Padula: Premio “Joe Petrosino” alla giornalista e scrittrice Roberta Ruscica

Padula, assegnato alla giornalista e scrittrice lombarda Roberta Ruscica, il prestigioso Premio “Joe Petrosino” 

Roberta Ruscica, donna coraggiosa che ha pagato sulla propria pelle scomode scelte professionali, insieme a Sigfrido Ranucci conduttore di Report, da subito ha catalizzato l’attenzione della platea e della critica. La Giornalista, ci ha concesso una intervista in esclusiva, nella quale ha operato una panoramica impietosa sull’universo-mondo dell’informazione italiana negli ultimi 30 anni, i rapporti con il Potere e le inconfessabili commistioni.

roberta ruscica

di Marco Naponiello per  POLITICAdeMENTE

MILANO/EBOLI. Abbiamo raggiunto telefonicamente la nota giornalista Roberta Ruscica, che ha collaborato con testate di caratura nazionale e scritto saggi sulla gestione del potere in Italia e le connivenze politiche-mafiose, uno tra tutti “I Boss di Stato”, libro tra l’altro presentato nel  maggio del 2018 nel salone dei convegni del Comune di Battipaglia, che vide la partecipazione del giornalista Gianni Occhiello del Tg3 Campania, e del Procuratore aggiunto di Salerno, Luigi Cannavale, oltre ad un nutrito ed attento pubblico, il tutto consumatosi sotto le telecamere dei media locali ed i taccuini dei corrispondenti https://www.massimo.delmese.net/123465/dal-libro-i-boss-di-stato-dibattito-a-battipaglia-sulla-trattativa-stato-mafia/  La dottoressa Ruscica oltre ad accettare con piacere la nostra intervista, tratteggia uno spaccato dello stato dell’arte inerente il mondo dell’informazione italiano e parimenti della vita pubblica, che siamo certi il gentile lettore troverà di estremo interesse. 

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Buonasera Roberta oltre a ringraziarti di averci scelto, secondo te esiste ancora il giornalismo definito d’inchiesta nel nostro Paese?: “Esiste ancora il giornalismo d’inchiesta? Ecco questa è una domanda molto importante che dovrebbe porsi qualsiasi direttore di questi superstiti giornali; basta guardare i giornali di inchiesta l’Espresso piuttosto che un giornale come Panorama, dove peraltro avevo iniziato una collaborazione che è finita ben presto e poi spiegherò perché le mie collaborazioni iniziano e poi svaniscono. Ebbene sarò franca, no non esiste più il giornalismo d’inchiesta, ma non perché non ci sono giornalisti capaci di affrontare le montagne, ci siamo e siamo in tanti ma non esistono le testate perché hanno studiato bene a tavolino, come avrebbero dovuto mettere il bavaglio all’informazione. Allora se ammazziamo i giornalisti creiamo squilibri, movimenti di magistrati, di poliziotti, di inchieste e poi facciamo dei martiri. Ecco come fu per Mario Francese a Palermo dove peraltro  un giornalista coraggioso era solo lui, che andava da amico del Capitano Basile, per prima fu ucciso il capitano e poi ucciso il giornalista, perché il giornalista  quando è una fonte attendibile è così che si rischia. Ma si rischia ancora di più quando tu hai le carte nel cassetto e nessuno te le pubblica.. e tu sei morto, ripeto hanno studiato tutto a tavolino perché non ammazzano più i giornalisti e oggi  sanno la verità e la scrivono, ma chiudono i giornali oppure li affamano questi giornalistia me successo questo. Potrebbe cambiare questa situazione? Si potrebbe capire, si dovrebbe se il cambiamento partisse dal “Palazzo”, è presto detto, troppi colletti bianchi al servizio della malavita

Cosa significa ricevere questo premio?: Ma è un grandissimo onore perché un giornalista veramente! Si corre dei rischi quando è lasciato solo, così come un magistrato, un poliziotto e purtroppo anche per me,  che vivo un momento delicato, perché la pandemia è stata come una pietra tombale come per tanti Italiani, io sono sofferente, ma non mollo! Un premio importante  proprio perché rappresenta un uomo che ha combattuto solo contro i tentacoli, Joe Petrosino, è un po’ anch’io mi sento così, non sono stata capita perché pur denunciando, pur parlando anche con uomini che oggi hanno incarichi molto importanti, incarichi politici, che erano miei amici e posso fare anche dei nomi: Enrico Letta con il quale ho condiviso tanti momenti importanti quando ero dirigente del Movimento giovanile della Democrazia Cristiana. Infatti la mia storia parte da lì, ero giovanissima avevo 15-16 anni quando mio padre mi iscrisse alla Democrazia Cristiana, oppure Dario Franceschini, con lui parlai delle scoperte che avevo fatto come giornalista, del pentolone che avevo scoperchiato a Palermo, ma lui non mi chiede mai risposta e poi oggi è ministro! Vedi quando si è soli lo si è e basta! Purtroppo questo ce lo hanno insegnato altri importanti uomini dello Stato, uno per tutti Dalla Chiesa, che fu mandato a Palermo proprio per essere giustiziato. I magistrati che hanno fatto scoperte e poi hanno subito attentati, sono stati anche graziati qualche volta di questo, perché all’ultimo momento hanno preferito lasciarli in vita, probabilmente perché hanno trovato una soluzione diversa. Io a questo premio Io ci tengo, l’avrei detto se fossi stata sul posto e lo voglio dedicare proprio a tutte quelle persone, quei giornalisti che vivono una condizione deprecabile e nonostante tutto sono spinti da questa sete della verità! Ecco lo voglio dedicare a tutti questi giornalisti che sono sparsi sul nostro territorio, in questo Paese che è martoriato dalla criminalità organizzata, ma non solo!

Boss di Stato Battipaglia

Ci saranno a breve le Elezioni, cosa speri per il nostro Paese e quali le emergenza da affrontare nel breve termine?: ”Il più difficile di tutta la storia del dopo del dopoguerra ad oggi, il nostro Paese ha vissuto dei momenti difficili, come Tangentopoli, ma questo in assoluto è più pericoloso e lo sappiamo tutti, conosciamo forse la ragione quella più che ci deve allarmare. E questa mediocrità anche della classe politica l’abbiamo visto in questi anni. Non esprimo il mio voto perché rimane segreto ed anche perché francamente ad oggi non so neppure chi votare! Ecco non so nemmeno se andare a votare, ma il mio senso civico mi spingerà sicuramente, voterò ma non uno di questi partiti che ci hanno portato ad oggi allo sbando. Ma benché meno voterò un Partito Democratico, credo che sia un po’ il baricentro anche delle mie sofferenze. Inoltre ci tengo e lo sottolineo, quando all’indomani delle ultime elezioni, quando ci siamo trovati di fronte a un 34% dei 5 Stelle tutti speravamo nei 5 stelle, anche qui anche al nord si respirò un’aria diversa, c’era la Lega e c’erano i 5 Stelle;  un attimo “Loro” erano spaventati diciamo così quelle forze, che avevano governato i primi anni di questo nuovo millennio e che hanno dominato la scena politica del nostro Paese. Personalmente per un momento mi si era aperto un varco, avevo ripreso a lavorare scrivere per Io Donna, per Panorama, avevo un progetto importante per un nuovo libro, ma poi è tornato il “cielo buio”. Ritengo che io come giornalista ho pagato un prezzo altissimo proprio perché condannata da un “Palazzo”, da uomini dello stesso. Credo fermamente che questa trattativa terminerà, lo dico sempre per senilità, nel momento in cui gli uomini che hanno trattato con Mafia e che ancora comandano e tirano le fila di questi burattini, qualcosa accadrà in questo Paese. Pertanto auguriamoci che si possa presto respirare finalmente “Aria Pulita”. Infine non rispondo in merito alla probabile vittoria della Destra, proprio per il fatto che non credo che potranno mai arrivare a governarlo questo Paese, almeno in questa fase politica, in questo momento. Poi magari mi sbaglierò, ma credo che si metteranno tutti d’accordo: 5 Stelle, PD, e tutto quello che resta, e sicuramente il Presidente della Repubblica darà loro mandato, però è una mia previsione!” 

In congedo per completare questa breve ma compendiosa batteria di domande, qual è il dazio professionale ed umano che si paga per svolgere questo tipo d’informazione? ”Il dazio che si è altissimo! Io ho cominciato dopo le stragi di via D’Amelio, perché come giovane democristiana, Cattolica Democratica ho frequentato i Gesuiti di Palermo pur vendo dal Nord, spesso andavo a trovarli e in modo particolare Padre Bartolomeo Sorge e Padre Ennio Pintacuda. Io mi trovavo lì proprio 3 giorni prima della strage, e proprio cosi inizio il mio viaggio; potevo avere una splendida carriera seguendo un uomini della Democrazia Cristiana che sicuramente mi avrebbero aperto le porte di testate importanti, anzi avevo già le premesse per questo, perché collaboravo con  il Popolo per la Discussione. Invece ho messo i sogni nel cassetto, ho preso una valigia ed ho iniziato a fare i viaggi a Palermo. Padre Ennio Pintacuda mi propose di scrivere un libro con lui. Nella mia vita ho incontrato diversi Santi, ho scritto anche un libro su di uno di essi. Tramite Padre Ennio Pintacuda mi fu permesso di entrare nei meandri più oscuri della Palermo del dopo stragi: questo libro si intitola, Il Guado, è voluto proprio da Don Tonino Bello edito dalla  Meridiana di Molfetta e questo è stato il primo incontro importante ma casuale, perché io Don Tonino Bello, poi morto,  non ho avuto mai la possibilità di incontrarlo, nè di conoscerlo. Questo fu il mio trampolino di lancio, anche se già scrivevo da tempo, difatti ho iniziato con i primi servizi ai poliziotti e poliziotte, alle donne magistrato in prima linea Palermo, alle vedove delle forze dell’ordine, alla mamma di Giuseppe Impastato etc. Poi ho iniziato a collaborare col Corriere della Sera, avendo avuto la fortuna diciamo cosi, di incontrare un bravissimo direttore, Andrea Monti dell’inserto La 7 e per diversi anni e insomma, abbiamo fatto quel giornalismo d’inchiesta di cui prima parlavamo. Veramente è stato un momento esaltante, perché si era creata una sorta di quadrilatero: la redazione, in modo particolare il Direttore, io e il caporedattore insieme al Il pool Antimafia di Giancarlo Caselli, e poi tutti bravi investigatori che furono impegnati sul campo quello, è stato un momento in cui forse Cosa Nostra l’avevano, forse, messa per un attimo in un angolo. Per non dimenticare le interviste fatte a collaboratori di giustizia importanti veramente come: importanti come Giovanni Brusca, Angelo Siino, Francesco di Carlo, che per un giornalista incontrare lui era impossibile e lui, il Di Carlo, invece mi volle incontrare. Forse poi me l’hanno fatta pagare, anche per questo motivo il dazio che si paga è altissimo. Ci tengo a spiegare una cosa importante, il giornalista lo possono fermare in 2  modi,c’è giornalista come Ranucci che anche lui ha ricevuto il premio è che è in questo momento gode di una grande visibilità e per questo è super scordato, in questo caso è perché c’è una criminalità organizzata che lo mette in pericolo. Il pericolo potrebbe materializzarsi con l’esercito tra virgolette la Mafia e quindi il giornalista rischia. Ma poi rischia in virtù di una visibilità in quel momento, oppure come nel mio caso, io ho avuto una minaccia importante a Palermo, in un modo molto semplice mi hanno messo da parte. Come? Con il Mobbing, non avevo più il mio direttore ed anche il mio capo redattore, infatti dopo la intervista Angelo Siino l’avevano promosso a direttore di un mensile della Rizzoli che era un carrozzone. E difatti da lì a poco lui non fece più il direttore, e fu chiuso quel giornale. Un escamotage per eliminare il caporedattore e quindi la sottoscritta, ove in quell’anno c’era De Bortoli come direttore. La strategia è duplice, il giornalista dapprima iniziano a distruggerlo così a 360° e poi iniziano a lavorare sul territorio dove tu vivi, per esempio vicino casa tua possibilmente, se c’è un appartamento libero, ci mandano un uomo che possa poi posso entrarvici quando tu non ci sei, per cercare, per ascoltare, per capire, per controllare e questa è un’altra manovra e lo usano. In seguito passano dalle amicizie, al compagno, al marito. Nel mio caso è stato più facile perché io facevo già una vita molto blindata e poi in generale, diciamo la verità, le persone avevano comunque paura di frequentarm!i Ecco in definitiva i due modi per eliminare un giornalista: o in un modo invasivo oppure così, con la morte civile!​

Milano/Eboli: 17 settembre 2022

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