La Villa Romana di Eboli: Un Tesoro Dimenticato tra incuria e abbandono

La Villa Romana risalente al I° Secolo a.C. come le Fornaci Romane, l’Acquedotto Medioevale e il percorso dei Mulini, versano nel più totale abbandono completamente seppellito da erbacce. Stessa sorte per tanti altri siti archeologici disseminati sul territorio dimenticati e abbandonati a se stessi, un e uno schiaffo alla “memoria” lunga, alla Storia e alle origini di un popolo, di una Città, ora più che mai precipitata verso un declino sociale, culturale, politico inarrestabile.

Eboli-Villa Romana I Sec a.C.

da Politicademente il blog di Massimo Del Mese

EBOLI – Chi non ha memoria del suo passato è vive superficialmente il presente non è degno di rispetto e non lo è soprattutto quando con l’oblio si libera dalle sue origini ritenendole superate e quindi non rientranti nella moda corrente, quella che brucia ogni cosa con un clic di social. Questo è quello che succede nella Città di Eboli e non di meno nel resto del Paese: Il Bel Paese. Così che, se una “vaiassa“, come dicono a Napoli o una “coatta” come dicono a Roma, convoca via Social uno di quei Party cafoni per una gara di “Rutti” acrobatici e “Scoregge” al Napalm nelle varie declinazioni accorrono in migliaia, se poi si tratta di fare un gruppo per visitare qualche sito Archeologico o esplorare un sentiero naturalistico si contano sulle mani. E va bene, si dirà questi sono i flussi naturali, certo ma le Istituzioni? Le Istituzioni devo osservare e governare anche questi flussi per evitare sovrastano e trasbordino seppellendo ogni traccia di civiltà. E per Istituzioni si intendono i vari Enti, i Comuni, le Province, le Regioni, per finire alla Nazione. E questi che fanno? Niente o quasi niente, specie quando si fanno prendere dal quotidiano e dalla superficialità fino a rincorrere queste nascenti “correnti” del vuoto e della cafoneria che niente hanno a che vedere con la tradizione e con la Storia e addirittura le sponsorizzano e favoriscono questi “fenomeni”.

Follie italiane degne di un romanzo di Franz Kafka.

Ma, per tornare a come versano i resti di quella Villa Romana, rinvenuta da un 50ntennio nel cuore della Città confine tra il popoloso Rione del Paterno e la località Fontanelle, giace un tesoro di inestimabile valore storico, ostaggio dell’incuria e dell’abbandono ma anche dalla vista e dal disinteresse di chi ci governa, appunto, da un 50ntennio.

Val la pena ricordare a qualche smemorato e a chi non sa difendere e non conosce nemmeno i vissuti di questa Città che quei resti “basali” che delineano con estrema ed inequivocabile chiarezza la perimetrazione e gli ambienti, sono la pianta di una Villa Romana di epoca costantiniana, scoperta negli anni ’70, nel corso dei lavori di uno scavo per l’edificazione di alcuni fabbricati. Questa dimora agricola, ricca di affreschi e preziosi reperti, avrebbe dovuto rappresentare una risorsa per il turismo guidato, sebbene di nicchia di questa Città, alla pari del primo insediamento umano sul Monte d’oro o le Fornaci Romane, e tanto altro per non fare un elenco lunghissimo, nonostante le denunce della stampa locale, come POLITICAdeMENTE, e qualche radio locale (RC105), la Villa e le altre ricchezze che ci ricordano le origini e i percorsi storici di questa Città sono rimasti prigionieri dell’inerzia consolidata e confermata nel corso degli anni da parte delle varie Amministrazioni e della stessa Soprintendenza. 

Eboli-Villa Romana I Sec a.C.

Come si presenta oggi? L’erba incolta ne copre in maniera invasiva la trabeazione e la parte superiore, rendendola quasi invisibile e trasformando il sito in una potenziale discarica a cielo aperto, protetta, fortunatamente, solo dalla recinzione.

A tale proposito va ricordato anche che nel lontano 1984, chi scrive, grazie ai suoi buoni, affettuosi e amicali rapporti con l’allora Soprintendente BAASS, Marina Cipriani, ma anche alla sua intraprendenza amministrativa, sottoscrisse un protocollo d’intesa con la Soprintendenza, nel quale il Comune per valorizzare quel Sito si faceva carico della realizzazione di una recinzione a protezione della villa di una serie di lavori utili al completo rinvenimento di quei resti di opere murarie, preservando, ovviamente taluni rinvenimenti in altri siti, ed inoltre la Soprintendenza cedeva una fascia di terreno lungo il sentiero delle Fontanelle, costituendo così, in uno la salvaguardia del Sito e la realizzazione di quella che ora è via Fontanelle, a servizio di quei nuovi insediamenti che nel frattempo si erano realizzati.

Da allora? Nulla. Nulla al quadrato, sia da parte delle varie Amministrazioni e sia da parte della Soprintendenza, facendoci rimpiangere la cara Cipriani.

Ed ecco che con questo articolo si vuole esplorare il paradosso di un’Italia che, pur vantando un patrimonio archeologico senza pari, non riesce a valorizzarlo, lasciando che la storia si disperda nell’oblio, del resto depositi e scantinati di musei e chiese custodiscono in malo modo degli scrigni di bellezza che farebbero la fortuna, soltanto questi “scarti”, di intere Nazioni. 

Un Tesoro nascosto in quell’area, seppellito da un mare di erbacce, che di tanto in tanto viene ripulita, ma questo è il minimo, pensando all’archiviazione di qualsiasi interesse per quel Sito. Di qui un ricordo che ci riporta all’amico caro Carmine Benincasa, critico d’arte, filosofo, teologo e traduttore italiano tra i più importanti del Paese, che ad una mia riflessione provocatoriamente rispondeva che l’Italia è tutta un Museo, e per questo noi italiani non l’apprezziamo ritenendo sia tutto normale fino a seppellirla con la quotidianità e talvolta addirittura ingombrante non potendo fare spazio al così detto “Nuovo”.

La storia della villa di Rione Paterno -Fontanelle, quindi è un monito amaro sull’efficienza amministrativa Italiana e dopo la sua scoperta è l’entusiasmo iniziale si è lasciato il posto a una stasi desolante e il risultato? È sotto gli occhi di tutti e aggiungendo al danno la beffa, bisogna sopportare che si realizzi un nuovo complesso costato circa 6 milioni di euro per i “pellegrini” del Santuario dei SS Cosma e Damiano ai piedi del Castello Colonna e a quelle mura e la torre saettiera rovinate al suolo perché, per assurdo, non si sono fondi. NON CI SONO PERCHÉ NON SI CERCANO.

L’erba alta e le erbacce hanno regolarmente invaso l’area archeologica, nascondendo la magnificenza di questa testimonianza storica e creando un degrado visivo che stona con l’importanza del luogo.

Una occasione mancata per creare un “Circuito Turistico virtuoso” in territorio ebolitano attraverso un “Sentiero” Archeologico che comprende: il Castello Colonna, le Fornaci Romane, l’acquedotto sempre di epoca romana, Lil primo insediamento ebolitano Sul Monte d’Oro e il Museo Archeologico Nazionale di Eboli e della Valle del Sele, che ospita reperti pre-romanici delle popolazioni italiche e dominio greco, aggiungendovi le chiese monumentali, come il monastero di San Pietro Alli Marmi e San Francesco, insieme alla cinta muraria medioevale le quali completano un percorso storico e artistico di grande fascino.

Creare un itinerario di questo tipo non solo preserva la memoria storica, ma genera anche un indotto economico per la città. Eboli ha un potenziale archeologico e monumentale che la rende unica, seconda solo a Paestum, e il dramma della villa costantiniana dimostra quanto sia urgente superare gli abbandoni e le lentezze istituzionali per far fiorire questo patrimonio.

Saremo ancora qui, nel corso dei prossimi anni ad ascoltare i programmi elettorali fatti di “pensatoi” e “dimenticatoi” alla ricerca di voti promettendo una cosa ma facendone poi un’altra. E saremo ancora qui a supplicare che si facciano campagne informative e comunicative per coinvolgere, almeno le Scuole, affinché si programmino percorsi educativi ed informativi con visite guidate alla scoperta delle proprie radici. Insomma qualche “festa di Piazza” in meno, qualche “ombrellone in Piazza” in meno e più attenzione alle nostre radici.

Eboli, 23 agosto 2025

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