conte di Puglia e Calabria, citato anche nella Divina Commedia, riconosceva alla Chiesa Salernitana il possesso di numerosi beni immobili tra i quali “ecclesiae S. Mathei de Salerno(Duomo di S. Matteo di Salerno), ecclesiam S. Viti de Silere (Chiesa di San Vito al Sele), Campum longum (la località Campolongo), Lacum maiorem, Castellucia de Baptipalla”. La funzione del complesso architettonico, compreso tra i territori di Eboli e Olevano sul Tusciano, può essere individuata nella necessità di avere un punto strategico adatto a difendere e proteggere un’ampia area comprendente sia strutture private ed ecclesiastiche sia strutture economicamente produttive.Tra queste un monastero edificato dai Frati Benedettini in località “San Mattia de loco Tusciano” e il monastero di “S. Arcangelo de Tusciano” detto anche “S. Arcangelo de Battipalea apud Ebulum”, attestati in un documento databile all’anno 1053.

Nella “Historia delle famiglie di Salerno”, risalente al XVII secolo, l’autore Giovan Battista Prignani cita una famiglia denominata “Battipaglia” in qualità di proprietaria del Castello nonché delle sue pertinenze agricole durante l’anno 1110. Ciò sino alla progressiva cessione da parte della famiglia stessa, tramite l’ultimo atto datato 1213, di tutti i propri beni compreso il castello, alla Chiesa arcivescovile di Salerno la quale ne conserverà il possesso fino all’ultimo quarto del XII secolo. In seguito esso viene acquisito con la forza da Marcoaldo d’Anvellier, capitano dell’esercito di Enrico VI di Svevia, dopo la morte di quest’ultimo.

Il condottiero tedesco tenta più volte di conquistare il regno dell’allora giovane Federico II di Svevia, lasciando dietro di sé una lunga scia di sangue. Dopo la morte di Federico II egli concede, tramite l’autorizzazione di Papa Innocenzo III, la “Castelluccia” ai Frati dell’Ordine Teutonico. In seguito il monarca pone sotto la sua diretta protezione la Chiesa salernitana, confermandone il possesso dei beni e i relativi privilegi, tra cui il “Castellucium quod dicitur Batipalla”. Nel 1250 il sovrano muore e nel suo testamento esprime la volontà di restituire alla Chiesa i beni sottratti ad essa. Nel 1251 l’Arcivescovo di Salerno Cesare de Alagno ottiene dal capitano e marchese Bertoldo di Hohemburg, secondo il testamento di Federico II, il riconoscimento dei tributi da parte degli abitanti dell’area connessa al castello di Battipaglia in qualità di vassalli della Chiesa. In cambio è versato al marchese un risarcimento di cinquanta once d’oro per le migliorie apportate da Federico II.

Nel maggio dello stesso anno il giudice di Montecorvino Matteo De Simone prende possesso dell’edificio ricevendone le chiavi dall’Arcivescovado di Salerno. In seguito a questi avvenimenti sono scarse le notizie storiche sia a proposito di Battipaglia sia della sua “Castelluccia” poiché la zona, molto paludosa, è infestata per lungo tempo dalla malaria. Nel 1502 il territorio è teatro di numerose battaglie tra Ferdinando il Cattolico e Luigi XII d’Orleans durante le quali sono distrutti i monasteri di S. Mattia e S. Arcangelo, successivamente ricostruiti. Nel 1612 la “Castelluccia” entra a far parte del patrimonio della famiglia Doria di Genova che acquista il feudo di Angri. Successivamente, nel 1638, il castello passa insieme ad altri possedimenti a Giulio Pignatelli, marchese di Cerchiara e Principe di Noja. L’ultima erede della famiglia, Donna Emilia Pignatelli, sposò Ferdinando Ferrara di Olevano decretando la fusione dei due casati, come è provato dallo stemma tuttora visibile sul castello.

In seguito si sono susseguiti vari restauri, il più significativo dei quali risale al 1920 ad opera dell’Architetto Farinelli che ne ha modificato quasi del tutto l’aspetto originario. Tuttavia, si possono ancora notare alcuni tratti delle mura originali poggianti direttamente sulla roccia della collina e, all’interno della chiesetta del castello, un pregevole affresco del quale purtroppo non è riconoscibile il soggetto a causa del cattivo stato di conservazione. Il castello attualmente è in possesso della famiglia Santese di Battipaglia che ne detiene la proprietà da almeno un ventennio, periodo caratterizzato dall’abbandono completo del sito che ha portato a numerosi cedimenti strutturali, in particolar modo al crollo dei solai interni a cui si sono aggiunti continui attacchi vandalici che ne hanno compromesso l’integrità sia interna che esterna. Tra mito e leggenda: La Leggenda degli amanti della Castelluccia

Una leggenda narra che diversi secoli fa un nobile svevo fosse residente nella Castelluccia, come manutentore per conto della Curia Salernitana, a capo di una guarnigione di armati a protezione dell’area. Egli aveva preso in moglie una bellissima donna, anch’essa di nobile casata, che spesso rimaneva sola tra le fredde mura del maniero.

La nobildonna aveva una predilezione particolare per i cavalli la cui cura era affidata ad un giovane di bell’aspetto, dai lineamenti che lasciavano intendere che avesse discendenze normanne. La gentilezza e le attenzioni della bella castellana fecero breccia nel cuore del giovane che se ne innamorò perdutamente. Ben presto la donna si accorse del sentimento d’amore che il ragazzo nutriva nei suoi confronti. Poche lune trascorsero prima che il fuoco della passione li travolgesse, risucchiandoli in un vortice di lussuria e peccato.

Gli amanti scelsero come alcova d’amore le scuderie del castello e per lungo tempo i due si amarono, finché un giorno una cortigiana, fedelissima al suo signore, di ritorno dalla fiera del borgo udì alcuni gemiti provenire dai locali. Incuriosita entrò con fare circospetto nelle stalle, dove scoprì i due giovani amanti. Quando il signore rientrò tra le mura del castello la fedele cortigiana riferì l’accaduto senza tralasciare alcun particolare. Il nobile gonfio d’ira, fece chiamare la fedifraga consorte e lo stalliere, nulla venne preso in considerazione e vane furono le motivazioni addotte dagli amanti.

Il signore brandendo una lama, infierì più volte sul corpo del giovane malcapitato e tutto questo avvenne sotto gli occhi grondanti di lacrime della giovane innamorata che inerme assistette al massacro del suo amato. Per giorni la donna si rinchiuse nelle sue stanze, ormai non c’erano più lacrime che potessero scendere dai suoi occhi, la disperazione e il dolore presero il sopravvento a tal punto che ella, scelto un albero del giardino interno del castello decise di impiccarsi. Cinta la corda attorno al suo candido collo, si abbandonò alla morte sognando il momento in cui si sarebbe ricongiunta al suo amato.

Da allora ogni donna del borgo colpevole di adulterio, evitava di alzare gli occhi verso la Castelluccia nel timore di incrociare lo sguardo dello spirito della triste giovane affacciata alla loggia del maniero.

Dati
Soggetto: Sacro
Titolo: Attualmente sconosciuto.
Autore/ autori: Ignoto
Data: La datazione presunta dell’opera si attesta intorno al XIX sec.

Tipo: Dipinto
Materiali e tecniche: Affresco
Il supporto è: Muro

Caratteristiche formali
La linea: Descrive il contorno e segna il confine. E’ fluida e morbida e sono prevalenti linee curve.
La superficie: Ruvida
Il volume: Volumi tondeggianti, ottenuti contrapponendo zone più chiare a zone più scure.
La luce: Naturale
Colore: Sono prevalenti colori caldi.
Lo spazio: misurabile, chiuso.
Il movimento: L’opera presenta effetti di movimento ottenuti mediante un gioco di linee.
La composizione: Si tratta di una composizione simmetrica. Lo schema compositivo è accentrato e piramidale.

Descrizione dell’opera
L’affresco rappresenta il tradizionale tema della Madonna col Bambino, che è tra i più antichi dell’arte cristiana e codificato nel medioevo in area bizantina. La Madonna è in piedi al centro del dipinto, con la mano sinistra regge il Bambino e con la destra tiene stretta una spada che solleva come per colpire qualcosa o qualcuno. Sia la Madonna sia il Bambino presentano la testa circondata da un’aureola dorata ed indossano lunghi abiti che ricadono sulle loro figure con onde armoniose. Ai due lati sono presenti altre due figure che potrebbero essere angeli o santi e questo lo si può dedurre dal fatto che anch’essi presentano il capo circondato dalle aureole.

Purtroppo è difficile poter eseguire un’analisi più precisa dell’opera, giacché quasi l’intera superficie è stata corrosa dal tempo e danneggiata dai vandali.

L’opera si trova sulla facciata di una piccola chiesa all’interno delle mura della Castelluccia. Più precisamente essa si trova all’interno di un’arcata al di sopra della porta di ingresso ed è esposta alle intemperie. E’ però interessante sottolineare che una stampa che ritrae l’affresco in migliori condizioni è conservata nelle stanze della sede del Comune di Battipaglia, nella sala di rappresentanza del sindaco.

Il Lotto:
Il Castello è situato in Via Roberto il Guiscardo a Battipaglia (Sa) su una collina a 138m sul livello del mare ,coordinate GPS 40.617617” N, 14.991284” E ,e si estende per una superficie di circa 3200 m² .

La struttura:
La struttura del castello non è più quella originaria, poiché esso ha subito nel corso dei secoli diversi restauri di cui l’ultimo ad opera dell’architetto Farinelli nel 1920 sotto commissione della famiglia Pignatelli. Tuttavia sono ancora ben visibili le mura originali del VII sec. e una torre risalente al XIII sec. ancora perfettamente conservata. La facciata esterna del castello è arricchita da tre torri quadrangolari merlettate costruite in mattoncini di epoca più recente.
Al suo interno, il maniero, presenta un ampio giardino, una chiesetta, una veranda, cucine, un locale adibito a dispensa per le vivande, un frantoio e diverse altre stanze e locali tra i quali un bagno in cui è ancora possibile osservare una vecchia caldaia per l’acqua calda e i resti di un balconcino in mattoni.

Connessa alla struttura del castello vi è anche una grotta probabilmente utilizzata come riparo per il bestiame e che un tempo era collegata al complesso tramite mura interne. Davvero suggestivi sono anche i locali del piano terra caratterizzati da magnifiche volte a crociera ricavate nella nuda pietra probabilmente, risalenti all’anno Mille, utilizzati un tempo come cantine.

Inoltre, in base a ciò che si può osservare nelle poche aree ancora raggiungibili senza troppi rischi, sono visibili due forni a legna, cinque caminetti un tempo rivestiti interamente di marmo, diverse scale interne in pietra, due macine, gli stipiti delle porte in granito dei quali qualcuno ancora in parte conservato e un sistema di montacarichi per il trasporto delle vivande da un piano all’altro.

Molto caratteristici sono anche i finestroni dai quali si gode di un bellissimo panorama che che abbraccia una linea ideale che parte dalla baia di Trentova e giunge fino alla costiera amalfitana regalando al visitatore una vista su tutta la Piana del Sele.

Stato Attuale:
Gli anni di assoluto abbandono che hanno caratterizzato la storia recente della “Castelluccia” hanno provocato considerevoli effetti negativi su tutto il complesso lasciando campo libero a gravi atti di vandalismo. Pessima è anche la condizione dell’area circostante al maniero e la completa assenza di manutenzione, di custodia e di illuminazione hanno accelerato il processo di degrado. Nelle zone limitrofe del castello sono facilmente individuabili delle “micro discariche”, che costeggiano le mura del complesso, quasi nascoste da erbacce e sterpaglie che infestano la zona. Avvicinandoci alla struttura sono lampanti i primi segni di vandalismo, numerosi sono i murales che ricoprono le mura esterne. Inoltre, è riscontrabile il crollo doloso di una parte del muro di cinta che costeggia il giardino interno ed espone la struttura a continui danni che colpiscono anche gli interni. Aberrante è anche la presenza di un’ antenna che svetta sulla sommità della torre antica risalente al XIII sec.

Addentrandoci all’interno della Castelluccia si nota anche qui la costante presenza di graffiti che deturpano le parete di tutti i locali. Inoltre sono visibili gli effetti dei numerosi incendi dolosi che la struttura ha subito nel corso degli anni: tali roghi hanno provocato il cedimento della maggior parte dei solai dei piani superiori che si reggevano su grandi travi di legno, rendendoli inaccessibili. L’intero pavimento è disseminato di cumuli di macerie, rifiuti di vario genere ed erbacce configurando un quadro generale estremamente desolante.

La furia dei vandali non ha risparmiato neppure gli arredi interni come, ad esempio, alcuni camini che sono stati distrutti e di cui almeno uno sembra essere stato asportato interamente. Risultano nel medesimo stato di degrado anche i locali delle cucine di cui sono stati divelti i rivestimenti delle pareti in ceramica.
Il giardino interno, che un tempo costituiva uno degli elementi tipici del castello, si presenta in una condizione di assoluta assenza di qualsiasi tipo di manutenzione. Ad aggravare ulteriormente la situazione è lo stato in cui versa la chiesetta interna, in particolar modo colpisce lo stato di degrado dell’unico affresco ancora visibile sul frontone d’ingresso. All’interno della chiesa sono visibili ancora le nicchie che un tempo ospitavano alcuni affreschi datati intorno al XIX sec. Questi ultimi purtroppo sono stati ricoperti in modo scellerato con dell’intonaco per essere sostituiti da nuovi affreschi di dubbio gusto risalenti agli anni ‘80 del Novecento rimasti incompleti. Il complesso del castello e le sue pertinenze, completamente privi di tutela, hanno dovuto così subire nel corso degli anni non solo gli effetti degli agenti atmosferici, ma anche le deturpazioni da parte di vandali che hanno avuto libero accesso alle strutture abbandonate.

Premesse giuridiche
In base all’articolo 9 della Costituzione della Repubblica Italiana, la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica, tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. I componenti dell’Assemblea Costituente inserirono tra i principi fondamentali il principio della tutela e della valorizzazione del patrimonio culturale con l’obiettivo di preservare la memoria della comunità nazionale e del suo territorio, promuovendo lo sviluppo della cultura.
Le responsabilità di tali principi ricadono su soggetti pubblici nazionali, regionali e locali e ai soggetti privati tenuti, secondo l’articolo 1 comma 5 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, ad assicurare la conservazione e la pubblica fruizione del patrimonio culturale, in qualità di proprietari, possessori o detentori di un bene. L’articolo 2 comma 2 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio definisce patrimonio culturale le cose mobili ed immobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico e le altre cose individuate dalla legge o in base alla legge quali testimonianze aventi valore di civiltà.

Nel caso particolare della struttura denominata “il Castelluccio”, ai sensi del Decreto Ministeriale del 25 Agosto 1994, il soggetto privato possessore del bene e l’amministrazione pubblica hanno assunto una serie di diritti e doveri sanciti dal Codice dei beni culturali e del paesaggio, documento di riferimento per gli articoli che seguiranno. La funzione della tutela è riconosciuta e descritta dall’articolo 3, secondo il quale l’attività della tutela “consiste nell’esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette, sulla base di un’adeguata attività conoscitiva, ad individuare i beni costituenti il patrimonio culturale ed a garantirne la protezione e la conservazione per fini di pubblica fruizione”. Lo Stato esplica la funzione e le relative attività di tutela del patrimonio culturale sulla base dell’articolo 118 della Costituzione, le funzioni stesse sono attribuite al Ministero per i beni e le attività culturali, di seguito denominato «Ministero», che le esercita direttamente o ne può conferire l’esercizio alle regioni, tramite forme di intesa e coordinamenti ai sensi dell’articolo 5, commi 3 e 4.

Il Decreto Ministeriale del 25 Agosto 1994 ha determinato il riconoscimento della struttura dell’interesse culturale e del relativo inserimento nell’elenco dei beni vincolati nell’area di competenza della Sovrintendenza per i beni architettonici e paesaggistici di Salerno ed Avellino, sulla base dell’articolo 13, secondo il quale “La dichiarazione accerta la sussistenza, nella cosa che ne forma oggetto, dell’interesse richiesto dall’articolo 10, comma 3 (cfr. Sono beni culturali le cose immobili e mobili appartenenti allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali, nonché ad ogni altro ente ed istituto pubblico e a persone giuridiche private senza fine di lucro, ivi compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico. Sono altresì beni culturali, quando sia intervenuta la dichiarazione prevista dall’articolo 13)”. Sulla base dell’articolo 18 al Ministero compete la vigilanza sui beni culturali e sulle aree interessate da prescrizioni di tutela indiretta, mediante forme di intesa e coordinamento con le regioni e gli enti pubblici interessati.

I soprintendenti sulla base dell’articolo 19 possono procedere in ogni tempo, con preavviso non inferiore a cinque giorni, fatti salvi i casi di estrema urgenza, ad ispezioni volte ad accertare l’esistenza e lo stato di conservazione o di custodia dei beni culturali.
Il soggetto privato detentore o possessore del bene è tenuto in ogni caso a rispettare l’articolo 20, secondo il quale “i beni culturali non possono essere distrutti, deteriorati, danneggiati o adibiti ad usi non compatibili con il loro carattere storico o artistico oppure tali da recare pregiudizio alla loro conservazione”, ed ad intervenire in situazioni di urgenza (art. 27: nel caso di assoluta urgenza possono essere effettuati gli interventi provvisori indispensabili per evitare danni al bene tutelato, purché ne sia data immediata comunicazione alla soprintendenza, alla quale sono tempestivamente inviati i progetti degli interventi definitivi per la necessaria autorizzazione).

L’articolo 29 determina la funzione e le relative attività da porre in essere per il principio della conservazione attribuita ai beni culturali, nello specifico “la conservazione del patrimonio culturale è assicurata mediante una coerente, coordinata e programmata attività di studio, prevenzione, manutenzione e restauro, per prevenzione si intende il complesso delle attività idonee a limitare le situazioni di rischio connesse al bene culturale nel suo contesto, per manutenzione si intende il complesso delle attività e degli interventi destinati al controllo delle condizioni del bene culturale e al mantenimento dell’integrità, dell’efficienza funzionale e dell’identità del bene e delle sue parti, per restauro si intende l’intervento diretto sul bene attraverso un complesso di operazioni finalizzate all’integrità materiale ed al recupero del bene medesimo, alla protezione ed alla trasmissione dei suoi valori culturali. Nel caso di beni immobili situati nelle zone dichiarate a rischio sismico in base alla normativa vigente, il restauro comprende l’intervento di miglioramento strutturale.

L’articolo 30 definisce gli obblighi conservativi, nei confronti dello “Stato, le regioni, gli altri enti pubblici territoriali nonché ogni altro ente ed istituto pubblico, i quali hanno l’obbligo di garantire la sicurezza e la conservazione dei beni culturali di loro appartenenza, per i soggetti indicati al comma 1 e le persone giuridiche private senza fine di lucro, ivi compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, fissano i beni culturali di loro appartenenza, ad eccezione degli archivi correnti, nel luogo di loro destinazione nel modo indicato dal soprintendente e i privati proprietari, possessori o detentori di beni culturali sono tenuti a garantirne la conservazione.

Gli interventi conservati possono dividersi in volontari (art.31), quando “il restauro e gli altri interventi conservativi su beni culturali ad iniziativa del proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo sono autorizzati ai sensi dell’articolo 21 e in sede di autorizzazione, il soprintendente si pronuncia, a richiesta dell’interessato, sull’ammissibilità dell’intervento ai contributi statali previsti dagli articoli 35 e 37 e certifica eventualmente il carattere necessario dell’intervento stesso sulle aree interessate da prescrizioni di tutela indiretta, mediante forme di intesa e coordinamento con le regioni e gli enti pubblici interessati.

I soprintendenti sulla base dell’articolo 19 possono procedere in ogni tempo, con preavviso non inferiore a cinque giorni, fatti salvi i casi di estrema urgenza, ad ispezioni volte ad accertare l’esistenza e lo stato di conservazione o di custodia dei beni culturali.

Il soggetto privato detentore o possessore del bene è tenuto in ogni caso a rispettare l’articolo 20, secondo il quale “i beni culturali non possono essere distrutti, deteriorati, danneggiati o adibiti ad usi non compatibili con il loro carattere storico o artistico oppure tali da recare pregiudizio alla loro conservazione”, ed ad intervenire in situazioni di urgenza (art. 27: nel caso di assoluta urgenza possono essere effettuati gli interventi provvisori indispensabili per evitare danni al bene tutelato, purché ne sia data immediata comunicazione alla soprintendenza, alla quale sono tempestivamente inviati i progetti degli interventi definitivi per la necessaria autorizzazione).

L’articolo 29 determina la funzione e le relative attività da porre in essere per il principio della conservazione attribuita ai beni culturali, nello specifico “la conservazione del patrimonio culturale è assicurata mediante una coerente, coordinata e programmata attività di studio, prevenzione, manutenzione e restauro, per prevenzione si intende il complesso delle attività idonee a limitare le situazioni di rischio connesse al bene culturale nel suo contesto, per manutenzione si intende il complesso delle attività e degli interventi destinati al controllo delle condizioni del bene culturale e al mantenimento dell’integrità, dell’efficienza funzionale e dell’identità del bene e delle sue parti, per restauro si intende l’intervento diretto sul bene attraverso un complesso di operazioni finalizzate all’integrità materiale ed al recupero del bene medesimo, alla protezione ed alla trasmissione dei suoi valori culturali. Nel caso di beni immobili situati nelle zone dichiarate a rischio sismico in base alla normativa vigente, il restauro comprende l’intervento di miglioramento strutturale.

L’articolo 30 definisce gli obblighi conservativi, nei confronti dello “Stato, le regioni, gli altri enti pubblici territoriali nonché ogni altro ente ed istituto pubblico, i quali hanno l’obbligo di garantire la sicurezza e la conservazione dei beni culturali di loro appartenenza, per i soggetti indicati al comma 1 e le persone giuridiche private senza fine di lucro, ivi compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, fissano i beni culturali di loro appartenenza, ad eccezione degli archivi correnti, nel luogo di loro destinazione nel modo indicato dal soprintendente e i privati proprietari, possessori o detentori di beni culturali sono tenuti a garantirne la conservazione.

Gli interventi conservati possono dividersi in volontari (art.31), quando “il restauro e gli altri interventi conservativi su beni culturali ad iniziativa del proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo sono autorizzati ai sensi dell’articolo 21 e in sede di autorizzazione, il soprintendente si pronuncia, a richiesta dell’interessato, sull’ammissibilità dell’intervento ai contributi statali previsti dagli articoli 35 e 37 e certifica eventualmente il carattere necessario dell’intervento stesso ai fini della concessione delle agevolazioni tributarie previste dalla legge”, e in interventi conservativi imposti (art. 32), quando “il Ministero può imporre al proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo gli interventi necessari per assicurare la conservazione dei beni culturali, ovvero provvedervi direttamente”, sulla base delle disposizioni e delle modalità contenute dall’articolo 33 all’articolo 38.

Il codice prevede un’intera sezione nell’ambito delle sanzioni amministrative (articolo 160 “il Ministero ordina al responsabile l’esecuzione a sue spese delle opere necessarie alla reintegrazione, e in caso di inottemperanza all’ordine impartito ai sensi del comma 1, il Ministero provvede all’esecuzione d’ufficio a spese dell’obbligato, al recupero delle somme relative si provvede nelle forme previste dalla normativa in materia di riscossione coattiva delle entrate patrimoniali dello Stato; quando la reintegrazione non sia possibile il responsabile è tenuto a corrispondere allo Stato una somma pari al valore della cosa perduta o alla diminuzione di valore subita dalla cosa”) e penali (articolo 169 , 170 e 172) per la violazione degli obblighi di protezione e conservazione stabiliti dalle disposizioni contenute nel Codice.

Richieste
Visti
gli articoli del codice dei Beni Culturali e del Paesaggio sopracitati,
visto
l’art. 9 della Costituzione Italiana,
visto
il DM. del 25/08/1994
Si Richiede

  • L’intervento degli organi preposti affinché facciano da mediatori con gli attuali proprietari per la ricerca di un’adeguata soluzione in risposta al problema della “Castelluccia” nell’interesse della comunità battipagliese.
  • In ottemperanza all’art. 19 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio richiediamo un’ispezione conoscitiva, ad opera della soprintendenza competente, della struttura e del lotto circostante.
  • L’applicazione dell’art. 20 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio.
  • L’applicazione dell’art. 27 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio vista l’urgenza di un intervento immediato di tutela e di restauro del complesso.
  • L’applicazione dell’ art. 32 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio che riguarda gli “interventi imposti” dal Ministero necessari per assicurare la conservazione dei beni culturali sulla base delle disposizioni e delle modalità contenute dagli art. 33 al 38.
  • Vista la condizione di degrado dell’area richiediamo un celere intervento degli organi competenti affinché sia fatta richiesta all’ente del Comune di Battipaglia di un accordo con il proprietario per il ripristino dei servizi di manutenzione, custodia e illuminazione primari totalmente assenti al momento.

Fonti Utilizzate

  • Battipaglia: frammenti del passato (Loreta Mastrovaldo/Editrice Libreria Ebla)
  • Battipaglia, dal remoto mondo degli etruschi alle superbe affermazioni di moderno e dinimico comune democratico (Luigi Gambardella/Biblioteca De Amicis – Battipaglia)
  • Il terremoto del 1857 e la fondazione della “Colonia Agricola” di Battipaglia (Antonio Cestaro/Edizioni Osanna Venosa)
  • Intorno alle origini di Battipaglia (Alfonso Menna)
  • Alla ricerca di un patrimonio nascosto, storia e beni culturali a Battipaglia dall’Eneolitico alla fondazione della Colonia Agricola (Marianna Mastrangelo/edizioni Noitrè)
  • A. DI MURO, B. VISENTIN – Attraversando la Piana. Dinamiche insediative tra il Tusciano e il Sele dagli Etruschi ai Longobardi- Ed. f.c. per la Cassa Rurale ed Artigiana di Battipaglia, dicembre 1994

Battipaglia, 18 maggio 2014

1 commento su “Civica Mente: La Castelluccia il simbolo storico di Battipaglia è in rovina”

  1. VORREI CHE LA CASTELLUCCIO DI BATTIPAGLIA DIVENISSE PROPRIETA’ DEI CITTATINI BATTIPAGLIESI . COME PARCO E DIVERTIMENTO PER GRANDI PICCOLI .CON TANTE STRUTTURE ANNESSI.

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