Fondi europei un piano Sud anti-cialtroni

Se le ferrovie al Sud si costruiscono con i fondi europei e al centro-nord con i fondi ordinari come si può recuperare il ritardo della rete ferroviaria meridionale?

Fondi europei e Fas, i fondi straordinari per lo sviluppo del Mezzogiorno, sono stati sostitutivi e non aggiuntivi ai fondi ordinari dello Stato.

NAPOLI – Si propone questo articolo di Ennio Cascetta pubblicato sul MATTINO, per via del dibattito che si è aperto, a seguito dell’espressione infelice che il ministro Giulio Tremonti ha usato per il sud e la classe politica del sud, ma anche per renderci conto se le “cialtronate” sono vere o se le cialtronate le commettono altri e perché.

Ennio Cascetta è un protagonista della vita politica e scientifica del nostro paese e più in particolare della Campania, avendo ricoperto l’incarico di Assessore ai Trasporti nell’ultima Giunta Bassolino.

Cascetta insegna alla facoltà di Ingegneria dell’Università “Federico II” di Napoli dove ha la cattedra di Teoria dei Sistemi di Trasporto. E’ docente di corsi di specializzazione presso il Massachussets Institute of Technology (MIT) di Boston, Cambridge (USA). Da studioso e ricercatore ha pubblicato numerosissimi studi in italiano e inglese, su riviste specializzate in italia e all’estero e diversi libri di testo adottati in molte Università.

Ennio Cascetta

di Ennio Cascetta

NAPOLI – Nei giorni scorsi il ministro dell’Economia Giulio Tremonti ha espresso una forte preoccupazione sulla efficacia della spesa dei fondi europei per le regioni del Mezzogiorno e sul loro limitato contributo allo sviluppo economico di questa ampia parte del Paese. Le accuse di cialtroneria agli amministratori, certamente eccessive, hanno avuto il merito di stimolare le reazioni di molteplici esponenti del mondo politico nazionale. Alcuni hanno condiviso, senza se e senza ma, il giudizio negativo del ministro, altri hanno sottolineato i limiti e i ritardi dello Stato italiano che spende peggio delle Regioni e, con il patto di stabilità, ne limita le possibilità di spesa, altri ancora hanno citato esempi di clamorosa inefficienza nella spesa dei fondi in altre aree del Paese, come i fondi dell’Expo di Milano.

Io penso che, come spesso accade, ci sono ragioni dall’una e dall’altra parte. Buoni progetti, talvolta ottimi progetti, e inaccettabili ritardi, mancanza di strategia. Ma non è questo il punto. La politica, e ancora di più chi ha la responsabilità di governo, non può limitasi alla denuncia di un problema. La politica, e soprattutto chi governa, ha il dovere di proporre soluzioni chiare ed efficaci, ancor di più se la posta in gioco è il futuro non solo del Mezzogiorno ma, come ha ribadito il Presidente Napolitano in tante occasioni, della coesione stessa del Paese.

Due proposte. È necessario fare chiarezza sulla spesa dei fondi europei e più in generale dei fondi straordinari per il Sud. Una operazione verità, forse tardiva, ma non per questo meno utile. Una analisi seria e rigorosa che individui le best practices, le cose che hanno funzionato, e le cause del successo, così come i progetti ininfluenti o, ancor peggio, mai realizzati. Un quadro chiaro dei ruoli e dei comportamenti delle amministrazioni dello Stato, delle Regioni e degli enti locali che risponda a un quesito. Si tratta di chiarire se e in che misura i fondi europei e i Fas, insomma i fondi straordinari per lo sviluppo del Mezzogiorno, siano stati sostituiti e non aggiuntivi ai fondi ordinari dello Stato.

Banalizzando:

se le ferrovie al Sud si costruiscono con i fondi europei e al centro-nord con i fondi ordinari come si può recuperare il ritardo della rete ferroviaria meridionale?

I meccanismi di concertazione territoriale sono troppo ambiziosi per le capacità medie delle amministrazioni locali?

La concertazione sociale ha funzionato?

Premialità e penalità sono state applicate e con quali effetti?

Quali sono state le ricadute occupazionali dei diversi progetti a sostegno delle aziende?

La seconda proposta riguarda la definizione di un “progetto Mezzogiorno” che miri a migliorare la quantità e la qualità della spesa dei fondi straordinari (Por, Pon, Fas) individuando con chiarezza poche priorità condivise e concentrando le risorse disponibili. Si tratta comunque di risorse ingenti 33 miliardi del Por, 11 Miliardi del Pon oltre ai 27 Miliardi dei Fas assegnati alle regioni (che mi auguro non diminuiscano ancora).

Un “progetto Mezzogiorno” che proponga meccanismi di selezione dei progetti valutando esplicitamente la capacità del progetto di creare lavoro aggiuntivo, da monitorare in seguito per evitare di finanziare le imprese e non lo sviluppo sociale. Un progetto complessivo che metta a sistema le diverse fonti di finanziamento, europee nazionali e regionali e che, almeno per una parte, possono essere definite o riprogrammate, che punti a rendere più efficace le limitate risorse disponibili per il Sud.

Mi rendo conto perfettamente della complessità del lavoro necessario: uno sforzo che deve impegnare diverse competenze dello Stato, che deve essere condiviso con le Regioni, le parti sociali, la Commissione europea, le grandi aziende di Stato come Anas e Ferrovie. Uno sforzo che richiede tempi e risorse adeguati. Ma è uno sforzo necessario, una prova di maturità della classe dirigente del Mezzogiorno e dell’intero Paese.

Uno sforzo che deve essere portato avanti alla luce della opinione pubblica, in modo bipartisan, con la individuazione delle singole responsabilità, dei singoli atteggiamenti corporativi o omissivi, delle singole inefficienze, insomma i veri cialtroni. Se il ministro Tremonti con la sua autorevolezza e con la sua delega si facesse portatore presso il governo di iniziative di questo tipo, darebbe un contributo importante non solo alla ripresa del Mezzogiorno ma, insisto, al superamento della crisi economica e sociale dell’Italia tutta.

6 commenti su “Fondi europei un piano Sud anti-cialtroni”

  1. Il problema è stabilire le priorità: se si cede all’illusione assistenzialista, senza preoccuparsi di costruire le basi economiche, strutturali per un’economia che “crei”, non che sprechi, si subirà sempre la subalternità di un Nord “operoso” e privilegiato!
    Il prolbema dei fondi, secondo me, è quello, innanzitutto, di garantire la meritocrazia dei progetti, piuttosto che la mera spartizione politica dei fondi pubblici…

    Rispondi
  2. Attenzione a dare del cialtrone al prossimo,coi risultati negativi in ogni ambito di quest’esecutivo si potrebbe rimanere scottati
    “Cialtroni alla guida delle Regioni del Sud” Tremonti: non spendono i fondi Ue
    Un attacco che cade mentre le due soluzioni di trattativa (quella che salva le Regioni «virtuose» dai tagli e quella che affida alle Regioni il compito di autodistribuirsi i tagli) sembrano cadere sotto il fuoco di fila di governatori e opposizione.
    Il problema dell´utilizzo dei fondi europei (finanziati attraverso l´Iva dagli stati membri ed erogati in cofinanziamento, cioè li prende solo la Regione in grado di finanziare e portare avanti la metà del progetto) è una vecchia diatriba. A giugno 2010, dei 43,7 miliardi a disposizione dell´Italia per le Regioni del Sud (per il periodo cominciato nel 2007 e di cui è prevista la conclusione nel 2013) era stato speso ben poco. Nella «black list» le maggiori Regioni del Sud: Campania, Calabria, Sicilia, Basilicata e Puglia strette in un meccanismo a nodo scorsoio, se entro due anni non si spendono i soldi vengono cancellati dall´Unione europea.
    La risposta tecnica a Tremonti arriva dal vice presidente del parlamento europeo Gianni Pittella (Pd) che spiega come l´attuale normativa prevede che i fondi europei debbano essere accoppiati per essere utilizzati con i fondi Fas (cioè quelli nazionali per le aree scarsamente utilizzate) e dunque lo «scippo» dei Fas alle regioni (utilizzati per cassa integrazione e altro), ha ostacolato l´utilizzo dei fondi strutturali. Anche il governatore della Puglia, Vendola, risponde con le cifre: «Vorrei chiedere al Ministro Tremonti di usare più prudenza. Basta scorrere le Tabelle del Rapporto Strategico 2009 redatto dal Dipartimento Politiche di Sviluppo del Ministero degli Affari Regionali per verificare che sul totale dei Fondi comunitari gestiti dai ministeri (PON), che ammonta a circa 11 miliardi, i ministeri interessati (Sviluppo Economico, Ricerca, Ambiente, Interni, Infrastrutture) hanno speso poco più di 732 milioni di euro, pari al 6,7 % della dotazione disponibile»

    Rispondi
  3. Tremonti si dovrebbe solo dimettere. Ha dimostrato di essere contro il sud, è un leghista della peggiore specie.
    Non può rappresentare l’intero paese.

    Rispondi
  4. Un Mezzogiorno in recessione, colpito duramente dalla crisi nel settore industriale, che da otto anni consecutivi cresce meno del Centro-Nord, cosa mai avvenuta dal dopoguerra a oggi, il cui Pil del 2009 è tornato ai livelli di dieci anni fa. Un’area periferica in cui gli emigrati precari, colpiti dalla crisi, privi di tutele, a parte la CIG, iniziano a rientrare, ma già pensano a ripartire, dove il tasso di disoccupazione paradossalmente cresce di più al Nord che al Sud, dove 6 milioni 830mila persone sono a rischio povertà. Mentre serve un nuovo progetto Paese per il Sud, che parta dal rilancio delle infrastrutture, con piano di 38 miliardi di euro, per coinvolgere quale nuova “frontiera” i settori più innovativi: questa la fotografia che emerge dal Rapporto SVIMEZ sull’economia del Mezzogiorno 2010.L’Europa arranca, l’Italia è in asfissia e il Sud? Se da un lato non è più pensabile che il nord europeo ed italiano possa continuare ad erogare risorse, che sono troppo spesso bruciate nell’assistenzialismo più improduttivo, dall’altro occorre abbandonare la miope visione di una economia del nord slegata da quella del sud. E’, però, indispensabile che la criminalità organizzata smetta di essere un macigno/alibi, che nelle vaste aree meridionali dove non c’è la criminalità si esca dall’attuale torpore, che si comprenda che le infrastrutture nel sud sono utili innanzitutto per il nord. Il sud, però, deve smetterla di piangersi addosso e si rimboccarsi le maniche, in primis operando affinchè la pubblica amministrazione diventi più efficiente e trasparente.Proviamo a dividere i parametri fondamentali dell’economia in due parti: quella a copertura delle partite correnti e quella destinata allo sviluppo. Sviluppo vuol dire creare infrastrutture. Bisognerebbe, quindi, limitare il patto di stabilità all’avanzo primario. Siamo tutti concordi nel ritenere che finanziare le partite correnti con il debito equivale ad un suicidio collettivo. Individuiamo allora le infrastrutture essenziali per lo sviluppo e le risorse per realizzarle e poniamo il tutto fuori dagli indicatori. In altri termini: perché non introduciamo gli “indebitamenti di scopo”, limitatamente a quelle infrastrutture giudicate indispensabili al rilancio dell’economia? Ricordiamo, ogni tanto, che il deficit del PIL si può ridurre lavorando sul deficit stesso, ma anche sull’incremento del PIL..Chiediamoci come mai, a fronte del maggior numero di settimane lavorate tra i paesi dell’Unione, abbiamo i più bassi indici di produttività. Non sarà un’inefficienza generale del sistema? Non dipenderà magari dal fatto che abbiamo troppi livelli decisionali (comunità locali, comuni, municipi delle grandi città, province, regioni)? Soluzione proposta: federalismo. Così avremo un livello decisionale in più! Non sarebbe invece meglio eliminare le province ridistribuendo le deleghe? Non sarà magari che abbiamo delle infrastrutture malandate? Uno dei pochi settori floridi della nostra economia è quello dello ‘shipping’. Peccato che le navi italiane per portare le merci dall’Asia all’Europa debbono fare il giro dell’Africa e sbarcano ad Anversa. Risparmierebbero 10 giorni di navigazione attraversando il canale di Suez e attraccando a Gioia Tauro, ma per raggiungere i mercati occorre poi percorrere l’intasata mulattiera della A1.Un Mezzogiorno in recessione, colpito duramente dalla crisi nel settore industriale, che da otto anni consecutivi cresce meno del Centro-Nord, cosa mai avvenuta dal dopoguerra a oggi, il cui Pil del 2009 è tornato ai livelli di dieci anni fa. Un’area periferica in cui gli emigrati precari, colpiti dalla crisi, privi di tutele, a parte la cassa integrazione, iniziano a rientrare, ma già pensano a ripartire, dove il tasso di disoccupazione paradossalmente cresce di più al Nord che al Sud, dove 6 milioni e 830mila persone sono a rischio povertà.

    Rispondi

Lascia un commento