Pino Turco: il ricordo di un’artista

In ricordo dell’artista Pino Turco, Armando Voza e Paolo Garofalo ne tracciano un profilo denso di appuntamenti artistici spesso “tra le sbarre”.

Turco si collocava in un limbo tra arte, cultura, professione, missione, e tra le mura e le sbarre, sviluppa la sua poliedricità regalando opere realizzate tra spaccati di una realtà tragica, da personaggi, attori per caso, interpreti di se stessi, offrendo verità, sentimenti, passioni, desideri.

pino_turco
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EBOLI – Riceviamo e volentieri pubblichiamo le riflessioni a quattro mani di Armando Voza e Paolo Garofalo sull’artista Pino Turco e la sua poliedricità, ma soprattutto il suo impegno che andava ben oltre e si collocava in un limbo tra l’arte, la cultura, la professione, la missione, e tra le mura e le sbarre sviluppava la sua poliedricità regalando opere fatte e realizzate tra gli spaccati di una realtà tragica, da personaggi, attori per caso, che riuscivano ad interpetrare se stessi in opere da conseganre agli altri, offrendo verità, sentimenti, passioni, desideri.

Anche io mi sono incrociato con Pino Turco, come Docente del CTP (Centro Territoriale Permanente) presso l’ICATT di Eboli, e il mio rammarico è stato quello di non essere stato, insieme ai miei colleghi, mai coinvolto, e spesso informati per caso di quelle iniziative che gli stessi “ospiti” dell’ICATT ci raccontavano. Peccato, avremmo potuto dare il nostro contributo, oltre la normale attività formativa di docenti, e semmai partecipare e rafforzare gli sforzi che Turco, Garofalo e altri facevano, per far emergere quei valori che ci sono in tutti, ma che spesso la vita, l’ambiente in cui si vive e le influenze coprono e nascondono. In quei pochi contatti, rubati, perché mai concessi ufficialmente, ho apprezzato il lavoro sottile e difficile che Turco svolgeva tra i carcerati dell’ICATT. Peccato per noi e peccato per chi non ci ha mai potuto o voluto coinvolgerci. Peccato soprattutto per i ragazzi.

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di Paolo Garofalo e Armando Voza

Come spesso succede nella vita, la qualità ed il valore di una persona la scopri troppo tardi, quando non puoi più manifestargli la tua ammirazione. Questo è quello che è successo anche a me dopo la morte di Pino Turco, un nome che l’amico e bravo fotografo Paolo Garofalo mi ripeteva continuamente quando parlava dei loro progetti, descrivendo con entusiasmo e grande rispetto le cose che Pino faceva, per i suoi lavori, per la sua bravura, per il suo altruismo. Poche settimane fa Pino ci ha lasciati, ha lasciato questa vita stroncato da un tumore al fegato che per lunghi mesi lo ha tenuto lontano dal suo mondo, da quel mondo e da quei ragazzi, i “temporaneamente detenuti” dell’ICATT di Eboli, così li chiamava, che negli ultimi anni aveva voluto al suo fianco facendoli entrare nel suo cuore come suoi figli.

Per capire chi è stato Pino Turco, omonimo del musicista napoletano autore di “Funiculì funiculà”, sono dovuto andare a “sfogliare” il suo sito ufficiale ed è stata per me una  scoperta sorprendente: un uomo straordinariamente poliedrico che nella vita è passato con disinvoltura da lavori “semplici” (bracciante agricolo, spalatore di neve per le FF.SS., guida in una riserva di caccia, preparatore di panini, commesso viaggiatore, assistente per anziani) al mondo dell’arte, prima come fonico e tecnico delle luci e poi, calcando le tavole di un teatro, come attore e come regista: quando si dice la gavetta. Il meglio di se lo ha dato nella regia teatrale e sono ancora vivi i ricordi degli spettacoli organizzati con attori speciali. Il Cortometraggio “Io so dove si nasconde il Sole nasce dall’incontro coi “temporaneamente detenuti” dell’ICATT di Eboli. Nel corso di due anni di volontariato nella struttura carceraria, seguendo i dettami dell’Arte per la Salute, Pino è riuscito a formare un gruppo coeso capace di  esprimersi attraverso il canto, la recitazione, il suono, a rappresentare la loro voglia di riscatto sociale. Di grande impatto emotivo anche la trasposizione teatrale del dramma del treno 8017. Lo spettacolo racconta il tragico incidente ferroviario verificatosi nel 1944 a Balvano: vi trovarono la morte oltre 500 persone. “Treno 8017: dalla Memoria al Ricordo” questo il titolo dello “spettacolo” che il regista Pino Turco ha voluto dedicare a tutti quei diseredati della vita che, come le vittime innocenti del disastro ferroviario più grave d’Europa, nascono, vivono, si riproducono e muoiono senza avere coscienza di sè e del proprio diritto alla vita. Grande risultati ha ottenuto anche l’esperienza del gruppo Uommene&Tambure, diventando strumento per  chi, non abituato al confronto dialettico, intendeva esprime i propri bisogni con linguaggi e forme non gradite al pubblico colto ma carichi di emotività.

Pino Turco
Pino Turco

Pino ha coordinato il lavoro degli ospiti dell’ICATT di Eboli usando i tamburi come estensione della loro emozionalità per sussurrare/gridare da un palco di una piazza o di un teatro i loro sentimenti e le loro emozioni. Quando a Pino è stato chiesto cosa, della sua lunga carriera, gli avesse dato più soddisfazioni, senza esitazione aveva rispostoEssere riuscito, con una dozzina di temporaneamente detenuti, a formare un rapporto di fiducia tale che ci ha consentito, a mie spese e senza guardiani o catene, a formare una compagnia di Teatro/Musica denominata Uommene&Tambure e di esserci esibiti in Teatri e Piazze. Il nostro gruppo è stato il primo ad aver parlato della tragedia del treno 8017, esibendosi a Balvano, luogo del disastro. Non abbiamo mai avuto nessun concreto aiuto, anzi un sedicente attore ha registrato il copione, scritto da me e dai ragazzi, come se fosse suo… ogni commento è superfluo!. Anche di amarezze, tante, è stata lastricata la vita di Pino. Tra le altre rappresentazioni teatrali ricordiamo “Storia di un Vascio, due Vecchie, tre Fate…e un Principino” e ” ‘O Cunto d’ ‘o Quatto’e Coppe” che tanto successo hanno avuto nei teatri campani. Tutto questo ha permesso a Pino di entrare, di diritto e a testa alta, nella scena teatrale campana che conta tanto che presso la Facoltà di Lingue e Letterature straniere, a conclusione del corso di Teatro sociale tenutosi qualche anno fa,  gli organizzatori dell’evento lo hanno voluto incontrare per parlare delle sue esperienze professionali alla presenza dei giovani studenti. Uno degli ultimi lavori di Pino è stato “Yelach. Come difendersi da quelli che vogliono salvarti la vita”, uno spettacolo comico musicale che è andato in scena al  teatro Nuovo di Salerno nel maggio del 2012.

La speranza che Pino continui a vivere attraverso i suoi spettacoli e al grande lavoro che ha fatto, che la gente lo ricordi per la sua allegria e per la sua grande carica di umanità che traspariva da quello sguardo solo apparentemente burbero.

Cosa spingesse Pino verso questa particolare scelta teatrale, lo troviamo nelle sue stesse parole “Capisco i bisogni ed i dolori degli individui e tento di alleviarli con le tecniche dell’Arte per la Salute, un impegno sociale che per Pino è durato tutta la vita e chi lo ha conosciuto difficilmente lo dimenticherà.

Pino, che la terra ti sia lieve!

Eboli, 22 febbraio 2013

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