La Casta sul “Titanic” che affonda, di Roberto Gervaso

Si arriverà un giorno ad avere persone per bene, galantuomini dediti al lavoro e alla famiglia, discreti, meno sputtanati che si dedicano alla politica?

Gervaso: Gente che fa politica non per passione, ma per calcolo, per acquistare potere e fare quattrini senza sudare, intrallazzando”.

Roberto Gervaso

ROMA – Dalla rubrica “Fumo e arrosto” de il Mattino, si ripropone questo articolo di Roberto Gervaso, che osservando ha analizzato quello che sta accadendo in questa campagna elettorale, che non è dissimile da quelle altre ultime passate, il fenomeno delle enormi spese che si affrontano nelle campagne elettorali e di una serie di slogan fritti e rifritti che i candidati fanno propri per incidere pubblicitariamente sugli elettori.

Gervaso si dice “Schifato” e non è il solo ad esserlo e a pensare la stessa cosa, io aggiungo: ma perché queste persone, nella maggior parte dei casi, inesistenti, vuote, incapaci, inaffidabili, ma facce toste spendono tutti questi soldi nelle campagne elettorali? Per il bene del paese? Per la Gloria? per vanità? per affermare un principio di superiorità rispetto agli altri o magari avere visibilità? Sarà una di queste motivazioni, ma purtroppo da quello che accade quotidianamente e dalla disinvoltura che mettono nelle loro avventure politiche, fanno pensare a ben altro.

Si arriverà un giorno ad avere persone per bene, galantuomini, persone dedite al lavoro e alla famiglia, con semplici hobby, più discreti, meno sputtanati e meno dediti a festini con quelle che prima si chiamavano “puttane” e oggi si chiamano “escort”, o travestiti oggi “viados”, che si dedicano alla politica? voglio campare di più per vedere quel giorno.

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La Casta sul “Titanic” che affonda

di Roberto Gervaso

«Dai forza alle tue idee», «Difendiamo il territorio», «Competenza e trasparenza», «Cambierà, sì, cambierà», «Un impegno che merita la riconferma», «Entra in Regione con me», «Io ci sono». Ecco un bel campionario di slogan elettorali. Slogan triti e ritriti, fritti e rifritti, con le facce, le faccine, i faccioni dei candidati. Facce, alcune rispettabili, altre patibolari. Gente non da votare, ma da cui guardarsi. Gente che non crede in niente, ma solo al proprio tornaconto.

Gente che fa politica non per passione, ma per calcolo, per acquistare potere e fare quattrini senza sudare, intrallazzando. Sarei disonesto se facessi di ogni erba un fascio, ma l’eccezione, come dice il proverbio, saggio come tutti i proverbi, conferma la regola. La campagna elettorale, in tutte, o quasi, le regioni in cui si vota, è stata squallida e sciagurata.

A Milano le cose si mettevano male per Formigoni e i suoi seguaci di Comunione e Liberazione, ma poi il Tar ha sistemato tutto e oggi Roberto è in pole position per vincere, e vincere alla grande. Quello che è successo a Roma è, non so, se più indecente o surreale. Ma come si fa a non consegnare in tempo le liste? Come le si può affidare a una persona inaffidabile che, secondo alcuni, i più maliziosi, sarebbe uscito dalla fila per «aggiustare» le liste, ligio alla consegna di qualcuno interessato a pescare nel torbido; secondo altri, i più ingenui o i più ottimisti, per andare al più vicino bar a mangiarsi un panino, non sappiamo se al prosciutto, al salame o al formaggio? Noi, perfidamente, crediamo più alla prima ipotesi. Questo signore si chiama Milioni, è un ex tranviere, diventato presidente della XIX circoscrizione capitolina. Io non ho niente contro i tranvieri, di cui, non avendo la macchina, qualche volta, sono cliente, ma non sarebbe stato meglio mandare un avvocato, uno che sa come si fanno e come vanno queste cose?

Ma io non sono un politico o un politologo, io sono un critico del costume e del malcostume, soprattutto politico, letteralmente schifato da quello che sta succedendo, e non solo a Roma, in queste regionali che, secondo me, andrebbero rinviate. Non mi diano del disfattista o del qualunquista perché io non sono né l’uno né l’altro. Io sono semplicemente disgustato, per non dire schifato, da quello che è accaduto e, vedrete, continuerà ad accadere.

Non mi vengano a dire che l’Italia è ancora una democrazia. Lo è, ma solo sulla carta, sempre meno patinata e sempre più sforacchiata. Qualcuno ha paragonato il nostro Paese a un manicomio, qualche altro a un bordello o peggio, a un trogolo. Scegliete voi. Qualunque cosa l’Italia sia è una Nazione sconfitta. Sconfitta senza avere combattuto una guerra, o per averne combattuta una contro l’intrallazzo, la corruzione, il pressappochismo, l’esibizionismo, il menefreghismo verso la cosa pubblica.

Hanno fatto strame delle istituzioni e chi si erge a suo difensore viene tacciato di moralismo. Non funziona più niente e quello che funziona, funziona male. Ciò che è pubblico è un disastro. Per fortuna funziona ancora il privato: piccoli, medi e grandi imprenditori che sgobbano, sudano, tirano la carretta. Siamo diventati la barzelletta del mondo. Non c’è bisogno di andare lontano: varcate il confine a Chiasso e fatevi un giro nel Canton Ticino. Nessuno ci prende più sul serio e chi ci prende sul serio finge perché un Paese in queste condizioni, se non suscita derisione, suscita pena.

I politici sono una casta da prendere con le molle, non meno perniciosa e non meno arrogante di tante altre. Una casta che ha fatto, e seguita a fare, guasti incalcolabili, che non capisce quanto sia impopolare e che, come se niente fosse, pontifica dall’alto di pulpiti screditati. Non importa se il moralista di turno, bugiardo e insopportabile come tutti i moralisti, fa delle belle prediche. Le parole di chi ci governa sono reboanti e colme di promesse e cariche di aspettative.

Ma guai a prenderle sul serio. O qui si cambia musica, la si cambia radicalmente e la si cambia presto, o affonderemo come un nuovo Titanic, senza champagne e senza danze. Guardate chi ci governa, o ne ha la pretesa, guardatelo in faccia, guardatelo negli occhi: piglio sicuro di sé, occhi trionfanti. Ma dietro e dentro non c’è nulla, se non l’avidità e spesso l’incompetenza. Come ci si può fidare dei nostri rappresentanti, sempre di corsa, sempre trafelati, che non hanno mai tempo e te ne fanno perdere tanto? Guardateli con la loro sicumera, la loro sciatteria, con le loro promesse non mantenute, con i loro giuramenti traditi.

Noi vogliamo gente seria (per fortuna qualcuno c’è, ma non basta) che dica le cose come stanno, che fa e non disfa, che non rifà pro domo sua. Gente fidata, onesta, leale, con le mani, e non solo le mani, pulite, che non approfitti, non arraffi, non malversi, non prenda tangenti e non intaschi pizzi. Senza questa gente non risaliremo mai la china: sprofonderemo nel baratro.

6 commenti su “La Casta sul “Titanic” che affonda, di Roberto Gervaso”

  1. La morale di un Piduista è rabbrividente, vuol far la critica ad un sistema di cui è stato parte, passato in vari lustri di “potere” dove ne ha frequentato salotti e palazzi.Ci risparmi il suo melenso sarcasmo

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  2. Perfetta la diagnosi, inesistente la cura proposta. E’ come se, quando io ho mal di testa, invece di prendere un’aspirina, mi dessi una martellata sul ginocchio. Che c’azzecca, direbbe Tonino? Quest’Italia sta andando a rotoli, il Titanica affonda senza musica, quindi cosa si fa, come proposta? Rinviare le elezioni? Ma lo sapevano tutti da un anno che si votava a Marzo! Ma perchè, se si votasse a Maggio 2010 o 2011 cambierebbe la musica? L’occupazione del potere e lo squallore dei personaggi è sempre lo stesso, mica dipende dal mese in cui si fanno le elezioni? Mi dispiace per Roberto Gervaso, ma questa volta credo proprio che abbia toppato!

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  3. A Eboli ne abbiamo la prova. Tutti questi candidati hanno auto una esplosione di affetto per la Città.
    Stanno spendendo tanti di quei soldi che è semplicemente vergognoso, specie per quei candidati che vorrebbero o avrebbero la presunzione di rappresentare i più deboli.
    Questi del paese non se ne fregano proprio.

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  4. I professionisti dell’ anti-casta, una nuova redditizia professione, non dubito che alcuni di loro siano probi e animati da commendevoli ideali, ma temo che i neofiti della ultima ora vogliano sfruttare l’onda di malcontento per locupletare. La MANFRINA della classe dirigente ” unfit ” la sappiamo da anni, questa vegeta x la correità della popolazione, il nerbo di una Nazione si vede nei momenti topici!

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  5. caro Inverso, sei proprio bravo, peccato che ti sei candidato con Busillo, è lui che non convince, tu hai delle belle proposte, ma il tuo sindaco ha già fatto danni altrove.

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  6. Il classico “lei non sa chi sono io” appunto è un evergreen senza tempo!
    A Brescia, assessore multata e denunciata dal vigile: “Lei non sa chi sono io, maleducato”
    Roberta Morelli, Istruzione,gran bell’esempio, è stata fermata perché parlava al cellulare durante la guida,dopo lo “sfogo”,è stata denunciata per diffamazione e oltraggio a pubblico ufficiale.
    La ridicola giustificazione :
    “Il mio non voleva essere un gesto autoritario”
    Che strano? Si è sorpresa perché gli hanno chiesto i documenti? Io non mi sono mai sorpreso, quando me li hanno chiesti glieli ho sempre dati senza tanti se e ma, e proprio per far prima i controlli e andare via prima senza perdere tempo. Ma io sono un cittadino “normale”, mentre questa signora dimostra perché certi cittadini non bisogna votarli! Perché una volta che gli hanno detto: “lei è un assessore” sono convinti di poter trasgredire qualsiasi legge impunemente.
    va benissimo che questi gesti arroganti vengano resi noti e ancora di più l’atteggiamento professionale e non servile del vigile, a prescindere dal partito di appartenenza dell’assessore.
    Mi viene la nausea a leggere la sua puerilissma pseudo giustificazione, si vergogni e si metta in fila agli sportelli,e poi sulla sicurezza stradale nulla da obiettare,i cittadini davvero in un simile rischioso contesto,son tutti eguali…

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