Presentazione del libro “Gesù è più forte della camorra”

24 a Salerno, ore 17.30, libreria Imagine’s Book, 25 al Comune di Vietri, ore 18.00, presentazione del libro “Gesù è più forte della camorra”. 

Due presentazioni, della 2ˆ edizione del libro di don Manganiello e Manzi, che racconta l’esperienza da prete guanelliano nella periferia nord di Napoli. Ne discuteranno con gli autori: Adinolfi del Mattino; l’On Andria, presidente del Centro Universitario Europeo; Corrado Lembo, già Procuratore della Repubblica di Salerno. 

libro-gesu-don-manganiello-manzi
libro-gesu-don-manganiello-manzi

da POLITICAdeMENTE il blog di Massimo Del Mese

SALERNO / VIETRI SUL MARE – Due consecutive presentazioni di “Gesù è più forte della camorra” nel Salernitano, della seconda edizione del libro di don Aniello Manganiello e di Andrea Manzi, che racconta i sedici anni vissuti dal prete guanelliano nella periferia a nord di Napoli e la nascita dell’Associazione Ultimi contro le mafie e per la legalità, si parlerà giovedì 24 gennaio a Salerno presso la libreria Imagine’s Book (Corso Garibaldi 143, inizio alle ore 17,30) e venerdì a Vietri sul Mare, nell’ambito della rassegna promossa dalla Congrega Letteraria (ore 18.00, presso la Casa comunale).

A Salerno discuteranno del volume Massimo Adinolfi, editorialista del Mattino, Alfonso Andria, presidente del Centro Universitario Europeo, e Corrado Lembo, già procuratore capo della Repubblica di Salerno. Coordinerà i lavori Andrea Manzi, le conclusioni saranno affidate a don Manganiello.

A Vietri, con il coordinamento di Aniello Palumbo e dopo i saluti di rappresentanza, si parlerà dell’esperienza di Scampia nell’ambito di un incontro che prevederà un confronto tra il pubblico e gli autori. Previsti, anche a Vietri, gli interventi di Andria e Lembo.

Don Aniello Manganiello
Don Aniello Manganiello

Particolarmente attese le due presentazioni, perché precedono un importante appuntamento previsto proprio nel Salernitano: sarà proprio presso il Teatro Pasolini del capoluogo che debutterà – il 6 e 7 aprile prossimi – lo spettacolo tratto dal volume (riduzione per la scena di Andrea Manzi, regia di Pasquale De Cristofaro), che sarà proposto in importanti teatri italiani, avvalendosi per la tournée anche della collaborazione del Premio Paolo Borsellino.

La seconda edizione di “Gesù è più forte della camorra”, che sta riscuotendo un largo successo in libreria, fa seguito all’edizione di sei anni fa (Rizzoli editore) che si rivelò campione di incassi, restando per alcune settimane al vertice delle classifiche nazionali.

“Gesù è più forte della camorra”, è un libro-cronaca e per questo è interessante. E’ un libro che mette in evidenza lo spaccato di quella che è diventata una frontiera: tra il bene e il male; tra il legale e l’illegale;  l’impegno civile e quello religioso; il sacro e il profano; e don Manganiello è il protagonista che vive in mezzo al guado consapevole di quello che rappresenta, di quello che trova se va oltre e di quello che lascia se rompe con la sua comunità.

Le Vele di Scampia

Libro nato per caso, come ha affermato in altre circostanze il coautore Andrea Manzi, “…raccontato da Aniello, più cronista di me, nel quale emerge come si può convivere con la Camorra ma cercando di liberarsi da quel “gioco”, parlando anche di Scampia, un quartiere dove 10mila persone vivono intorno all’illegalità, riconoscendo il “padrone” del momento, rimpiangendo quello del passato, e aspettando con naturalezza e rassegnazione il prossimo padrone”.

Scampia. E come si fa a non parlare e descrivere Scampia che don Manganiello ha definito in un’altro incontro di presentazione del Libro “un peccato originale, un tentativo mostruoso di dare una casa alle persone che vivevano nei bassi. Un quartiere-dormitorio, anonimo, incompleto urbanisticamente, triste, opprimente”.

Manganiello_-_Manzi
Manganiello_-_Manzi

Quella realtà la conosco bene, ho insegnato nel lontano 1980, proprio nella scuola della Fondazione Don Guanella  E quella realtà è la summa del degrado urbano ed umano, proiettato in una realtà urbanistica impropria, frutto di giochi politici e urbanistici, che di tutto hanno tenuto conto tranne del danno che avrebbero fatto alle migliaia di cittadini, di fatto “espulsi” dal loro miserabile e povero contesto, ma fatto di relazioni e di rapporti e semmai anche di servizi, minimi, ma servizi, che invece in quella parte per nulla si presentano.

Scampia è il confine del “Mondo” e io stesso come don Manganiello me ne resi conto, quando per la prima volta mi recai a Miano di Capodimonte, al Don Guanella, attraversando Corso Secondigliano e proseguendo verso Miano dal bivio di Arzano, quando vidi questo “fortilizio” e sullo sfondo le Vele di Scampia, quelle costruzioni mostruose, progettate dall’Architetto Franz Di Salvo, mi meravigliai e non poco per quel muro così alto, ma subito mi resi conto entrandoci che quel muro era una difesa: dentro era una cosa, fuori un’altra.

I bambini parlavano un’altra lingua. Era un napoletano incomprensibile, quella lingua che è stata diffusa nella serie televisiva Gomorra, comprensibile solo con i sottotitoli. La lingua  più comune in quei luoghi era ed è fatta di violenza con capi, capetti e deboli. Le femminucce erano protette e consapevoli del loro ruolo marginale. I professori: alcuni distratti e rassegnati: altri rassegnati e preoccupati; altri invece conniventi rispetto a quell’aria malavitosa in miniatura; tutti più che a essere rappresentanti dello Stato, portatori di regole, del sapere e della cultura, erano intenti a tirare a campare e portare lo stipendio a casa, attenti ad evitare di infrangere quel mondo, rassegnatamente in attesa di un trasferimento salvifico.

Avevo una Spider rossa e riuscii a trovare posto internamente. Uno di quei piccoli capi mi avvicinò e come sanno parlare i camorristi, mi fece sapere che conoscevano la mia macchina e che mi avrebbero valutato in seguito, come per dire “se ti comporti bene non succede nulla”. Quando non trovavo posto nel “fortilizio” la parcheggiavo nei pressi di un chioschetto che vendeva i giornali, e tutte le volte insieme al Mattino e alla Repubblica il titolare mi forniva sempre delle rassicurazioni: “Prufessò, i ragazzi song barv’ e?”, quasi a dirmi non vi preoccupate a voi non fanno niente. Non mi successe mai nulla.

Giù le mani da don Aniello

Don Manganiello aveva assaggiato anche lui quell’impatto, sicuramente in maniera diversa, e anche lui aveva superato la prova, atteso che quando il Cardinale Crescenzio Sepe lo trasferì a Roma i suoi parrocchiani lo difesero e si ribellarono. Difeso perché era diverso e riusciva a convivere ma senza essere prono con la camorra e con quel mondo di connivenze, che coinvolgeva migliaia di persone sfortunate già solo per vivere in condizioni disumane e semmai oppresse dalla piaga di quella camorra, che da una parte si accolla anche i minimi bisogni dei suoi fiancheggiatori e dall’altra si prende la loro anima, il loro futuro.

Ma in tutte queste storie c’è sempre una distorsione, che tende a sovrapporsi alle realtà e  succede che laddove non arriva lo Stato arriva e regna la Camorra. Spesso e per fortuna alla mancanza dello stato  sopperisce la Chiesa con la sua missione, ed ecco che l’impegno civile si arricchisce della missione religiosa e si hanno, come nel caso di Don Manganiello e i suoi rapporti con i suoi confratelli e con i suoi parrocchiani, risultati eccezionali entrando in quella scorza dura fatta di connivenze e di omertà e si colpisce al cuore chi non aspetta altro che essere colpito. Da qui “Gesù è più forte della camorra”.

Ma il conflitto che appare evidente nel racconto letterario-giornalistico di Don Manganiello e Manzi, non è quello tra Aniello Manganiello e il Cardinale Sepe, tra una Chiesa fatta di osservanza, di obbedienza, di regole raccolte in un fortilizio posizionato in difesa di una missione e quella interpretata dai così detti Preti di frontiera, che vanno oltre le regole abbattendo quei muri che Manganiello fece abbattere al Don Guanella, e andare oltre ma consentendo anche agli altri di andare “verso” .

Quindi uno scontro che vede la difesa di uno status quo e la rottura di certi argini che ci conducono, anche con qualche rischio nella aree maledette, per cercare di sconfiggerle e magari rendersi conto di non incontrare mostri, ma solo uomini e magari accorgersi che sono uomini deboli, stanchi e consapevoli delle loro sconfitte.

Salerno, 23 gennaio 2019

Lascia un commento