IL PD, le Primarie, i condizionamenti e le infiltrazioni camorristiche

Le Camorre e le Mafie non siedono mai all’opposizione

Rendiamo pubblici gli elenchi degli iscritti e consegniamoli agli investigatori.

Spesso POLITICAdeMENTE oltre alle sue opinioni, ha la buona abitudine di segnalare anche quelle degli altri, sempre con lo scopo di dare un contributo disinteressato alle vicende politiche che quotidianamente viviamo. In questo caso è un piacere riproporre, l’articolo di Claudio Sardo pubblicato su “IL MATTINO”, che punta i fari sul Partito Democratico e sulle Primarie, dei rischi che si corrono e dei prezzi che poi si deve pagare, cita per tutti due episodi, quello del Killer iscritto al PD di Castellammare di Stabia e quello di Fortunato di tre anni fa in Calabria.

Voglio aggiungere solo un altro dei tanti episodi successi in Campania, che evidentemente Sardo non conosce, della denuncia pubblica fatta da questo Blog, circa il tesseramento del PD di Eboli, quando gruppi ben individuati di persone, in maniera organizzata, varcarono la soglia del PD iscrivendosi. Un episodio inquietante e purtroppo taciuto, ma ripeto ben individuabile.

Si dirà: questo è il prezzo della democrazia. Si dirà non si può impedire a chicchessia di richiedere la tessera di un partito. Se tutto questo non si può impedire, non si può esimere un Partito dal rendere pubblico l’elenco dei propri aderenti o magari di accettare o meno le iscrizioni, come si fa in ogni sodalizio, o magari mettere a disposizione delle autorità competenti l’elenco dei propri iscritti per verificare non ci siano infiltrazioni di qualsiasi natura. E’ troppo?

Purtroppo, le Camorre, le Mafie, le organizzazioni criminali o di mal’affari non siedono mai all’opposizione, ma adesso hanno imparato anche che non basta stare al Governo, bisogna orientare anche le opposizioni.

PRIMARIE PD  E ALLARME CAMORRA

di Claudio Sardo da “IL MATTINO”

Franceschini Bersani
Franceschini Bersani

ROMA – Sì, è un «allarme democratico». Non c’è nulla di esagerato nell’usare questa espressione. Guai se il Pd sottovalutasse i rischi di infiltrazione da parte della criminalità organizzata, o comunque non fosse capace di attivare gli anticorpi in prossimità delle aree grigie. Il caso di Castellammare di Stabia, dove un presunto killer figurava nell’elenco degli iscritti, non può essere archiviato come un incidente di percorso solo perché non coinvolge la responsabilità diretta di nessuno dei dirigenti nazionali o regionali. E allo stesso modo è necessario affrontare con la guardia alta le primarie di domenica: quella platea elettorale dai confini indeterminati fornisce un habitat ideale per pressioni e intromissioni.

Non vanno dimenticate le circostanze e le ragioni dell’omicidio di Francesco Fortugno, in Calabria, proprio nel giorno delle primarie che incoronarono Romano Prodi. Naturalmente c’è un forte vento antimeridionalista che sospinge quest’allarme, a volte fino deformarlo.

L’egemonia del Nord è cresciuta in questi anni proprio descrivendo il Mezzogiorno come irriformabile, catturato dalle forze del male, incapace di far fruttare qualunque sostegno o investimento. Messaggi che sorreggevano l’alibi dell’abbandono del Sud, l’eclisse della questione meridionale. E non di rado nello stesso Pd questa propaganda ha trovato sponde, magari in certi avversari di Bassolino e della Iervolino perché speravano così di trarre vantaggi parziali, magari negli avversari di Bersani perché pensavano così di ridurre il valore del suo consenso. Il risultato finale però è sempre stato una generale delegittimazione della classe dirigente. Non è tempo di opportunismi. È tempo invece di risposte rigorose, di principi chiari e inflessibili, senza sconti per amici e conoscenti.

È vero che l’antipolitica si è alimentata in questi anni agitando la questione morale in modo approssimativo, talvolta strumentale, spesso non garantista. Tuttavia senza civismo, senza testimonianze personali coerenti, una comunità politica rischia di essere inghiottita dalla parte peggiore della società, anziché guidare e promuovere la parte migliore. Poi ci sono le regole. Quelle che aiutano il civismo e il rigore. E quelle che vanno in senso contrario. Le primarie del Pd – che pure hanno il pregio di rispondere positivamente ad una diffusa domanda di partecipazione politica (come ha già dimostrato la sorprendente affluenza alle primarie del 2005 e del 2007) – sono uno strumento che presenta non poche contraddizioni.

Alcune, macroscopiche, sono già state messe in evidenza: cosa ne sarà del partito se il responso degli iscritti fosse contraddetto dalla platea delle primarie? Ma ce ne sono altre che, viste da Sud, mostrano un grado maggiore di pericolosità. La platea delle primarie non è predefinita. Nell’estrema libertà di accesso ai seggi è insito un rischio di infiltrazione, di «invasione». Già sarebbe grave se riguardasse fasce di elettorato estranee al Pd (peraltro non è un mistero che, tra i potenziali alleati, l’Idv fa il tifo per Franceschini mentre l’Udc e Sinistra e libertà preferiscono Bersani).

Ancora più grave è il rischio, sia pure ipotetico, di intrusione di settori criminali in determinati territori. È vero che neppure il filtro dell’iscrizione è stato in grado di funzionare, almeno a Castellammare. Ma l’autonomia del partito, espressione di libertà di un corpo intermedio, è il nerbo di quel sistema immunitario da attivare, oltre che un diritto costituzionale incomprimibile. Le primarie vanno liberate dal sospetto e dal rischio di infiltrazioni. Se il Pd decidesse anche per il futuro di affidare la scelta del segretario, o altre scelte qualificanti, ad una platea più ampia dei suoi iscritti, è bene che istituisca un «albo» di elettori delle primarie. E che quest’albo sia da un lato definito prima della campagna congressuale, dall’altro dotato di trasparenza e pubblicità. Ma, a questo punto, quei requisiti andrebbero garantiti anche nel caso si decidesse di restituire lo scettro agli iscritti.

È un discorso che riguarda il Pd come tutti gli altri partiti. È il tema, finora mai svolto, dell’applicazione dell’articolo 49 della Costituzione: come garantire la democraticità e la trasparenza dei partiti, a cui è affidato un compito così importante nelle istituzioni. Dare applicazione all’articolo 49 è stato l’ultimo appello di Leopoldo Elia.

Claudio Sardo

22 Ottobre 2009

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