Condizione degli immigrati nella Piana del Sele: Lavoro e integrazione

Lotta al caporalato, diritti, doveri, integrazione e partecipazione attiva alla vita democratica del Paese.

Condizioni di vita e permessi di soggiorno al centro delle discussioni

Immigrati Assemblea di Paestum

PAESTUM – L’assemblea pubblica dei lavoratori immigrati della Piana del Sele, che si è tenuta nella piazza principale del comune di Capaccio/Paestum è stata molto partecipata, con la presenza di un centinaio di immigrati e di lavoratori italiani. Si è discusso, soprattutto, di alcuni principali diritti negati nella Piana del Sele: casa, salute, lavoro.

L’assemblea ha messo in evidenza la questione dei permessi di soggiorno negati a tanti immigrati truffati da organizzazioni di italiani “perbene”. Durante l’assemblea sono intervenuti alcuni degli invitati, ma specialmente molti immigrati, che hanno preso la parola non solo per descrivere alcuni dei loro bisogni, ma soprattutto per individuare soluzioni politiche.

L’USB, che ha organizzato l’iniziativa, si è assunta l’impegno di sintetizzare in una piattaforma politico-sociale le proposte emerse. In sintesi l’assemblea ritiene fondamentale:

– Rispondere al diritto alla casa per i lavoratori immigrati, con un’azione politica sostenuta dai principali comuni della Piana del Sele (Battipaglia, Eboli, Capaccio) che renda disponibili le case del demanio e faciliti l’accesso all’affitto.

– Tutelare la salute degli immigrati, moltiplicando gli ambulatori STP, rendendo più efficaci quelli già attivi ad Eboli e Battipaglia, e facendo rispettare le condizioni di sicurezza sui luoghi di lavoro.

– Combattere il caporalato e il supersfruttamento: non si può accettare una paga di 25 euro a nero per 8-10 ore di lavoro e senza i contributi per copertura assicurativa e previdenziale.

– Affrontare la situazione dei tanti immigrati truffati per avere un permesso di soggiorno.

L’assemblea ha proposto una sanatoria per tutti gli immigrati della Piana del Sele.

– Le difficoltà di comunicazione e di socializzazione hanno posto l’attenzione sull’assenza dell’Ufficio Scolastico Provinciale (USP) Salerno per la scolarizzazione e di certo saranno denunciate le responsabilità del completo fallimento della scuola di Stato.

– I trasporti pubblici , finanziati dalla Regione Campania, vanno avanti e indietro vuoti, in orari e servizi spesso assurdi, rispondenti a logiche incomprensibili. Occorrerà riformulare itinerari ed orari dei trasporti in modo da renderli accessibili e fruibili dai lavoratori della Piana.

Tutte le rivendicazioni saranno elaborate in una piattaforma organica (scritta anche in arabo) che sarà discussa, in un percorso di assemblee locali, dagli immigrati, come proposta da avanzare agli organi di governo territoriale e nazionale: sindaci, prefetto, governo italiano.

Salerno, 24 luglio 2010

1 commento su “Condizione degli immigrati nella Piana del Sele: Lavoro e integrazione”

  1. Sono delle condizioni disumane patite a pochi km dalle nostre abitazioni, ma lo scempio accomuna tutto il meridione del Paese;Ma questi sono i risultati di un’indagine dell’INEA (2009) che ha potuto elaborare solo dati ufficiali. Non sono considerati i tanti immigrati irregolari che spesso vengono sfruttati soprattutto nelle regioni del Sud, dove arrivano con la speranza di racimolare un po’ di denaro raccogliendo pomodori, pulendo le vigne dalle erbacce, strappando frutti alla terra, e si ritrovano invece in condizioni da incubo, alla mercè di caporali, intenti a regolare e controllare non solo il lavoro ma la vita dei nuovi schiavi. Questi, infatti, negli ultimi anni spesso sono scomparsi nel nulla o sono morti in circostanze misteriose. I giornali ne hanno parlato nella cronaca nera ma il giorno dopo si è voltato pagina.

    Nel Rapporto di Medici Senza Frontiere (2007) si dice senza mezzi termini che ad avallare siffatta situazione di profonda illegalità e ingiustizia sociale troviamo “un atteggiamento ambiguo o ipocrita del sistema istituzionale italiano nei confronti dell’immigrazione irregolare. Da una parte si registrano misure di contenimento del fenomeno migratorio con politiche dal pugno di ferro tese a combattere la clandestinità a difesa della legalità. Dall’altra le stesse istituzioni nazionali e locali si tappano occhi, orecchie e bocche dinanzi al massiccio sfruttamento di stranieri nelle produzioni agricole del Meridione perché necessari al sostentamento delle economie locali. L’utilizzo di forza lavoro a basso costo, il reclutamento in nero, la negazione di condizioni di vita decenti, il mancato accesso alle cure mediche sono aspetti ben noti e tollerati. I sindaci, le forze di Stato, gli ispettorati del lavoro, le associazioni di categoria e di tutela, i ministeri: tutti sanno e tutti tacciono”. E’ una denuncia che proviene da chi frequenta quei luoghi e cerca in solitudine di bagnare le labbra assetate di quei poveri cristi.

    Nelle pianure meridionali, soprattutto polacchi, romeni, bulgari, e non più soltanto africani, hanno preso il posto dei vecchi contadini. E caporali spesso stranieri, al servizio dei proprietari italiani, si sono sostituiti ai vecchi caporali, dando vita alla più grande rivoluzione antropologica del Mezzogiorno rurale negli ultimi vent’anni.E i nuovi caporali non sono i semplici intermediari che ci eravamo abituati a vedere nelle pianure meridionali al tempo di raccogliere i prodotti dalle piante, ma sono diventati – col tacito accordo dei proprietari dei terreni – gli asettici gestori di un “campo di lavoro”, dove i diritti minimi e ogni forma di ragionevolezza sono soppressi e i corpi delle persone sono ridotte a”nuda vita” da afferrare, manipolare, violentare, sopprimere.Riempiendosi di questi “campi” fuori dalla legge, le campagne meridionali non sono regredite nell’Italia contadina di una volta, come potrebbe apparire ad un osservatore frettoloso, ma sono state catapultate nella postmodernità più cruenta, verso un grado di sfruttamento di quella “nuda vita” quasi totalitario, che gli stessi caporali vissuti ai tempi di Di Vittorio avrebbero faticato a ideare.E nell’acuirsi dei conflitti sociali di un’Italia multietnica e multiculturale, nelle campagne meridionali non solo sono venute a mancare le lotte ma brillano per la loro assenza i partiti e le organizzazioni sociali. E vanno via i giovani, alcuni perché non trovano opportunità di impiego in dinamiche economiche sganciate dalle risorse territoriali, altri perché rinunciano ad avviare nuovi percorsi. E tutto è lasciato al degrado con l’arrivo di nuovi “cafoni”, nuovi “bravi” e nuovi signori feudali che stabiliscono la posta in gioco in territori ormai privi di comunità.E’ per questo che, dopo i fatti di Rosarno, dobbiamo rimettere al centro dell’iniziativa politica e sociale il Mezzogiorno e i giovani, le due priorità che ci ha indicato Giorgio Napolitano la sera di S. Silvestro. Aggiungendo, dopo i tristi eventi calabresi, una terza priorità che il presidente ha tralasciato: l’agricoltura. Su questi tre temi prioritari dobbiamo elaborare obiettivi concreti su cui costruire movimenti che durino, progetti che innestino percorsi reali di sviluppo e di cambiamento.Come conseguenza si è dato vita ad una sorta di rete solidaristica autonoma che provvede ai bisogni e all’organizzazione della vita del lavoratore cinese nel nostro Paese e limita l’integrazione, con tutte le difficoltà che naturalmente ne scaturiscono.

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