Difesa del suolo: una storia amara

Dal quotidiano Terra riceviamo e volentieri pubblichiamo un intervento di Erasmo Venosi, sulla questione sempre di attualità dei disastri idrogeologici in Italia.

Disastro Messina
Disastro Messina

ROMA – Purtroppo a seguito delle numerose disgrazie che continuano a tormentare il nostro territorio dobbiamo registrare solo disinteresse, colpevolezza e morti di tante persone innocenti, rispetto alle responsabilità di chi dovrebbe sorvegliare sulla tutela del territorio.

Erasmo Venosi, attualmente collabora con il prof. Brown dell’Università “La Sapienza” di Roma per le ricerche sul fotovoltaico di 3a generazione. Venosi è stato segretario provinciale dei Verdi di Vicenza per 7 anni. Dal 2006 al 2008 è stato vice-presidente della commissione Ippc del Ministero dell’ambiente (per l’istruttoria tecnica ai 200 più grandi impianti industriali italiani: grandi centrali Enel, rigassificatori, raffinerie, industria chimica e siderurgica per concedere l’autorizzazione integrata ambientale). Durante il Governo Prodi al Ministero dell’ambiente è stato responsabile per l’energia della segreteria tecnica e si è occupato del problema delle scorie nucleari.

Nubifragio Messina
Nubifragio Messina

di Erasmo Venosi

L’amara storia delle politiche di difesa del suolo inizia dopo le alluvioni del 1966. Fu istituita la Commissione De Marchi per lo studio della sistemazione idraulica e la difesa del suolo. La legge 193/1989 ne ampliò in seguito il concetto. Nel secolo scorso l’Italia ha registrato tra frane e alluvioni 10mila vittime e 350mila senza tetto. Tra il 1968-1992 i costi da dissesto a carico dello Stato sono stati pari a 75 miliardi di euro. L’annuario dell’Apat, limitatamente ai costi per fenomeni alluvionali, riporta un totale di 16 miliardi di euro tra il 1951 e il 2005. I soli danni strutturali dovuti all’alluvione del Po del 2000 sono stati stimati in 5,6 miliardi di euro. L’Inventario italiano fenomeni franosi ha mappato il rischio per tutto il territorio.

Il quarto report dell’Ipcc sui cambiamenti climatici indica nelle strategie di adattamento lo strumento di elezione per ridurre la vulnerabilità territoriale. L’elevata criticità idrogeologica italiana riguarda 29.517 chilometri quadrati. Tutti i Piani di assetto idrogeologico (Pai), sono stati completati. Consapevolezza del rischio, mappatura del territorio con definizione del livello di rischio, quantificazione dei costi d’intervento e messa a punto degli strumenti operativi costituiscono il quadro operativo di ciò che si deve fare. Si continua, però, a morire per eventi che, con una grande dose di cinismo, sono definiti, “naturali”. Dopo Sarno fu quantificata in 40 miliardi di euro la spesa per la messa in sicurezza del territorio italiano. Nel 2009, il bilancio della direzione per la protezione del suolo del ministero dell’Ambiente ammonta a 198 milioni di euro.

In seno al ministero è in corso una riorganizzazione che prevede la soppressione della segreteria tecnica di questa direzione, cioè dell’organismo tecnico che analizza i progetti di messa in sicurezza del territorio. Un altro soggetto con grande responsabilità è il Comune che spesso non tiene conto dei Pai e concede permessi per edificare nelle aree a rischio, chiedendo poi interventi allo Stato. Morfologia accidentata del territorio, scarsità di copertura vegetale, incremento degli eventi estremi meteorologici, tropicalizzazione dell’area mediterranea, impermeabilizzazione del territorio (a causa d’infrastrutture, insediamenti industriali e centri abitati), assenza di coordinamento tra gli strumenti di pianificazione territoriale e mancata valutazione negli strumenti valutativi (Via e Vas) dell’adattamento territoriale, non potranno che acuire i rischi connessi al dissesto.

Gli eventi siciliani devono determinare un movimento di denuncia e di dibattito nel Paese, affinché dall’anno prossimo, nell’allegato infrastrutture al Dpef, siano considerate opere strategiche quelle connesse alla difesa del suolo. Infine a livello di legislazione devono essere introdotti negli strumenti valutativi indici sintetici che consentano di verificare l’adattamento territoriale nel momento in cui si esprime un giudizio di compatibilità ambientale su un progetto.

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