Natale con…. l’ARCI e il 15° Calendario “Postiglione 2014”

Sabato 21 dicembre 2013, ore 18.00, Oratorio “Maria Santissima del Carmine”, Postiglione, presentazione del Calendario “Postiglione 2014”, il 15° della serie edito da “Arci Postiglione”.

Il Calendario rappresenta foto del passato, immagini dell’Hotel Norge, costruito nel 1926 da Americo Montera, le squadre di calcio postiglionese e volceiane, la fontana “Acqua del cerro” del 1855, festività religiose.

da (POLITICAdeMENTE) il blog di Massimo Del Mese

ARCI-Postiglione-locandina-Natale
ARCI-Postiglione-locandina-Natale

POSTIGLIONE – Sabato 21 dicembre alle ore 18.00, presso l’Oratorio “Maria Santissima del Carmine” di Postiglione, sarà presentato il Calendario “Postiglione 2014”, il quindicesimo della serie edito dall’“Arci Postiglione”, nel quale sono rappresentate fotografie del passato, e, tra queste, immagini dell’Hotel Norge, che fu costruito nel 1926 da Americo Montera, le rappresentative calcistiche postiglionese e volceiane in un incontro di calcio, che si svolse a Buccino nel luglio del 1962, la fontana “Acqua del cerro”, costruita nel 1855, e alcune festività religiose, tra cui la Festa della Madonna del Carmine e la Festa di S. Elia.

Interverrà il prof. Rino Mele, dell’Università di Salerno, che ha anche curato la presentazione dal titolo “La montagna nuda”: “Questo calendario di Postiglione 2014, come gli altri che l’hanno preceduto, ha il volto girato a ricordare schegge di vita su quegli Alburni, ferite rimarginate e risa. Ancora una volta, attraverso antiche fotografie riscrive le pietre del paese, le strade incurvate nei canali, le pareti che sembrano sipari di un teatro consumato, la foto di gruppo degli scolari, il gioco delle mietitrici che fingono un’allegria come dovesse durare oltre la posa. E la gioia collettiva per la festa di Sant’Elia con l’immancabile suonatore di fisarmonica e, al centro, il postino del paese che – quasi mimasse il sogno di un volo dopo la caduta – sembra chiedere di svelare lo scuro enigma dell’esistenza sciogliendolo da una salvifica risata.

La fotografia che più seduce è del 1926 (da poco uccisi Matteotti e Giovanni Amendola, l’Italia si avviava a una completa fascistizzazione, in superficie, come si fosse addormentata nello specchio), l’immagine rappresenta la salita al castello, una strada pietrosa e impervia, a gradoni sghembi, scoscesi, ingombra di spuntoni rocciosi.

Il castello non si vede, ma lo si sente incombere sulla quotidiana pena di quelle pietre cui fanno da testimoni cinque personaggi, due (forse coniugi) fermi come alari di un focolare ai lati opposti della via, quasi a significare una reciproca forte appartenenza mentre, secondo una geometrica figurazione, a metà della salita, di profilo, stringono quella visione un giovane con una camicia chiara e una donna: sulla scala esterna della prima casa sulla destra, una vecchia con curiosa attenzione guarda il fotografo non sapendo che sarebbe arrivato fino a noi quell’inavvertibile attimo della sua nascosta vita.

Partecipano, tutti e cinque, dell’anima più antica del paese, dove non c’è simulazione urbana di spazi in cui fermarsi, piazze, braide, ma solo ciò che resta del rapporto diretto, feudale, tra la montagna e le case. Le pietre del muratore hanno chiesto ospitalità alla roccia, da essa sono state accolte, con essa ancora si confondono vanamente opponendosi, come l’ancora che la radice del mare trattiene dopo un naufragio”.

Postiglione, 20 dicembre 2013

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