I costosi segreti della bolletta elettrica degli italiani

Viaggio attraverso le voci nascoste del prezzo dell’elettricità, tra gli oneri anche i costi delle dismissioni delle vecchie Centrali nucleari

L’incidenza sulle incentivazioni dell’energia rinnovabile e pari a solo il 4%.

conduttori
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di Erasmo Venosi

ROMA – La guerra contro le energie rinnovabili è antica. Inizia nel 1982 con la legge 308. Una normativa che attuava il piano energetico nazionale e che sceglieva anche le energie rinnovabili, il risparmio energetico e l’uso razionale dell’energia. Guerra che continua con le leggi 9 e 10 del 1991. Gli italiani devono attendere le direttive europee per vedere crescere le rinnovabili.

Oggi l’Autorità per l’energia richiama la nostra attenzione denunciando l’esborso rilevante per finanziare le rinnovabili e il conseguente aumento delle bollette. Ma chi ci garantisce che le risorse per le rinnovabili non saranno usate per il nucleare? Intanto, però, giova a tutti conoscere quale è la vera struttura del prezzo dell’energia elettrica. E, in particolare: a quanto ammonta la vera incidenza del costo delle rinnovabili? Vediamolo in dettaglio. Il prezzo pagato dalle famiglie per 100 Kwh è di 22 euro e dalle imprese 14,8 (alnetto degli oneri). Un terzo in più della media Ue per le famiglie e un 41% per le imprese (Eurostat Pocketbooks, 2009).

traliccio
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La bolletta elettrica, oltre al prezzo di produzione della elettricità, contiene 7 voci denominate “oneri generali di sistema”, per coprire i costi delle vecchie centrali nucleari, poi c’è l’imbroglio del Cip 6 (con l’assurdo che sono soldi trasferiti ai francesi essendo il maggior fruitore, Edison, in maggioranza partecipata da Edf), e altri costi. Altre 4 voci riguardano le “componenti aggiuntive” con la oscura classificazione “Uc”. Nel 2009 il 18% dell’energia prodotta deriva da fonti rinnovabili: 14% da idroelettrico e la restante parte da eolico, fotovoltaico e biomasse.

Per rendere l’idea: se tutta l’energia prodotta la utilizzassimo per produrre un’ora di luce di una lampada, solo gli ultimi due minuti deriverebbero da eolico e fotovoltaico! E di stranezze sulla bolletta in questi anni se sono verificate molte, tra le quali il caso dei “costi incagliati” (componente A-6). In verità su tale questione fu ineccepibile il comportamento dell’Autorità, diversamente da quello del ministero dello Sviluppo.

A seguito della liberalizzazione, infatti, Enel e aziende municipalizzate dovevano recuperare costi di investimenti non più possibili in regime di mercato competitivo. La vendita delle centrali Enel non determinò alcuna perdita, ma il consumatore italiano ha continuato a pagare per 7 anni, a seguito del decreto del 26 gennaio 2000, circa 6 miliardi di euro. Altra “stranezza” i contratti di import pluriennale di Enel, la cui rendita di importazione (il costo dell’energia importata) rimane in capo ad Enel stessa.

Il prezzo dell’energia pagato dal consumatore è costituito percentualmente dalle seguenti voci: costo di produzione industriale 30%, ricarico operatori 8%, costi per punte di fabbisogno 17%, oneri di sistema 14% e aggiuntivi (al netto delle imposte è pari al 18%), servizi di rete 24% e imposte circa 8%. Tutto lo scontro sulle rinnovabili si riduce alla guerra a quel 30% del costo industriale di produzione dell’energia elettrica e alle percentuali di composizione dell’offerta.

L’incidenza sulla bolletta dell’incentivazione delle rinnovabili è pari a un miserrimo 4% per le famiglie e 6% per le imprese. Tutto questo si comprende solo ammettendo senza dichiarare che la sproporzione tra costo industriale per la produzione di energia elettrica, che incide per il 30%, e il prezzo finale per il consumatore debba servire per altri obiettivi o per coprire un prelievo fiscale indiretto.

Occorreva a Enel di partecipare al nucleare francese?
A comprare e ristrutturare i vituperati reattori a grafite in Slovacchia?
Ad aumentare l’utile annuo pur in presenza di una riduzione a poco più del 30% della quota di mercato italiano?

Per adempiere agli obblighi imposti da Bruxelles servono 40 miliardi di euro.

Le imprese italiane sono disposte a finanziare tali investimenti. L’economia del Paese e la salute dei cittadini ne trarrebbero benefici. L’Autorità farebbe un grande favore agli italiani rendendo esplicitamente pubblico un consuntivo (per gli oneri di sistema) dove andrebbero esplicitati l’ammontare, le movimentazioni dei flussi e il loro utilizzo. Esigenza vieppiù sentita dalla commistione che si è verificata in questi anni con la finanza pubblica. E non abbiamo certo dimenticato lo storno con le finanziarie 2005 e 2006 dei ricavi delle componenti A2 e Mct al bilancio dello Stato. Entrambi voci di finanziamento dell’energia nucleare inserite dal governi di centrodestra: la legge che le prevedeva, infatti, fu approvata dal precedente esecutivo Berlusconi.

08/02/2010

di Erasmo Venosi

da Terra

5 commenti su “I costosi segreti della bolletta elettrica degli italiani”

  1. MOLTO INTERESSANTE. IO HO ANNULLATO L’ADDEBITO SU CONTO CORRENTE BANCARIO, PERCHE’ DESIDERO VEDERCI CHIARO, CHE NON E’ FACILE, ANZI DIFFICILISSMO PER I PIU’ ME COMPRESO.
    PERO’ SO CHE L’ADDEBITO DEL CONSUMO PRESUNTO E’ ILLEGITTIMO, POSTO CHE TUTTI I CONTATORI OGGI SONO ELETTRONICI E LEGGIBILI A DISTANZA DAGLI ELABORATORI DELL’ENEL, QUINDI IN GRADO DI FARE L’ADDEBITO DEL CONSUMO REALE.
    STO PNSANDO DI VERIFICARE ALTRI GESTORI E LASCIARE QUESTO BARACCONE.

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  2. GRAZIE X LE INFORMAZIONI E BUONA CONTINUAZIONE, IO HO UN IMPIANTO FOTOVOLTAICO COL CONTO ENERGIA E MI PARE UNA BUONA COSA , CONTINUIAMO A LOTTARE X UNA UMANITA’ E UN PIANETA PIU’ SANI , GRAZIE ANCORA CARLO DALLA PROVINCIA DI TRENTO

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  3. CONSIGLI PRATICI E’ capitato a tutti di fare un acquisto e poi pentirsene: In questa scheda spieghiamo quando e come si puo’ esercitare il diritto di recesso o di “ripensamento”. Salvo diversi accordi contrattuali tra le parti, il diritto di recesso/ripensamento non e’ previsto per gli acquisti effettuati da aziende/professionisti con partita iva. VENDITE IN NEGOZIO O IN ALTRI LOCALI COMMERCIALI DEL VENDITORENon esiste il diritto di recesso se non a discrezione del venditore. Quindi occhio a cosa si acquista. VENDITE FUORI DAI LOCALI COMMERCIALI DEL VENDITORE(a domicilio, per strada, in alberghi, per posta, eccetera)Si puo’ recedere senza penalita’ e senza darne alcuna giustificazione, inviando al venditore una lettera raccomandata a/r entro dieci giorni lavorativi dalla data di sottoscrizione del contratto. Se il consumatore non viene informato sul diritto di recesso ha sessanta giorni per il ripensamento.Attenzione, non esiste il diritto di recesso per i contratti relativi:- alla costruzione, vendita, e locazione di beni immobili;- alla fornitura di prodotti alimentari o di uso corrente consegnati con scadenza regolare;- alle assicurazioni;- agli strumenti finanziari;- a servizi che sono gia’ in erogazione. VENDITE A DISTANZA(via internet, per telefono, eccetera)Si puo’ recedere senza penalita’ e senza darne alcuna giustificazione, inviando al venditore una lettera raccomandata a/r entro dieci giorni lavorativi dalla data di sottoscrizione del contratto. Se il consumatore non viene informato sul diritto di recesso ha novanta giorni per il ripensamento. Attenzione, non esiste il diritto di recesso per le vendite a distanza:- di strumenti finanziari;- tramite distributori automatici;- tramite telefono pubblico;- per la costruzione e acquisto di beni immobili (per i contratti di locazione a distanza esiste invece il diritto di recesso);- per la fornitura di prodotti alimentari o di uso domestico corrente consegnati con scadenza regolare;- di servizi relativi all’alloggio, ai trasporti, alla ristorazione, al tempo libero, quando e’ prevista una data o un periodo determinato per la fornitura (per esempio con prenotazione);- di servizi la cui esecuzione sia iniziata prima di 10 giorni lavorativi;- di beni e servizi il cui prezzo e’ legato al tasso di interesse e non puo’ essere controllato dal venditore;- di beni confezionati su misura o personalizzati;- di prodotti audiovisivi o software sigillati aperti dal consumatore (per esempio un DVD sigillato);- di giornali, riviste e periodici;- di servizi di scommesse e lotterie. CONTRATTI DI MULTIPROPRIETA’si puo’ recedere senza penalita’ (escluse le spese sostenute e documentate per la conclusione del contratto) e senza darne alcuna giustificazione, inviando al venditore una lettera raccomandata a/r entro dieci giorni lavorativi dalla data di sottoscrizione del contratto. Se il consumatore non viene informato sul diritto di recesso ha tre mesi per ripensarci. CONTRATTI DI LOCAZIONE (AFFITTO, ETC.) SOTTOSCRITTI A DISTANZAEsiste il diritto di recesso per i contratti di locazione conclusi a distanza, ma non per quelli eseguiti fuori dagli esercizi commerciali. Attenzione: non esiste il diritto di recesso per il contratto di locazione per posta (ad esempio tramite la consultazione di un catalogo), in quanto e’ considerato come eseguito fuori dagli esercizi commerciali. Se invece lo stesso contratto viene concluso tramite Internet o per telefono (quindi a distanza), si ha diritto al ripensamento entro 10 giorni lavorativi. Se non sono state date informazioni sul diritto di recesso, il ripensamento e’ di 60 giorni per le vendite fuori dai locali commerciali e novanta giorni per le vendite a distanza. Attenzione! Il recesso non e’ esercitabile se la locazione e’ “turistica”, ovvero riguarda un alloggio preso a scopo turistico (dall’affitto transitorio di un appartamento, bungalow, roulotte, all’alloggio in stanza di albergo o residence) poiche’ questi contratti non rientrano nella disciplina della locazione ad uso abitativo e soprattutto perche’ il codice del consumo li esclude esplicitamente dalla disciplina del recesso. Fanno eccezione i pacchetti turistici (vedi sotto) che sono disciplinati a parte e oltre all’alloggio prevedono altri servizi aggiuntivi (viaggio, escursioni, etc.).Fonte: codice del consumo, d.lgs.206/05, disciplina dei contratti a distanza, art.50 e segg.. PACCHETTI TURISTICIC’e’ il diritto di ripensamento entro 10 giorni lavorativi solo quando l’acquisto e’ avvenuto a distanza o fuori dai locali commerciali. Se non sono state date informazioni sul diritto di recesso, il ripensamento e’ di 60 giorni per le vendite fuori dai locali commerciali e novanta per le vendite a distanza.(Per approfondire clicca qui) CONTRATTI BANCARI, ASSICURATIVI, FINANZIARIPer i contratti a distanza che hanno per oggetto servizi di natura bancaria, creditizia, di pagamento, di investimento, di assicurazione e di previdenza sociale il termine di recesso e’ di 14 giorni e prima della conclusione del contratto devono essere fornite specifiche informazioni.

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  4. Ci sentiamo vessati! sudditi supini e non cittadini. La bolletta ENEL è UNA NEBULOSA, nasconde componenti che non riguardano il consumo effettivo. Cosa dobbiamo fare, emigrare?

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  5. ’Italia è il paese europeo che paga la bolletta energetica più salata, eppure nessuno sembra preoccuparsene. Invece, soprattutto per il mondo produttivo, questo rappresenta uno straordinario limite alla competitività sui mercati internazionali, un oneroso fardello da sopportare, soggetto a variazioni per nulla dipendenti dal comportamento delle singole entità imprenditoriali.Neppure la vita dei piccoli consumatori, noi utenti finali, sembra essere tanto facile; secondo l’OECD (dati da Economic Survey of the European Union, Settembre 2009) l’Italia è il paese con i prezzi dell’elettricità più alti nel vecchio continente: il costo medio di un megawatt/ora è pari a 200 euro a notevole la distanza rispetto al secondo paese più caro, l’Irlanda, dove il costo medio di un megawatt/ora è pari a poco più di 120 euro. Inoltre fa una certa impressione scoprire che in Francia un megawatt/ora ha un costo medio di 40 euro. problema della dipendenza energetica non sarà mai – prendetelo almeno per un “lungo periodo” – completamente risolto: l’Italia non possiede giacimenti petroliferi e riserve di gas naturale rilevanti, sarà quindi sempre costretta ad importare questi prodotti. Certo che, su questo problema si può lavorare, cercando di non aggravare ulteriormente la nostra posizione.E’ comunque in Italia che la ‘questione energetica’ assume maggiore rilevanza. Ancora una volta la politica sembra essere miope ed incapace di gestire questa seria emergenza nazionale. Essa dovrebbe gestirla, internamente, investendo in nuove tecnologie e avendo il coraggio di aprire il mercato anche a discapito di un indebolimento delle sue partecipate, ed esternamente, convincendo l’Europa – messa complessivamente un poco meglio – a sostituire le solite, deboli inchieste con delle serie politiche energetiche comuni.n aumento della fattura petrolifera sui 6 miliardi di euro spinge all’insù l’intera bolletta energetica – i costi cioè sostenuti per l’acquisto dall’estero di tutte le fonti – innescando una corsa al rialzo di tutti i prodotti, con rischi di forti ricadute anche sul caro-vita.n aumento della fattura petrolifera sui 6 miliardi di euro spinge all’insù l’intera bolletta energetica – i costi cioè sostenuti per l’acquisto dall’estero di tutte le fonti – innescando una corsa al rialzo di tutti i prodotti, con rischi di forti ricadute anche sul caro-vita.I primi a pagare sono stati gli automobilisti: negli ultimi giorni i prezzi di benzina e gasolio hanno preso il volo, mettendo a segno nuovi record storici.Ma il caro-petrolio pesa e peserà sempre più anche sulle bollette della luce, del gas e per effetto domino sui prezzi dei beni di largo consumo, spingendo all’insù il caro-vita che negli ultimi mesi si è già portato sui massimi dal 2001 a quota 30 miliardi di euro, attestandosi ai livelli più alti mai raggiunti.

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