La conciliazione e l’arbitrato in materia di lavoro è legge

È stato definitivamente approvato dalla Camera, il 19 ottobre 2010, il disegno di legge collegato sul lavoro.

Tra i contenuti del ddl, in corso di pubblicazione nella GU, norme sulla conciliazione e l’arbitrato.

Conciliazione

ROMA – Tra i contenuti del ddl, in corso di pubblicazione nella GU, norme sulla conciliazione e l’arbitrato; In particolare, la conciliazione può (non deve, ciò significa che il lavoratore la può avviare anche con organismi di conciliazione iscritti nel Registro presso il ministero di giustizia) essere proposta tramite l’associazione sindacale a cui l’interessato aderisce; la richiesta di espletamento del tentativo di conciliazione interrompe la prescrizione e sospende, per la durata del tentativo di conciliazione e per i 20 giorni successivi alla sua conclusione, il decorso di ogni termine di decadenza.

Quanto all’arbitrato, la nuova disciplina contempla anche altre forme oltre a quello che può instaurarsi durante il tentativo di conciliazione, per es., la possibilità per il lavoratore all’atto dell’assunzione di decidere se ricorrere all’arbitrato in caso di future controversie, con esclusione del licenziamento.

A tal fine, il lavoratore sottoscrive una clausola compromissoria valida per ogni lite, escluso il licenziamento, per il quale resta obbligatorio ricorrere al giudice ordinario.

Secondo il presidente dell’A.n.p.a.r. Pecoraro, dunque, “obbligo di formazione in materia di conciliazione e arbitrato anche per i consulenti del lavoro, ma potrebbero essere chiamati, (oltre che designati dal responsabile di un organismo di conciliazione) in qualità di ausiliari del conciliatore , come CTU, periti ecc”.

1 commento su “La conciliazione e l’arbitrato in materia di lavoro è legge”

  1. La Conciliazione è una procedura di risoluzione delle controversie in cui un terzo – neutrale – aiuta le parti a gestire il dibattito ed a raggiungere un accordo, cercando di salvare il rapporto, avanzando in primis una sua proposta,e non “in punta di diritto” ma anche tramite equità.
    L’Arbitrato è definito un mezzo alternativo alla giurisdizione statale per cui le parti – in lite o in vista di una lite – si mettono d’accordo per farla decidere da arbitri (in alternativa appunto ai giudici dello Stato).Una sentenza vera e propria ma fatta da Giudici “privati”.
    Ma la differenza in che consiste? nella conciliazione si mira al raggiungimento di un accordo,mentre nell’arbitrato si ha un giudizio ben definito che porta uno dei due litiganti ad aver ragione.In quest’ultimo caso si ha il c.d.lodo che ha gli effetti (salvo impugnazione in determinati casi) della sentenza pronunciata dall’autorità giudiziaria.
    Aggiungo che l’Arbitrato è previsto dal codice di proc.civ.(artt.410 ) anche se il termine forse impropriamente è CONCILIAZIONE, La conciliazione amministrativa
    ex art. 410 c.p.c
    Causa di lavoro in Pretura
    La conciliazione amministrativa è quella che si svolge presso le Direzioni Provinciali del Lavoro che sono organi periferici del Ministero del Lavoro ubicate in ogni città capoluogo di provincia. La controversia viene trattata dalla Commissione Provinciale di Conciliazione prevista dall’art. 410 c.p.c.La ConciliazioneIl tentativo di conciliazione è: Facoltativo
    legge 15.7.66, n. 604
    che interessa aziende con più di 15 dipendenti
    Oppure: Obbligatorio
    legge 11.5.90, n. 108
    che interessa aziende con meno di 15 dipendenti.La Commissione di Conciliazione è composta da almeno un rappresentante dei lavoratori e uno dei datori di lavoro, ed è presieduta dal Direttore dell’ufficio o da un suo delegato.
    Ad esempio in certi contratti è inserita la c.d.clausola compromissoria che appunto prevede il ricorso all’arbitrato onde evitare un lungo ed oneroso contenzioso:nelle polizze contro gli infortuni è inserita questa clausola che appunto facilita, in caso di divergenze (entità dei postumi permanenti), una soluzione della pratica.
    Quindi,ripeto,se non sono stato troppo chiaro:la conciliazione,a differenza dell’arbitrato,non è un procedimento contenzioso e non conduce ad una decisione finale (come l’arbitrato),ma semplicemente ad un accordo con reciproca soddisfazione delle parti.Una controversia di lavoro rappresenta un contrasto che sorge tra un prestatore di lavoro ed un datore di lavoro in merito ad alcuni aspetti peculiari del rapporto di lavoro intercorrente tra di loro, oppure di un rapporto di lavoro che è già cessato.
    Le controversie di lavoro possono essere suddivise in: individuali, concernenti i diritti di un singolo prestatore di lavoro; plurime, che riguardano i diritti individuali di più prestatori di lavoro; e, infine, collettive, concernenti i diritti generali dei prestatori di lavoro. Il processo del lavoro
    viene disciplinato dalle norme di cui agli artt. 409 ss. c.p.c.; inapritcolare, l’art. 409 c.p.c. si preoccupa di individuare le controversie individuali soggetto al rito del lavoro, disponendo: “Si osservano le disposizioni del presente capo nelle controversie relative a : 1) i rapporti di lavoro subordinato privato, anche se non inerenti all’esercizio di una impresa; 2) rapporti di mezzadria, di colonia parziaria, di compartecipazione agraria, di affitto a coltivatore diretto, nonché rapporti derivanti da altri contratti agrari, salva la competenza delle sezioni specializzate agrarie; 3) rapporti di agenzia, di rappresentanza commerciale ed altri rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato; 4) rapporti di lavoro dei dipendenti di enti pubblici che svolgono esclusivamente o prevalentemente attività economica; 5) rapporti di lavoro dei dipendenti di enti pubblici ed altri rapporti di lavoro pubblico, semprechè non siano devoluti dalla legge ad altro giudice”.
    Tale processo consiste in un procedimento che ha ad oggetto tutte le controversie in materia di lavoro subordinato, di agenzia e rappresentanza, nonché degli altri rapporti di lavoro che comportino una prestazione di opera coordinata e continuativa, la c.d. parasubordinazione. L’arbitrato ed i suoi rischi:È qui che scatta la trappola del dl. 1167. Esso prevede infatti (art. 33, comma 9) che al momento di sottoscrivere un contratto di lavoro davanti a una delle tante commissioni locali cui è attribuito il compito di certificare se il contratto stesso definisce un’occupazione alle dipendenze oppure un lavoro autonomo (tipo collaboratore a progetto), di durata determinata oppure indeterminata e altre condizioni, il lavoratore deve compiere una scelta drastica. Deve cioè aderire, o rifiutare, un compromesso con il quale s’ impegna, nel caso sorgano future controversie di lavoro, a rinunciare al ricorso al giudice a favore di una procedura di arbitrato o di conciliazione. Dei quali, stante lo squilibrio socio-economico che sussiste tra le due parti, si può agevolmente prevedere l’ esito. Tanto che la stessa Corte costituzionale si è più volte pronunciata contro il ricorso all’arbitrato nelle controversie di lavoro.

    Stante questo dispositivo introdotto dal dl. 1167, il ricorso alla giustizia del lavoro diventerà un lusso,o un rischio, che pochi lavoratori vorranno permettersi. In ogni caso, la neo occupata o l’ ex disoccupato i quali abbiano rifiutato di firmare all’atto dell’assunzione il suddetto compromesso, e volessero correre il rischio, o permettersi il lusso, di adire al giudice del lavoro perché qualcosa non va nel loro contratto, troveranno un giudice che a loro favore, se il disegno di legge in questione diventa legge, potrà fare ben poco. Questo perché al potenziamento dell’arbitrato fa riscontro il depotenziamento del giudice. Difatti l’ art. 32 (commi 1 e 2) del disegno stesso statuisce che esso giudice, a fronte di una controversia di lavoro, deve limitarsi unicamente a stabilire se il contratto tra il datore di lavoro e il lavoratore sia stato stipulato in forma legittima o no. La nuova legge gli vieta espressamente di intervenire in merito a valutazioni tecniche, organizzative e produttive. In tal modo la possibilità per il giudice di esercitare giustizia, e per il lavoratore di ottenerla, è definitivamente mutilata. Il punto critico al riguardo è che la iniziale legittimità formale di un contratto di lavoro è solamente uno dei tanti aspetti del rapporto che esso istituisce tra il datore e il lavoratore.

    Dopo un po’, capita di scoprire che le mansioni affidate a quest’ultimo, gli orari che è tenuto a rispettare, i mezzi di produzione che deve utilizzare, le relazioni che deve intrattenere con soggetti terzi nell’espletamento del lavoro, l’organizzazione stessa di questo, configurino come totalmente dipendente un lavoro che il contratto sottoscritto definiva come autonomo; così come può accadere l’esatto contrario. Ma il lavoratore che si ritiene danneggiato non avrà più interesse ad andare dal giudice per denunciare che le condizioni di lavoro effettive sono radicalmente diverse da quelle previste dal contratto iniziale. La nuova legge vieterà infatti all’operatore di giustizia di indagare sui suddetti aspetti sostanziali del rapporto di lavoro.

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