Lavoro, dobbiamo svegliarci. Basta con i «pezzi di carta

Pubblico & Privato

La sfida della concorrenza globale non può essere vinta solo con alchimie economiche. La nostra economia ha un disperato bisogno di tecnici preparati.

La partita si vince dimenticando le abitudini consolidate.

Francesco Alberoni

di Francesco Alberoni

MILANO – L a gente ha in mente una distinzione fra lavoro manuale e lavoro intellettuale che aveva senso un tempo, quando da un lato c’ erano solo operai e contadini analfabeti, e dall’ altro intellettuali umanisti. Ma oggi che senso ha dire che un tecnico di impianti elettronici fa un lavoro manuale mentre l’ impiegato ne fa uno intellettuale? Il tecnico affronta problemi che costituiscono una vera sfida intellettuale con un sapere che ha acquisito in anni di studio e di lavoro. L’ altro spesso fa un’ attività di routine che richiede solo di adoperare in modo elementare il computer.

La nostra economia ha un disperato bisogno di tecnici preparati. E non solo nelle tradizionali professioni industriali, ma anche nelle attività di servizio: elettricista, idraulico, giardiniere, esperto di impianti di sicurezza, cuoco e pasticciere, infermiere o tecnico di infissi. Anzi, oggi servirebbe un sapere teorico-pratico anche per fare il semplice commesso: in un negozio di fiori dovrebbe conoscere fiori e piante, in uno di prodotti tessili le fibre e le manifatture, in una libreria i libri che vende e, nel campo dei computer, conoscere i diversi sistemi operativi e saper dare una vera assistenza ai clienti. Invece questi tecnici mancano, le imprese li cercano e non li trovano.

Molte famiglie e molti giovani vanno ancora all’ università per avere il «pezzo di carta» e sognano un lavoro intellettuale, magari di diventare subito scrittore, avvocato, giornalista, conduttore televisivo. E poi si trovano in diecimila a un concorso per cinque posti da vigile urbano o da impiegato statale.

E la principale causa è proprio la distinzione fra lavoro intellettuale e manuale anche nell’ insegnamento. Perché da un lato si fanno corsi universitari astratti senza rapporti con la realtà, dall’ altro corsi professionali senza sufficiente base teorica. Mentre occorre una formazione che dia un sapere elevato ma applicato ai problemi concreti. Dove impari studiando e lavorando su casi reali, sotto la guida di bravi maestri e sapendo che devi dare un risultato.

La sfida della concorrenza globale non può essere vinta solo con alchimie economiche. Dobbiamo svegliarci un po’ tutti, mettere da parte le fantasie, le abitudini consolidate, guardare in faccia la realtà come abbiamo fatto nel dopoguerra quando, in pochi anni, siamo usciti dalla miseria, come ha fatto la Cina, come sta facendo il Brasile. Ritrovare slancio vitale, ma anche rigore e determinazione.

Alberoni Francesco
dal CORRIERE DELLA SERA
del 8 novembre 2010

www.corriere.it/alberoni

2 commenti su “Lavoro, dobbiamo svegliarci. Basta con i «pezzi di carta”

  1. Classico articolo di chi non conosce affatto il mondo del lavoro e ragiona per stereotipi e luoghi comuni.
    L’Italia è ricca di risorse umane di alto profilo tecnico-professionale che si scontrano con una imprenditoria che mortifica le intelligenze e la preparazione dei giovani (e meno giovani) tecnici del nostro Paese.
    Andate, andate sui siti di annunci di lavoro, guardate la sfilza di competenze che richiedono e quanto miserabili sono i contratti e i compensi che offrono.
    Sono proprio i vergognosi contratti offerti dalle aziende che giustificano i migliaia di laureati (spesso con competenze da paura) che si buttano sui concorsi pubblici.
    Fa rabbia leggere gli articoli scritti da certi soggetti appartenenti alla generazione che ha saccheggiato il nostro Paese, che hanno rubato il futuro alle attuali generazioni, che sono andati in pensione a 50 anni, che hanno lavorato nel pubblico mandando una domanda in carta semplice, che hanno mortificato le Università riempendole di nipoti-figli-amanti-amici.
    Risparmiateci la morale, le attuali generazioni sono mille volte più preparate, più aggiornate, più acculturate, più votate al sacrificio (checchè cerchino di far credere i media) della generazione che ci ha preceduto.
    Sarà dura, ma ci toccherà risollevare il Paese che soggetti come l’autore di questo inqualificabile articolo hanno contribuito a mortificare.

    Infine Alberoni dovrebbe spiegarci, se sono così fiacche le competenze degli italiani perchè i tecnici e ricercatori italiani sono così apprezzati all’estero?

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  2. @tecnologico…condivido anche la punteggiatura, sa di ipocrita e di parolaio il pontificare di Alberoni, la colpa è proprio nel sistema gerontocratico della nostra nazione, senza prospettive o “Outlook” come si dice da tempo, ha dato vita solo a corporazioni chiuse senza razionalizzare ingressi universitarie meritocrazia,in specie tra i docenti,pro-tessera politica,o albero geneaologico.Il mercato del lavoro, alla stregua degli altri mercati di beni o servizi, è un luogo teorico dove vige il criterio della concorrenza e dell’equilibrio ottenibile grazie al sistema dei prezzi. Il massimo equilibrio possibile corrisponde alla situazione di pieno impiego.
    Tuttavia, mentre è antichissima l’origine degli altri mercati, il mercato del lavoro è tipico del capitalismo, in quanto presuppone la separazione tra la proprietà e l’utilizzo dei mezzi di produzione (v. enclosures): il lavoratore si pone sul mercato in quanto, non disponendo di propri mezzi di produzione, non ha altra alternativa per procurarsi quanto necessario al proprio sostentamento.
    Nell’economia politica neoclassica la forza lavoro è considerata una risorsa scarsa che può essere comprata e venduta come qualsiasi altra merce anonima su un libero mercato. Gli individui agiscono in quanto aspirano a massimizzare la propria utilità, ossia il reddito. La nascita e l’evoluzione di questo mercato non sono problematiche poiché gli attori economici adoperano il criterio della razionalità e sono naturalmente propensi allo scambio. L’autoregolazione del mercato garantisce l’ottimizzazione del lavoro come risorsa, ossia il suo allocamento e l’uso che se ne fa. Infine, ipotesi socialmente più rilevante, il mercato del lavoro è unitario: esiste una concorrenza anche fra i lavoratori e fra i datori di lavoro in virtù della sostituibilità rispetto al prezzo.Del resto chi ha un elevato livello di istruzione, ha il triplo delle probabilità di entrare nel mercato del lavoro rispetto a chi ha una bassa istruzione. Per le nuove assunzioni i direttori del personale preferiscono laureati in economia e diplomati in indirizzo amministrativo, ma alla fine vince la classica italica raccomandazione.

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