Ambiti territoriali minimi nella distribuzione del gas metano

Osservazioni  sugli ambiti territoriali minimi nel settore della distribuzione gas metano

Dalla spinta dei monopolisti del settore ad una riforma sbrigativa e contrastata, Lenza, a tutto campo, offre oltre che una lettura critica le  sue riflessioni attente e ponderate.

BATTIPAGLIA – Riceviamo e volentieri pubblichiamo l’intervento dell’Ingegnere Donato Lenza, che affronta in generale la questione degli ambiti distributivi del Gas-metano e più in particolare l’aspetto legislativo e normativo. Oltre al report sull’esistente Lenza offre anche una sua lettura attenta e critica.

di Donato Lenza
(Ingegnere)

In attuazione dell’art. 46-bis della Legge N° 222/2007 il Governo Berlusconi, con un’incredibile ed insolita accelerazione,  sotto la spinta dei monopolisti del settore, in  grado di  imporre le leggi ad una classe politica capace di  far tutto tranne che rappresentare gli interessi nazionali e quelli della collettività,  ha provveduto a dar compiutezza alla riforma nel settore della distribuzione del gas metano.

La suddetta riforma, di cui, nonostante le “solfe bugiarde” di tanti pseudo-Soloni prezzolati, non si avvertiva proprio la necessità,  si è attuata attraverso la pubblicazione di quattro decreti ministeriali, l’ultimo dei quali, forse il più importante, è stato firmato in tutta fretta (per la trasmissione alla G.U.) al momento in cui il Governo  Berlusconi ha rassegnato le dimissioni.

I quattro decreti che hanno sancito  il varo di questa contrastata riforma (li elenchiamo solo a beneficio di quanti non siano addetti ai lavori)  sono:

  • D.M. 19 gennaio 2011;
  • D.M. 21 aprile 2011;
    • D.M. 18 ottobre 2011;
    • D.M. 12 novembre 2011 n° 226.

Riguardo alla necessità della riforma e ai prospettati favorevoli effetti sull’efficienza del servizio e sui vantaggi che dovrebbero ricadere a favore dei consumatori seguiranno altri scritti.

In questa sede si intendono formulare alcune considerazioni preliminari che, si spera, siano lette soprattutto dalle istituzioni interessate (in primis i COMUNI).

Premettiamo che, in corso d’opera durante l’iter approvativo dei nuovi provvedimenti, numerosi e circostanziati sono stati i contributi di Autorevoli esponenti ed Istituzioni affinché “la politica” ed i “fautori artefici della riforma” procedessero a scelte più ponderate e meno dissennate, al contrario di quelle che sono state poi varate,  assunte solo a vantaggio dei pochi grandi gruppi operanti nel settore del gas metano, i cui interessi sono ben noti a quanti svolgono attività in questo campo.

Nonostante le voci di dissenso (prof. GULLI’ della Bocconi, Istituto Bruno Leoni, Arthur Little, ASSOGAS ecc.) la riforma è andata avanti senza tentennamenti e senza che quanti addetti al varo della stessa facessero la benché minima riflessione. Tutto ciò è avvenuto  anche con il “colpevole” favore dei sindacati dei lavoratori.

I risultati di questo capolavoro, purtroppo, si vedranno sul campo quando ormai sarà troppo tardi. Ma tant’è! D’altra parte è ormai risaputo che nella nostra Nazione la classe politica,  ben impegnata e tutelare i propri privilegi,  rappresenta soprattutto gli interessi delle lobby le quali sono in grado, incontrastatamente,  di imporre al Parlamento di deputati “nominati” il varo di leggi “ad usum delphini”.

In breve, con la riforma, della quale ci occuperemo compiutamente anche con altre successive pubblicazioni, è stata profondamente modificata la procedura per l’affidamento del pubblico servizio del gas e sono state dettate regole che, in dispregio del principio comunitario della concorrenza, favoriscono il monopolio, con risultati che, alla lunga, avranno riverberi negativi sul settore e, nel medio periodo , anche sull’economia.

Il servizio del metano, che riguarda circa 6500 Comuni italiani e non meno di 20 milioni di utenti su tutto il territorio nazionale, è stato da sempre nell’attribuzione dei singoli Comuni e, come sancisce il Decreto Legislativo n° 164 del 2000, è da affidare mediante gara ad evidenza pubblica per una durata non superiore a 12 anni.

In materia di affidamento del servizio quindi gli Enti locali, secondo il dettato del D.Lgs. n° 164/2000, prima della riforma, avevano ampia ed esclusiva potestà. Non c’è dubbio che nel corso degli anni, alcuni Comuni (ma non tutti, come si sostiene, strumentalmente, dai fautori della riforma), in sede di gara abbiano adottato procedure e criteri di aggiudicazione in qualche modo censurabili, avendo affidato le concessioni precipuamente sulla base dell’ammontare dell’aggio offerto, piuttosto che su prevalenti criteri di qualità e sicurezza del servizio.

Ovviamente tale comportamento è stato sicuramente un’anomalia ma sia l’Autorità di regolazione che lo stesso Legislatore, anziché adottare i necessari correttivi per le gare, come logica avrebbe suggerito, in modo da calmierare e regolare le procedure di appalto (ad es. emanando in merito  BANDI DI GARA TIPO, un ferreo REGOLAMENTO PER L’ESPLETAMENTO DELLE GARE, il CONTRATTO TIPO ecc.) non hanno trovato di meglio che espropriare il servizio di distribuzione del gas ai vari Comuni e creare i cosiddetti AMBITI TERRITORIALI MINIMI (ATEM) (esperienza peraltro già rilevatasi del tutto fallimentare nel settore idrico e forse, proprio per questo, da duplicare anche nel settore del metano).

Con il primo decreto,  il DM 19 gennaio 2011 (GU n. 74 del 31-3-2011) di cui ci si occupa in questo primo scritto, il territorio nazionale è stato diviso in 177 ambiti, nei quali, con il successivo D.M. 18.10.2011 sono stati distribuiti i vari Comuni italiani, metanizzati e non (circa 50 Comuni per ogni ambito).

Il D. M. 19.01.2011 istitutivo degli ambiti  sancisce immediatamente che dalla data della sua entrata in vigore, e cioè dal 1 aprile 2011,

  • le gare per l’affidamento delle concessioni del servizio del gas metano non sono più di competenza  del singolo Comune ma devono espletarsi solo attraverso la gara unica di ambito;
  • le gare, in itinere, per le quali, al 1 aprile 2011,  sia stato solo pubblicato il bando e per le quali non siano state ancora prodotte le offerte non possono più essere aggiudicate.

Gli effetti del decreto, traducendosi ovviamente nel blocco immediato di tutte le gare ed in particolare anche delle gare in itinere, stante la manifesta illegittimità,  è stato impugnato innanzi al TAR Lazio da alcuni “pochi illuminati” Comuni e per altri versi anche da alcune imprese  di distribuzione operanti nel settore del gas metano. Ciò ha indotto il Governo a correre immediatamente ai ripari e a rideterminarsi, tant’è che con il D.Lgs. n° 93/2011 (Cfr. art. 24 comma 4 Decreto citato) sono state fatte salve le procedure concorsuali bandite anche prima della data di entrata in vigore del D.M. 19.01.2011 e dello stesso D.Lgs. 93/2011 (cioè prima del 29 giugno 2011).

Ad ogni modo, fermo restando che in futuro su questo sito  saranno analizzati i singoli decreti e le conseguenze che da essi deriveranno al settore, si ritiene di poter sintetizzare e concludere, senza dilungarci ulteriormente, che  da questa riforma conseguiranno sicuramente effetti nefasti per i Comuni, per moltissime imprese della filiera del gas metano (cioè quelle di piccola e media dimensione) per molti lavoratori attualmente occupati nel servizio della distribuzione del gas metano ed anche per i singoli cittadini consumatori.

In primo luogo è da rimarcare che alle gare di ambito, data la rilevanza dell’oggetto dell’appalto, le risorse da mettere in campo e quant’altro,  potranno partecipare solo soggetti di grandi dimensioni, aventi notevole capacità economica (ma in fondo è ciò che, con malcelato intento, volevano sia l’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas, da sempre favorevole ad avere solo pochi Gestori in questa attività, sia le lobby dell’Energia con la complicità della Politica, sia altri soggetti anche istituzionali ecc.   …).

In sintesi la riforma sancirà la cessazione dell’attività di oltre 250 imprese rispetto alle circa 300 che attualmente gestiscono gli impianti di distribuzione del gas. Insomma gli operatori medio-piccoli, che pure sono il più sano tessuto produttivo nazionale, data la dimensione e la capacità economica richiesta in una gara di ambito, non avranno più alcuna chance non potendo partecipare alle gare di ambito, laddove invece avrebbero ben potuto continuare ad operare nei singoli Comuni, su basi più modeste ma certamente più efficienti,  assicurando anche continuità lavorativa per i propri dipendenti.

Tutto ciò in barba alle regole della concorrenza e del mercato!  E al riguardo viene da chiedersi: dov’è stata l’Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato durante il varo della riforma? Non ha speso una sola parola in merito e quindi è da ritenere che ne condivida l’impianto.

La riforma comporterà quindi  altra disoccupazione perché con la cessazione dell’attività delle imprese di piccole e medie dimensioni, attualmente attive e disseminate sui molti impianti dell’intero territorio nazionale, assisteremo ad altre fuoriuscite dal mondo del lavoro, perché il D.M. 21 aprile 2011 (secondo decreto con il quale si è attuata la riforma) non garantirà  gli effetti occupazionali promessi. Il suddetto decreto con il quale,  con il colpevole “favor” dei Sindacati dei lavoratori, si è voluto demagogicamente imporre l’obbligo di assunzione, da parte del nuovo Gestore di Ambito,  dei lavoratori alle dipendenze delle ditte uscenti dalle gestioni dei Comuni appartenenti all’Ambito stesso, è una falsa prospettazione della soluzione occupazionale e, prossimamente, si avrà modo di chiarire anche questo aspetto.

In una fase di grave recessione, qual è quella attuale, il varo di questa frettolosa e lobbistica riforma, ancorché riguardante solo il dato settore della distribuzione del gas metano, recherà a breve un’ulteriore grave turbativa all’economia  nazionale, contribuendo ad aggravare ancor più la crisi  economica e la stagnazione produttiva, sia per la fuoriuscita dal mondo del lavoro di molti lavoratori, che sicuramente si verificherà dopo ogni gara di ambito, sia perché sugli impianti di distribuzione del gas metano sicuramente scarseggeranno gli investimenti, atteso che essi dovranno essere attuati da un solo Mega Gestore il quale, dovendo attendere  ad una politica globale di ambito, sarà portato a contenere gli oneri di investimento, limitando al massimo gli interventi sui singoli impianti nei vari Comuni appartenenti all’ambito stesso.

Le cifre di questa riforma e il guasto economico che essa arrecherà ai Comuni e alla Comunità saranno anch’esse oggetto di prossime riflessioni.

Con l’istituzione degli ambiti inoltre i Comuni, oltre a non poter più singolarmente affidare il servizio gas, non avranno neanche alcuna possibilità di esercitare il controllo diretto sul Gestore titolare del servizio espletato sul loro territorio.

La riforma, infine, non produrrà neanche gli sbandierati vantaggi per i consumatori individuati dai suoi fautori nel miglioramento della qualità e sicurezza del servizio e nella riduzione delle tariffe a vantaggio dei consumatori.

Basti osservare al riguardo che con la creazione degli ATEM e con la centralizzazione e l’accorpamento delle attività gestionali il Gestore di ambito, data la maggiore e notevole dimensione dell’ambito, non sarà più presente sul dato impianto come, al contrario, oggi assicurano le imprese medio-piccole. La mancanza di un “front office” locale  farà peggiorare i rapporti tra il Comune concedente, i consumatori  e il Concessionario Gestore di ambito, recando solo indiscussi vantaggi economici a quest’ultimo a svantaggio  sia dei Comuni che dei consumatori. Oltre alla qualità commerciale ne potrà risultare in qualche modo compromessa la stessa sicurezza del servizio atteso che, per conseguire economie di scala,  sicuramente non saranno presenti su tutti gli impianti maestranze specializzate alle dirette dipendenze del Gestore.

Queste considerazioni peraltro sono già suffragate da dati oggettivi riscontrabili attualmente sugli impianti in esercizio. Basterebbe infatti effettuare una banale indagine conoscitiva presso tutti quei Comuni concedenti nei quali si è registrata l’acquisizione (incorporazione) di piccoli Gestori da parte di un Gestore di maggiori dimensioni. Non vi è insomma un solo Comune che sia soddisfatto dell’attività gestionale posta in essere dai soggetti di maggiori dimensioni che sono subentrati ai precedenti Gestori.

Quindi altro che miglioramento della qualità del servizio. E’ vero l’esatto contrario!

Quanto poi alla riduzione delle tariffe a vantaggio dei consumatori anche questa rappresenta una sorta di “chimera” e di certo non ci sarebbe stato bisogno di sconvolgere il mercato per addivenire a questo risultato. E’ a tutti noto che la tariffa gas è stabilita da un’Autorità (Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas-AEEG) la quale, tra l’altro, disciplina cogentemente l’attività di distribuzione e misura del gas metano, conosce e condiziona il mercato e ne detta le regole. Perciò se proprio si volesse apportare un oggettivo beneficio ai consumatori  basterebbe che l’AEEG determinasse la tariffa (che è una tariffa obbligatoria) a vantaggio dei consumatori senza far demagogicamente ricorso ai futuri improbabili sconti di tariffa da conseguire nelle gare per l’affidamento del servizio.

Inoltre i consumatori devono sapere  che l’eventuale riduzione della tariffa così come sbandierata per giustificare l’istituzione degli ambiti riguarda la sola attività di distribuzione. Orbene, sulle bollette gas, ai consumatori oltre al corrispettivo della distribuzione (che incide solo per il 14% circa del costo )  è addebitato anche il costo della materia prima (costo che non dipende dal gestore dell’attività di distribuzione e quindi dall’improbabile sconto che questi eventualmente potrebbe offrire in sede di gara di ambito), nonché l’onere delle accise (cioè le imposte fiscali statali, regionali ..), la quota fissa e l’IVA, voci queste ultime tutte non scontabili. A conti fatti, pur a voler ammettere che dall’istituzione degli ambiti possa derivare ai consumatori un beneficio connesso allo sconto sulla quota di distribuzione addebitabile in tariffa, al massimo il risparmio che potrebbe derivare  sulla bolletta gas sarebbe, nella migliore delle ipotesi,  di circa 5 euro all’anno per utente.

E’ lecito allora chiedersi: Era proprio necessario fare tutti questi disastri per assicurare al cittadino/consumatore simili improbabili risparmi?

Queste sono le prime considerazioni sulla riforma degli ambiti ma anticipiamo che, prossimamente,  su questo sito analizzeremo ancora altri aspetti circa i  contenuti dei Decreti,  sperando di poter dare un utile contributo sia ai Comuni,  che dovranno tutelarsi adeguatamente per salvaguardare gli  interessi propri e quelli dei cittadini in questa nuova realtà, sia ai Gestori uscenti che sono chiamati ad un importante ruolo nella fase di liquidazione dei loro rapporti concessori in essere nei vari Comuni.

Intanto si ritiene opportuno fare una raccomandazione urgente ai Comuni e alle piccole e medie imprese del settore gas.

L’impianto della riforma può essere ancora sottoposto al vaglio del Giudice Amministrativo (in primo grado al TAR LAZIO).

Al momento è impugnabile il D.M. 12 novembre 2011 n° 226 (in vigore dall’11.02.2012), provvedimento nel quale vi sono molti aspetti censurabili. Ma si badi che i termini amministrativi per l’impugnazione sono perentori (60 giorni dalla data di pubblicazione del decreto sulla Gazzetta Ufficiale, avvenuta il 27.01.2012 – S.O. n° 20).

Spirato inutilmente questo termine le nuove norme saranno perfettamente vigenti e i guasti diverranno irreversibili, a meno che un Governo Illuminato (Governo Monti) non decida di rivedere l’impianto della riforma, anche alla luce della recente, nuova proposta di ASSOGAS che, quanto meno,  ha proposto la creazione di SUBAMBITI (meno estesi) con conseguente beneficio per la potestà dei Comuni e per la sopravvivenza delle piccole e medie imprese che oggi operano in questo settore.

Ing. Donato Lenza

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