“8 marzo: il giorno che non è una festa“, per Raffaella Iannece Bonora: “Non c’è nulla da festeggiare. L’8 marzo è una commemorazione, una memoria che sanguina e brucia come una ferita aperta”.

POLITICAdeMENTE
EBOLI – «Non chiamatela festa. – scrive in una sua considerazione, che ha affidato a POLITICAdeMENTE e che condividiamo in pieno, Raffaella Iannece Bonora, giovane giornalista e animatrice culturale, riferendosi alla “Festa della Donna” e alle celebrazioni che si consumano in ogni angolo del Pianeta – Perché non c’è nulla da festeggiare. L’8 marzo è una commemorazione, una memoria che sanguina e brucia come una ferita aperta. È il ricordo di donne bruciate vive in una fabbrica, donne sfruttate, umiliate, pagate una miseria per lavorare fino allo sfinimento. È la memoria di chi ha lottato per un voto, per un salario, per il diritto di studiare, di esistere come essere umano e non come una proprietà.
Un secolo fa, le donne non potevano votare, non potevano abortire, non potevano nemmeno scegliere chi amare.
Poi abbiamo alzato la testa, abbiamo marciato, gridato, spaccato muri. – aggiunge ancora la Iannece ricordando i vari passaggi evolutivi che hanno attraversato l’universo femminile, puntualmente ignorati o minimizzati ma che non hanno portato nessun beneficio tanto che ancora oggi si registra come a parità di lavoro le donne percepiscono un salario o uno stipendio del 25% in meno rispetto agli uomini – Abbiamo ottenuto il diritto di voto, il diritto al divorzio, alla contraccezione, all’aborto, alla carriera. Ci siamo guadagnate la possibilità di essere più di un grembo, di un angelo del focolare, di una comparsa muta nel teatro della vita.
Ma è bastato? No.
Perché oggi le donne vengono ancora uccise, violentate, licenziate per una gravidanza, pagate meno di un uomo per lo stesso lavoro. – si chiede e chiede Raffaella Iannece Bonora ricordando tutte le brutte storie che giornaliermente la cronaca, quella nera, racconta – Oggi una donna deve ancora scegliere tra carriera e maternità. Oggi una donna viene giudicata per come si veste, per quanto pesa, per chi ama. Oggi le donne vengono ancora molestate, ridicolizzate, messe in silenzio.
E guai a parlare di femminismo, perché allora diventi “una femminista incattivita”, una che odia gli uomini.
Eppure il femminismo non è odio, è giustizia. – sottolinea con forza la Iannece che ribadisce con forza quale sia il vero significato – Il femminismo è guardare un uomo negli occhi senza paura, è dire “No” e non essere costretta a spiegare perché.
Il femminismo è chiedere rispetto, non privilegio.
È essere trattata come un essere umano, non come una quota rosa. – aggiunge ancora Raffaella Iannece Bonora sottolineando come lo stesso “femminismo” ha accettato si parlasse di percentuali di legge per garantire la presenza delle donne, piuttosto di pretendere una scala valutativa dei valori che ciascun individuo sia esso maschio o femmina può rappresentare – È sapere che il proprio valore non dipende da un matrimonio, da un figlio, da un lavoro perfetto.
Quanto manca alla parità? – si chiede e chiede ancora la Bonora – Manca ancora troppo. Manca la libertà di camminare di notte senza paura. Manca uno stipendio equo, una giustizia che protegga, una società che ascolti. Manca il diritto di essere arrabbiate senza essere chiamate isteriche. Manca il diritto di vivere senza chiedere permesso.
L’8 marzo è questo – dice la Iannece – : il giorno in cui ricordiamo quanto sangue è stato versato per ottenere ciò che oggi diamo per scontato. – e conclude – E quanto ancora dovremo lottare per ottenere ciò che ci spetta. Perché non è una festa, è una battaglia. E noi non abbiamo ancora finito di combattere».
È veramente parità questa? Concludiamo con questo interrogativo aperto, ringraziando Raffaella Iannece Bonora, affinché tutti possano riflettere.
Eboli, 8 marzo 2025